L’attacco alle TV online

Alessandro Longo via Apogeonline

Scade il 30 luglio la consultazione pubblica Agcom su nuove regole destinate a cambiare il mondo delle web tv italiane. In peggio, dicono gli interessati: l’ultima protesta formale viene dalla Femi, federazione italiana delle micro web tv presieduta da Gianpaolo Colletti, già fondatore dell’osservatorio AltraTv. Significa che fino al 30 luglio Agcom raccoglierà i pareri di vari soggetti: «Ne stanno già arrivando, a fine settembre avremo le prime audizioni con loro», spiega Stefano Mannoni, consigliere Agcom. Dopo, l’Autorità potrebbe modificare almeno gli aspetti più criticati del nuovo regolamento, ma ci sono poche speranze che questo cambi radicalmente.
Il nodo della polemica

Riassumiamo i termini della questione. L’Autorità garante delle comunicazioni era tenuta a trasformare in regolamento il decreto Romani che, tra le altre cose, ha equiparato le tivù sul web a quelle normali. Il decreto lasciava ad Agcom un po’ di margine di intervento, soprattutto per le norme che restavano ambigue. «Agcom avrebbe potuto smussare gli aspetti che nel decreto erano troppo rigidi e sfavorevoli alle web tv. Invece ha deciso diversamente», spiega Nicola D’Angelo, consigliere Agcom e uno dei due relatori della delibera che introduce le nuove regole sulla scorta del decreto (l’altro relatore è Mannoni). D’Angelo è una delle poche voci critiche all’interno dell’Autorità. Come spiega anche Giovanni Parrillo, dello studio Baker&McKenzie, «nel regolamento Agcom ci sono aspetti che non erano espliciti nel Romani». In sostanza, viene accentuata l’equiparazione tra web tv e tv normali, quanto a obblighi e regole. Agcom distingue tra web tv lineari (con palinsesto) e on demand. Le prime devono chiedere un’autorizzazione e aspettare 60 giorni la risposta di Agcom, prima di partire. Le seconde invece possono limitarsi a una dichiarazione di inizio attività. Tutte sono tenute a versare 3.000 euro per iniziare e a presentare una gran mole di documenti cartacei; inoltre devono sottostare agli stessi obblighi delle tv tradizionali quanto a rettifiche e tutela dei minori. Per la rettifica subiscono insomma lo stesso destino verso cui rischiano di andare i blog.