La fine di un ‘era dell’informazione e del giornalismo … finalmente

repubblica-stampavia Lettera43

Le nozze tra Repubblica e Stampa? È un matrimonio di necessità, ci si integra per mantenere la barra di galleggiamento, ma resta una ‘notiziona’ solo per noi addetti ai lavori, cosa vuoi che interessi ai lettori?».
Enrico Mentana, direttore del Tg di La7, ex Rai, ex Tg5, non ha molta voglia di parlare della fusione tra il Gruppo Espresso e la Stampa di Torino. Ma alla fine due battute sull’incontro tra la famiglia Agnelli e i De Benedetti le concede. «Ma non è una notizia spiazzante», spiega a Lettera43, «lo storico direttore della Stampa, Giulio De Benedetti era il suocero di Eugenio Scalfari, Carlo è stato amministratore delegato della Fiat, Gianni Agnelli ha sposato una Caracciolo»

DOMANDA. E quindi non fa notizia la nascita di questo nuovo gruppo editoriale?
RISPOSTA. Ma non stiamo parlando di una fusione tra Milan e Inter. O, che ne so, di Elton John che sposa Belen Rodriguez. Sono cose che riguardano Prima Comunicazione. Il problema è un altro.
D. Quale?
R. Il sistema dell’informazione non regge più. I giornalisti che sono rimasti nelle redazioni prima della tempesta sono pagati in maniera insensata rispetto al nuovo mondo. E allo stesso tempo i giovani vengono usati come gregari e sono sotto pagati. Non esiste nessuna solidarietà intergenerazionale nella nostra categoria. A questo si aggiunge che i cittadini non risparmiano più i soldi per comprare i giornali. E noi, perché questo riguarda anche me, non ci siamo fatti trovare attrezzati. È un passaggio lungo e difficile perché tutti i parametri si sono indeboliti.
D. Però il quadro editoriale in Italia sta cambiando.
R. Te lo ripeto. È una notiziona nel nostro mondo, ma francamente così come il lettore del Secolo XIX ha continuato a leggere il Secolo XIX non sapendo che è una propaggine della Stampa, ora continuerà a leggere La Stampa, anche perché sul quotidiano di Torino non ci sarà scritto fondata da Eugenio Scalfari.

D. Serve un rinnovamento generazionale?
R. Siamo ancorati a giornali che sono letti da un certo tipo di pubblico. Non puoi cambiarli rischiando di perdere i tuoi utenti. Qui sta lo sforzo conservativo che si scontra con il rinnovamento. Non raccontiamoci balle: un sessantenne che legge il Corriere sul tablet è un sessantenne.
D. Insomma neppure gli Agnelli che escono dal Corriere sono una notizia?
R. Sono questioni nostre. Basta andare davanti a un’edicola e chiedere a uno dei pochi che acquista un giornale chi è il proprietario del Corriere. Nessuno ti saprà rispondere.
D. Ma il giornalismo è più vivo adesso o vent’anni fa?
R. Rispetto al 1992 ora ci sono meno equilibri, quindi è più vivo. Io non penso di lavorare peggio rispetto a 20 anni fa. Ma è meno rinnovato, è nel mezzo di una crisi economica che si è riverberata sull’editoria. Non è facile vivere una situazione in cui contemporaneamente la gente ha meno soldi per comprare i giornali e ci sono le industrie che investono di meno nella pubblicità.