I martiri – kamikaze di Fukushima

Via Lastampa.it

In queste ore ci sono una cinquantina di persone che stanno lavorando per salvare il Giappone. E per questo, molto probabilmente, dovranno morire presto. Sono i cinquanta eroici tecnici che da ieri mattina la Tepco ha lasciato a lavorare a pochi metri di distanza dai reattori del sito di Fukushima 1 che minacciano di sparare il loro carico mortale nell’atmosfera. Qualcuno li potrà definire dei novelli kamikaze (o tokkotai , questo il nome abbreviato delle «unità speciali di attacco» che nel 1944-’45 si lanciavano sulle navi americane con aerei carichi di esplosivo). O forse sono dei martiri di una tecnologia come quella elettronucleare che ha dimostrato – ancora una volta – di avere delle falle clamorose.

Probabilmente anche loro sanno – come sanno benissimo i loro datori di lavoro – che stanno mettendo in pericolo la loro vita. Vicino al reattore 4 ieri si sono registrati livelli di radioattività pari a 400 millisieverts (mSv) per ora; secondo la World Nuclear Association un’esposizione superiore ai 100 mSv in un intero anno può portare allo sviluppo di un cancro. Ieri mattina, così, la Tepco ha deciso di allontanare dai reattori e dalle piscine di combustibile nucleare «spento» (ma altamente pericoloso) circa 750 degli 800 lavoratori impegnati nelle operazioni di contenimento dell’emergenza. In 50, invece, sono rimasti. A raffreddare i «vessel» dei reattori dell’impianto pompando acqua di mare e acido borico, che rallenta la reazione atomica. Osservare lo stato delle strutture. Misurare l’andamento dei livelli di radiazione che forse li uccideranno. La scelta della Tepco se non altro rappresenta un cambio di rotta rispetto al recente passato.

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