Chi vende, chi no, chi vendererà tra i giornali tradizionali

Tutto il panorama fotografato dal Barbiere della Sera subirà a breve un nuovo scossone per il successo (ad oggi) anche in edicola del Fatto Quotidiano che dovrebbe rubare copie ad alcune testate

Collaboro all’Osservatorio sull’Informazione che gestisce il sito www.malainformazione.it, e proprio in questi giorni alcuni colleghi hanno avviato una ricerca interessante. Mi piacerebbe… ‘aprire il dibattito’ su una prima pillola di dati grezzi che stanno raccogliendo.

Arrotondando almeno sulle centinaia, scopriamo poi che il calo di vendite tra il 2008 e il 2009 ha fatto scendere il totale da 4.005.000 a 3.715.000 di copie. Perdita assoluta totale 2009 su 2008: 290.000 copie, pari al 7,2%.

Dividiamo ora i 57 quotidiani (56+1, in realtà, per la doppia testata del piccolissimo Quotidiano di Sicilia) e li organizziamo in 5 fasce dimensionali:

Serie A – I ‘nazionali’ che vendono più di 300.000 copie, e che sono solo 2: Corriere (512 mila) e Repubblica (456), per un totale di 968 mila. (media: 484.000)
Serie B – I regionali (Stampa, Messaggero, ecc.) più il Sole, che stanno tra le 100 e le 300 mila: sono 7 testate e sfiorano in totale 1,2 milioni di copie. (media: 170.000)
Serie C – Un pool di provincial-regionali che vanno dal Tirreno alla Nuova Sardegna: 9 testate tra le 50 e le 100 mila copie vendute, con un totale di 639 mila copie (media: 71.000).
Serie D – Altro pool di provincial-regionali (dalla Gazzetta di Parma alla Provincia Pavese) più qualcosa di partito (Unità, Manifesto, Avvenire): 21 testate tra 20 e 50 mila copie per un totale di 707 mila copie. (media: 33.000).
Serie E – I fanalini di coda, piccolini o nati da poco che cercano di crescere: dalla Tribuna di Treviso a Taranto Sera sono 17+1 testate in un range tra 2.000 e 20.000 copie e un totale di 200 mila. (media: 11.000).


La cosa interessante viene se verifichiamo i trend dei gruppi, che sono diversissimi.
La stampa italiana è in crisi, ovviamente per colpa della crisi della pubblicità e di qualunque altro motivo fuorchè sé stessa: questo dice la manfrina dominante, che sta implorando altri aiuti di Stato per staccarsi ancora di più dal mercato. Cioè dal lettore. La manfrina è generale, perché, trattandosi di quibus pubblici, tutti sono lì a a stendere la mano. Ma i numeri dicono altro.

Il totale delle copie perse (parliamo sempre di VENDITE e non di fuffa e omaggi e piante buttate giù inutilmente) è quel 290 mila che dicevamo. Il Corriere e la Repubblica, che da soli fanno poco più di ¼ delle vendite (26%), da soli hanno fatto un buco proporzionalmente doppio rispetto al proprio ruolo, e cioè superiore al metà del totale: 153.637 copie andate a ramengo, pari al 53% circa. E anzi la sola Repubblica batte ogni record: -17,4% di vendite, pari a meno 96 mila copie, pari al 33% del buco nazionale totale.

Ma più si va verso il ‘basso’, cioè verso il locale, e più le perdite si contengono. Mettiamo in fila le 5 fasce, dalla più grande alla più piccola, come se ogni gruppo fosse un’unica testata: fascia A: -13,6% di vendite; fascia B: -7.6%; fascia C: -2,7%; fascia D: -2,6%; fascia E: -0,8% di vendite addirittura con 6 testate su 18 che vanno avanti.

Perdere un 2-3% con i chiari di luna in cui stiamo passando è persino un miracolo: probabilmente la gente ha continuato a comperare giornali (locali) esattamente come il pane. Perdere uno 0,8% è come andare avanti alla grande. Dunque la morale è che la ‘crisi della stampa’ (pubblicità e bilanci schizofrenici a parte) è solo la crisi dei ‘grandi’. A questo punto la manfrina nazionale dice che dobbiamo chiedere altri soldi pubblici anche per cacciare a forza  in tasca il giornale ai giovani, e trovare altre soluzioni (sempre soldi pubblici) per educare a forza un pubblico di lettori così arretrato.  Non a caso il canone Rai già vogliono mettercelo d’ufficio nella bolletta elettrica e sfilarcelo di tasca direttamente in banca.

Come giornalisti anche noi chiediamo più quibus pubblici, e come cittadini dobbiamo leggere ciò che ci dice lo Stato. Poi torniamo a fare finta di fare i giornalisti e facciamo le manifestazioni per la libertà di stampa e la libertà di ficcare il giornale in tasca alla gente, d’ufficio.

Ma quelle cifre possono anche essere lette in un altro modo: più in ‘alto’ si va e più si va nel ‘nazionale’. Cioè si va nelle cronache del palazzo e della Casta e della fuffa. Mediamente i ‘nazionali’ e la fascia B sparano le prime 5 pagine di fuffa politica sempre più isterica: i corpi cavernosi del Presidente del Consiglio, il monito del Presidente, le repliche di Franceschini e quelle di Bersani, e tutte le solite balle che eccitano circa 300.000 persone: quelle che nel Palazzo ci campano. Tutte notizie meravigliose, come si vede. Che interessano talmente tanto i lettori, al punto che i minori acquisti si concentrano lì.

1 commento su “Chi vende, chi no, chi vendererà tra i giornali tradizionali”

I commenti sono chiusi.