La “sindrome di Stoccolma” del precariato e la condivisa ipocrisia che rende cronico l’effimero

Via Stefano Tesi

Finchè le cose stanno così, si può anche tuonare contro il presunto sfruttamento e il comprensibile disagio di chi non riesce ad avere sotto piedi un terreno lavorativamente fermo.
Ma la verità è che quando un contratto a termine diventa cronico e si perpetua per lustri, perfino decenni, con ciò restando sempre in bilico tra il ricatto e la complicità, nonchè illuminato da bagliori collusivi, quasi fosse una versione giuslavoristica della sindrome di Stoccolma (se non dell’aperta intesa tra le parti per aggirare altri obblighi), i dubbi che vengono sono molti.
Dov’era il sindacato, che ora s’indigna, quando i contratti a termine venivano anomalamente rinnovati di anno in anno, con apparente reciproca soddisfazione degli interessati ? Perché l’Fnsi non ha vigilato sul caso, chiedendo al momento opportuno la conversione del rapporto in un’assunzione a tempo indeterminato? E perché non lo ha fatto nemmeno colei è oggi è vittima del sistema, ma fino a ieri ne faceva (in modo più o meno consapevole) evidentemente parte, beneficiando di automatismi di rinnovo estranei per definizione alla nozione di “contratto a termine”? Perché nessun sindacalista della pur sindacalizzatissima istituzione fiorentina ha mai avuto nulla ridire su un caso di così evidente anomalia? Anzi, di anomalia doppia, addirittura: da un lato un rapporto di lavoro dipendente camuffato da contratto a termine e dall’altro un abuso del contratto a termine da parte di un soggetto a svantaggio di tanti altri che, legittimamente, avrebbero potuto aspirare a occupare quel posto, sebbene “precariamente”.
C’è una profonda ipocrisia collettiva in tutto questo. Un’ipocrisia che non aiuterà mai a risolvere dal fondo i problemi dell’occupazione (giornalistica e non), in quanto è basata su una tollerata, perfino incoraggiata e comunque sopportata mancanza di trasparenza. Funzionale, a conti fatti, a un gran numero di persone, forse anche al 50%+1 dei consociati. Una twilight zone tacitamente condivisa e usufruita un po’ da tutti, a turno, lavoratori e datori di lavoro: l’anello di congiunzione tra opportunismo e potere, favoritismi e amicizie, scambio di piaceri e leve occulte della politica. Ma se questa è l’Italia e se l’Italia siamo noi, almeno non lamentiamocene.