Fassino: diciamo qualcosa di sinistra

Dopo la prima intervista concessa da Fassino sul futuro di  Torino dopo la sua autocandidatura a sindaco ritorna in mente un classico  di Nanni Moretti

Andiamo a vedere le cose. Ieri mattina davanti a Mirafiori la Fiom e le forze della sinistra hanno protestato contro Marchionne. Piero Fassino con chi sta? «Chi si candida a sindaco non può essere un tifoso. Il compito di un sindaco è creare le condizioni per evitare l’incomunicabilità tra le parti e favorire percorsi che rendano possibili le intese. A Mirafiori gli spazi ci sono. Negli anni passati, proprio nel torinese, sono state inventate e sperimentate forme di organizzazione del lavoro per salvaguardare il tessile o il siderurgico».

Che cosa vuol dire sperimentare?
«I diritti fondamentali devono essere salvaguardati, ma ogni condizione acquisita non è di per sé un diritto. Un lavoro che non metta a rischio la salute è un diritto mentre un diverso regime dei turni, delle pause o della mensa è una condizione di fatto che può variare».

Sei anni fa gli enti locali hanno garantito il riutilizzo di un’area di Mirafiori. Se fosse necessario è pronto a ripetere quell’operazione?
«Certamente. Anzi dovremo continuare a riqualificare le aree industriali dismesse, così come fatto nel corso di questi anni, sia dal punto di vista urbanistico sia per le opportunità di rilocalizzazione produttiva avviate in collaborazione con il Politecnico e l’Università».

In questi anni la leva urbanistica è servita al Comune anche per fare cassa. Come affronterà il tema dell’indebitamento della città?
«Il debito nasce anche dai tagli del ministro Tremonti che hanno costretto la città a farsi carico di investimenti cui lo Stato avrebbe dovuto contribuire come nel caso del completamento della metropolitana. A livello locale credo si possano percorrere nuove strade a partire dalla valorizzazione dell’ampio patrimonio che la città ha nelle sue municipalizzate».

Dunque: vendere parte delle azioni per fare cassa?
«La questione deve essere affrontata in modo pragmatico, senza ideologia. Le quote di proprietà devono essere detenute in funzione degli obiettivi di governance municipale. Ciò che può essere alienato senza compromettere la governance si può fare».

Anche per quanto riguarda l’acqua?
«Credo che si possa partire dalle altre municipalizzate. In ogni caso un comune può ben rinunciare ad una parte delle proprie azioni se questo serve a ridurre l’indebitamento, a finanziare investimenti e a garantire asili, assistenza domiciliare e servizi per le famiglie».

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