Lo stato di Internet: oriente crescita, occidente in stallo; cresce il mobile

Via Punto Informatico Akamai, il Content Delivery Network (CDN) responsabile della movimentazione del 20% del traffico globale di Internet, ha rilasciato il suo nuovo rapporto sullo “Stato di Internet” e della velocità delle connessioni in banda larga in tutto il mondo. La situazione già fotografata nei precedenti rapporti resta sostanzialmente immutata, con la Corea del … Leggi tutto

La proposta di un politico che non c’è più (se mai c’è stato)

Silvio Berlusconi scrive una lettera al Corriere

Gentile direttore
Il suo giornale ha meritoriamente rilanciato la discussione sul debito pubblico mostruoso che ci ritroviamo sulle spalle da molti anni, sul suo costo oneroso in termini di interessi annuali a carico dello Stato e sull’ostacolo che questo gravame pone sulla via della crescita economica del Paese. Sono d’accordo con le conclusioni di Dario Di Vico, esposte domenica in un testo analitico molto apprezzabile che parte dalle due proposte di imposta patrimoniale, diversamente articolate, firmate il 22 dicembre e il 26 gennaio da Giuliano Amato e da Pellegrino Capaldo. Vorrei brevemente spiegare perché il no del governo e mio va al di là di una semplice preferenza negativa, «preferirei di no», ed esprime invece una irriducibile avversione strategica a quello strumento fiscale, in senso tecnico-finanziario e in senso politico.

Prima di tutto, se l’alternativa fosse tra un prelievo doloroso e una tantum sulla ricchezza privata e una poco credibile azione antidebito da «formichine», un gradualismo pigro e minimalista nei tagli alla spesa pubblica improduttiva e altri pannicelli caldi, staremmo veramente messi male. Ma non è così. L’alternativa è tra una «botta secca», ingiusta e inefficace sul lungo termine, e perciò deprimente per ogni prospettiva di investimento e di intrapresa privata, e la più grande «frustata» al cavallo dell’economia che la storia italiana ricordi. Il debito è una percentuale sul prodotto interno lordo, sulla nostra capacità di produrre ricchezza. Se questa capacità è asfittica o comunque insufficiente, quella percentuale di debito diventa ingombrante a dismisura. Ma se riusciamo a portare la crescita oltre il tre-quattro per cento in cinque anni, e i mercati capiscono che quella è la strada imboccata dall’Italia, Paese ancora assai forte, Paese esportatore, Paese che ha una grande riserva di energia, di capitali, di intelligenza e di lavoro a partire dal suo Mezzogiorno e non solo nel suo Nord europeo e altamente competitivo, l’aggressione vincente al debito e al suo costo annuale diventa, da subito, l’innesco di un lungo ciclo virtuoso.

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Un’Agenda Digitale per l’Italia

Sottoscrivete anche voi …

Diamo all’Italia una strategia digitale. L’Italia riparta da Internet e dalla tecnologia Per i giovani che si costruiscono una prospettiva, per le piccole imprese che devono competere nel mondo, per i cittadini che cercano una migliore qualità della vita, l’opportunità offerta dalla tecnologia è irrinunciabile. Il XIX secolo è stato caratterizzato dalle macchine a vapore, il XX secolo dall’elettricità. Il XXI secolo è il secolo digitale.

La politica ha posto la strategia digitale al centro del dibattito in tutte le principali economie del mondo. Ma non in Italia. Eppure in Italia metà della popolazione usa Internet. La tecnologia è parte integrante della vita quotidiana di milioni di cittadini. Studenti, lavoratori, professionisti e imprenditori si confrontano costantemente con i rischi e le opportunità determinate dall’innovazione tecnologica.

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Obituary: Pino Brumatti

E’ morto una settimana fa il 21 gennatio, ma ne abbiamo avuto notizia solo oggi Pino Brumatti, un grande pezzo della storia del basket italiano e torinese. Per le giovani leve Brumatti è il giocatore ingiocchiato in pieno centro della foto di una Auxilium di molti anni fa.

Un ragazzo moderno, la saggezza di Mubarak, lo zio falso di Ruby

Via Paferrobyday Mentre Barack Obama – con tutti i limiti che la situazione impone – chiede con forza a Hosni Mubarak di smettere di reprimere le manifestazioni e di fare le riforme minacciando in modo abbastanza esplicito il taglio degli ingenti aiuti finanziari americani (per non parlare dell’appoggio dato sottotraccia dalla diplomazia USA agli oppositori … Leggi tutto

Working Capital Tour 2011: si riparte da Torino

In occasione delle celebrazioni del 150° anno dell’unità d’Italia, il Working Capital Tour prenderà il via il 18 marzo a Torino, per andare alla ricerca dei nuovi Mille, selezionando le migliori idee degli eroi dell’innovazione italiana di oggi. Dopo la tappa inaugurale nel capoluogo piemontese, Working Capital percorrerà tutto il Paese attraverso Palermo, Napoli, Firenze, … Leggi tutto

La signora vecchia, quella bianconera

Giancarlo Padoan via il Fatto Quotidiano

Il punto non è sapere di chi sia la colpa, perché ognuno ha il proprio colpevole e un carico di responsabilità da addossargli (per la cronaca, la maggioranza dei tifosi se la prende con l’allenatore Gigi Delneri). Il punto non è nemmeno sapere se è una questione di soldi, perché è chiaro a tutti che lo è, ma bisogna pure sapere che in due stagioni la dirigenza ha investito oltre 100 milioni di euro, rientrando di meno della metà (per la cronaca, i più intransigenti accusano John Elkann di tenere chiusa la cassa ai bisogni del cugino Andrea).

Il punto non è neppure stabilire quali siano stati gli errori più grossi, perché prima li ha fatti Blanc (quand’era uno e trino) e adesso li sta facendo Andrea Agnelli (per la cronaca, è presidente da otto mesi, però la necessità di avallare le scelte altrui, Marotta e Delneri per intenderci, non gli sta giovando).
Il punto, infine, è che dall’estesissima Piazza Italia, dove soggiorna in servizio permanente effettivo almeno uno juventino di provata fede, non c’è più nessuno che sappia a chi votarsi: questa non è più la Juve, ma la squadra di Fantozzi.
Una roba da ridere se non ci fosse da piangere. Perché si può scherzare su tutto (Santi e sicofanti), ma non sul calcio e su Centofanti, dal nome di un non proverbiale terzino di quando l’Inter sembrava la Juve di adesso.

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