Modelli ibridi dell’editoria

Via Marco Bardazzi

“Ibrido” sembra essere la parola magica del momento. Al Salone dell’Auto di Ginevra, le case automobilistiche di tutto il mondo hanno fatto a gara a presentare modelli ibridi o ad annunciarne l’arrivo. Ma anche nel mondo del giornalismo e, più in generale, nel settore della comunicazione e dei contenuti online, soprattutto negli Usa di questi tempi non si fa che parlare di ibridi.

Gli editori, alla ricerca di nuovi modelli di business che non vincolino la vita dei giornali alla sola pubblicità, si stanno dimostrando aperti a valutare soluzioni di ogni genere, dalle news a pagamento ai modelli “freemium” (una base di informazioni gratis, e un sistema “premium” a pagamento per gli approfondimenti). A una conferenza dei media nei giorni scorsi a New York, la parola “ibrido” circolava come se si parlasse di motori ecologici, invece che di quotidiani. L’idea di fondo è che occorre la massima flessibilità per unire molteplici fonti di finanziamento dell’informazione, passando agilmente da una modalità all’altra, incluso il “tutto gratis”. Anche i siti di informazione online di maggior successo, come Huffington Post, sono in un momento di piena sperimentazione, inventando alleanze interessanti con società che traggono profitti dal…non-profit.

Uno scenario che spinge l’editore del New York Times, Arthur Sulzberger Jr., ad affermare pubblicamente che il giornale cartaceo “resterà una parte importante della nostra strategia di lungo termine”. Una frase nella quale colpisce soprattutto la sottolineatura “una parte”.