L’agricoltura a un bivio

Via Galileo

 Il mondo è in piena crisi alimentare. Il forte aumento dei prezzi di grano, riso, soia, mais ha spinto alcuni paesi, come Vietnam, India, Cina, Cambogia, a chiudere totalmente o in parte le frontiere all’esportazione del riso per evitare di restare senza scorte. Altri, tra cui Argentina, Russia, Kazhakistan hanno ridotto le esportazioni di grano mentre Mozambico, Costa d’Avorio Haiti, Senegal e Guinea sono sull’orlo della guerra civile a causa dell’assalto al cibo nei campi e nei magazzini. E la situazione non accenna a migliorare, anzi. Secondo l’annuncio fatto dal presidente della Banca mondiale Robert Zoellick al termine di un vertice sull’emergenza cibo tra i massimi responsabili di 27 organizzazioni, agenzie e programmi dell’Onu, i prezzi del grano e del riso potrebbero restare alti, gettando nell’emergenza umanitaria milioni di persone nei paesi in via di sviluppo che spendono la maggior parte del loro reddito per il cibo. Come fare in modo che lo sviluppo agricolo riduca la fame e la povertà e sia insieme sostenibile? È quanto si chiede un gruppo di esperti in un articolo su “Science”. Se è vero, infatti, che la produzione è aumentata, ciò non si è tradotto in un maggior accesso al cibo. Al contrario, grandi sono stati i costi ambientali delle produzione, con eutrofizzazione dei terreni, contaminazione da pesticidi e perdita di colture locali. Per questo, come riporta anche l’ultimo rapporto dell’International Assessment of Agricultural Science and Technology for Development (Iaastd), serve un cambiamento di rotta radicale.