Castellani propone un nuovo piano per Torino

Federico Monga su Lastampa.it

I giochi da pollaio» di queste ultime settimane sul futuro candidato sindaco del centrosinistra suscitano in Valentino Castellani un sentimento di «malinconia». L’ex primo cittadino è anche il presidente della commissione del programma del Pd che nei prossimi giorni sarà convocata per discutere di un disegno strategico nella speranza che ci «sia più coinvolgimento rispetto al periodo della regionali quando la partecipazione è stata piuttosto bassa».

Molti si riempiono la bocca della necessità di avere un disegno per il futuro di Torino, poi si parla solo di nomi o di profili.
«Non vedo un voglia collettiva di creare un nuovo grande progetto per il futuro, non vedo quel gioco di squadra che ci ha permesso dal ‘93 ad oggi di fare di Torino un caso di scuola se si guarda alla trasformazione di una città. I professionisti della politica , il mondo del volontariato, delle imprese, della cultura, del sindacato devono rimettersi insieme per costruire questo nuovo disegno a 10-15 anni».


Quali gli altri punti cardine del progetto?
«Sicuramente la cultura e il turismo che sono due motorini della città. Torino è conosciuta ormai in tutto il mondo e questo è un patrimonio che non va sprecato. Ma serve una concordia tra istituzioni che, ad oggi, mi sembra in discussione. E poi Torino deve affermare il suo ruolo di capitale del Piemonte. Il sindaco dovrà costruire una rete attraverso un patto con le altre città per fare sistema. Tutti i capoluoghi devo avvertire la necessità di questa rete».

E pensabile tirare di nuovo fuori il simbolo di Alleanza per Torino?
«Sì, ma bisogna prima riempirlo di personalità di valore e di contenuti come 18 ani fa».

Il centrodestra fa paura?
«Noi siamo come l’Inter all’ultima giornata, il centrodestra è la Roma. Possiamo perdere solo noi. Se ci facciamo irretire nei giochetti dei padroncini delle tessere e della somma dei voti con le alleanze il rischio c’è. Anche perché esiste una larga fetta di elettori non fidelizzati, vedi il popolo degli astenuti, che potrebbe essere tentato dal dire: dopo 18 anni cambiamo».

Enrico Salza può avere ancora un ruolo?
«Credo e mi auguro di sì. Ma prima deve ancora metabolizzare la storia del Sanpaolo».