La battaglia nel patto di sindacato per il Corriere della Sera

Via il Giornale … chissà come la pensano i lettori

Diego Della Valle lascia il patto di sindacato che controlla Rcs, l’editrice del Corriere della Sera. Ma resta socio con il 5,4% e promette battaglia. È questo l’esito del confronto, aspro, che si è tenuto all’interno del patto di Rcs ieri pomeriggio.

Della Valle si è duramente scontrato con la coppia composta da John Elkann e Renato Pagliaro, presidenti rispettivamente di Fiat e Mediobanca, uscendo sconfitto, ma battagliero più che mai: «Per quanto mi riguarda – ha scritto Della Valle in un comunicato – sono convinto che il Corriere debba rimanere assolutamente indipendente e rispondere solo ai propri lettori e non a qualche azionista. Se Elkann e Pagliaro hanno idee diverse farebbero meglio a mettersi il cuore in pace e rendersi conto che i tempi sono cambiati». Ma tra i vincitori c’è anche Giovanni Bazoli, il presidente di Intesa e di Mittel, uno dei «vecchietti arzilli» con il quale Della Valle aveva ingaggiato da mesi un duello sulle sorti di Rcs. E indirettamente si rafforza anche il direttore del Corriere , Ferruccio De Bortoli, che Bazoli ha sempre sostenuto.

Nei fatti, ieri Della Valle ha ottenuto di poter uscire dal patto (che scende dal 63,5 al 58,1%), richiesta a cui è stato indotto dal «comportamento maldestro di alcuni membri», si legge nella sua nota. Rimarrà però azionista con il 5,4%, nella piena sua disponibilità fin dalle 18 di ieri: il recesso è stato approvato all’unanimità. La richiesta è stata fatta in seguito alle divergenze sulla futura governance del gruppo. In particolare la sua linea è risultata minoritaria rispetto a quella appoggiata da Mediobanca e Fiat, primi soci nel patto rispettivamente con il 13,7 e 10,3% del capitale Rcs.

Un provvisorio accordo su cui si lavorava in mattinata e che prevedeva la presenza di Della Valle in cda è stato poi abbandonato per divergenze insanabili e per i toni che aveva preso la discussione. Infatti con Pagliaro e soprattutto con Elkann lo scontro è stato ieri durissimo nelle parole: l’imprenditore marchigiano, quarto socio dietro a Pesenti, ha accusato Fiat e Mediobanca di voler gestire il Corriere come gli pare a loro. Della Valle voleva mantenere la rappresentanza in cda per chi come lui investe di tasca propria, in contrapposizione con i rappresentanti di banche o grandi gruppi. Invece è passata la linea Mediobanca-Fiat, appoggiata da Bazoli, che prevede un cda ridotto da 21 a 12 membri, con 6 consiglieri indipendenti: Luca Garavoglia indicato da Fiat, Fulvio Conti da Mediobanca, Giuseppe Vita, al vertice del gruppo editoriale Axel Springer, il superconsulente Roland Berger, il presidente della Bpm Andrea Bonomi e Umberto Ambrosoli, figlio di Giorgio, il liquidatore della Banca privata finanziaria, assassinato nel 1979 per conto di Michele Sindona. Per i soci imprenditori siederanno in consiglio solo Carlo Pesenti e Paolo Merloni; presidente sarà Angelo Provasoli al posto di Pier Gaetano Marchetti, che però conserva il posto in cda.L’ultimo degli 11 nomi del cda definitivo sarà quello dell’ad al posto di Antonello Perricone, che lascia. Ma il candidato (favorito Giorgio Valerio) verrà indicato entro l’assemblea del 2 maggio e poi cooptato in consiglio. Il 12esimo membro del cda uscirà dalla lista di minoranza di Giuseppe Rotelli (che ha l’11% fuori dal patto e che ripresenterà la propria candidatura).

Evidentemente, per Della Valle il requisito di indipendenza non è garanzia sufficiente e i candidati restano vincolati a chi li nomina. Mentre la rappresentanza diretta in cda, per chi investe di tasca propria, è considerata una condizione irrinunciabile. Infine non sono state gradite né l’uscita di Perricone senza l’indicazione del futuro ad, né la permanenza di Marchetti.