Il Comune di Torino non si è ancora costituito parte civile nel processo contro Amiat

Via Il Fatto Quotidiano

Il Comune di Torino aveva promesso di costituirsi parte civile al processo Amiat ma non ha mantenuto la parola. E una settimana dopo l’udienza preliminare (che si è tenuta il 13 dicembre) non ha ancora chiarito ufficialmente i motivi. Il caso è quello di Raphael Rossi: vale la pena di ricordare la sua storia. Ex vicepresidente dell’Amiat (Azienda municipale per la raccolta rifiuti torinese), Rossi blocca l’acquisto di un macchinario inutile da 5 milioni di euro, evita un danno all’azienda, si vede offerta una tangente per non impedire l’acquisto, va in Procura, denuncia il tentativo di corruzione, collabora alle indagini fingendo di accettare la proposta illecita e favorendo intercettazioni ambientali – diventa quello che in gergo si chiama agente provocatore – per smascherare il meccanismo. Un esempio di pubblico amministratore virtuoso, insomma. Che dall’Amiat, però, è stato cacciato. Ora siamo al processo, che si avvia con un’altra novità inattesa: il reato contestato passa infatti da corruzione a istigazione alla corruzione.

Nonostante una petizione – promossa dal Fatto Quotidiano – che ha superato le 40mila firme, nonostante l’impegno del Consiglio Comunale, che il 29 novembre ha approvato all’unanimità un ordine del giorno in cui si chiedeva al Sindaco Sergio Chiamparino di costituirsi parte civile, la Città di Torino, per ora, non è stata rappresentata nell’aula del Palazzo di Giustizia. “Mi aspettavo”, spiega Rossi (leggi il suo blog sul nostro sito), “che accanto a me avrei trovato l’avvocato del Comune. Non mi ero nemmeno posto il problema. Certo, sono convinto che il Comune si costituirà parte civile come si è impegnato a fare, ma avrebbero potuto provvedere da subito per recuperare le brutte figure fatte”.


La seconda sorpresa è che il Pm ha chiesto la derubricazione del reato contestato agli imputati, da corruzione a istigazione alla corruzione. Pochi dubbi, comunque, sulla ricostruzione dell’accaduto: l’avvocato difensore di Giorgio Giordano, l’ex presidente dell’Amiat accusato di avere proposto la tangente a Raphael, ha chiesto il patteggiamento a un anno di reclusione (con sospensione della pena). “Questo”, dice Rossi, “taglia la testa al toro sulle responsabilità, se ce ne fosse ancora bisogno”.

Il paradosso è che il comportamento virtuoso di Raphael è l’eccezione. Al punto che c’è poca giurisprudenza in merito: è infatti rarissimo che un pubblico ufficiale ne denunci un altro, quando si tratta di bustarelle. Di solito le denunce giungono dai privati che ritengono di aver subito un danno. Rarissimo anche che qualcuno non abbia un prezzo, in un Paese in cui si fa compravendita persino in Parlamento. E così, quello di Raphael Rossi, diventa un comportamento quasi eroico, anche se dovrebbe essere la norma. “Bertold Brecht diceva: sfortunato quel popolo che ha bisogno di eroi. E questo è un caso paradigmatico. Il mio è un atteggiamento normale. L’atteggiamento straordinario e da stigmatizzare dovrebbe essere quello delle istituzioni che non fanno il loro dovere”.

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