Il funzionamento delll’Ordine dei giornalisti spiegato ai cittadini del 2012

Via Stefano Tesi

L’unica categoria della quale, del resto, si può entrare a far parte, e restarci, senza prima aver dovuto dimostrare di saper far nulla e in cui si possono scalare i vertici ordinistici pur facendo qualunque altro mestiere. La scalata è facile, perché la grottesca frammentazione non solo tipologica (professionisti contro pubblicisti), ma subtipologica (destra, sinistra, estremisti, moderati con relative correnti e capibastone, filogovernativi e antigovernativi, transfughi vari, nemici di qualcuno, amici di qualcun altro, pensionati che lavorano, pensionati che non lavorano, pubblicisti professionali, pubblicisti dilettanti, freelance veri e freelance finti, gente che crede di essere una cosa senza sapere di esserne un’altra, precari a vario titolo e specie, abusivi, false partite iva, principianti smarriti, non più principianti ma tonti, finti tonti, carrieristi, spie, quinte colonne, furbastri, pesci in barile, secondolavoristi, volontari e dilettanti puri) sbriciola il fronte in infinite schegge che poi, più o meno consociativamente, trovano ampia rappresentanza o modo di esistere in quel grande consesso ordinistico che è il Consiglio Nazionale.

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Il pasticcio gravissimo e incredibile della riforma dell’Ordine dei Giornalisti

Questa generazione di presunti giornalisti che hanno gestito l’Ordine deve levarsi di mezzo o autosciogliere l’Ordine dei Giornalisti
Via Stefano Tesi

Da non credere a Roma: dopo mesi di inerzia e col fiato del 12 agosto sul collo, l’Ordine nomina una commissione di saggi per fare entro il 9 luglio la proposta che, in sei mesi, il Consiglio Nazionale non è riuscito a plasmare. Ma il bello è che solo quattro membri su undici sono giornalisti professionisti. Nasce “l’ordine dei pubblicisti”?

A volte è bello, anzi bellissimo, e al tempo stesso tragico, scoprire di non essere soli a dire e pensare le stesse cose. A sostenere ad esempio che il giornalistificio ha trasformato l’ordine in un leviatano, dove una malintesa e patologica forza dei numeri rovescia la logica delle rappresentanze e dei “pesi” professionali, dando così nelle mani dei dilettanti le leve per decidere del destino dei professionisti. E a sostenere che il sostanziale, imbarazzato e imbarazzante immobilismo registrato nell’ultimo semestre dall’odg sulla riforma, come in una guerra di trincea tra blocchi e controblocchi di interesse, ma con scadenze improrogabili ormai alle porte, si sia trasformato in una pantomima forse limpida per chi ha il seggio a Roma, ma incomprensibile per tutti gli altri. Me compreso. Uno scenario non solo ridicolo (nonchè sintomatico dell’estrema debolezza della categoria), ma catastrofico.

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I corvi dell’Ordine dei Giornalisti e i soliti ignoti a casa del presidente Iacopino

Il sempre informatissimo Franco Abruzzo segnala diverse sventure dei vertici dell’Ordine nazionale dei Giornalisti

Pubblichiamo la lettera che oggi il segretario dell’Ordine nazionale dei Giornalisti, Giancarlo Ghirra, ha trasmesso via internet ai 150 consiglieri nazionali. Il messaggio apre di fatto una crisi all’interno del massimo ente esponenziale della categoria proprio quando il Ministero della Giustizia sta ultimando la stesura del regolamento quadro che porterà al varo dei Dpr per le 28 professioni regolamentate. Ed ecco il testo del messaggio:

“Cari consiglieri, vi scrivo in uno stato di profonda tensione emotiva, reduce da una riunione con un piccolo gruppo di colleghe e colleghi  romani che ha provocato in me seri turbamenti.
Affetto sin dalla più giovane età di una sindrome da primo della classe, non tollero maestrini e maestrine che, privi di titoli adeguati, vanno in giro a dar lezioni di giornalismo, diritto, politica, e persino etica.
Mi ritengo assolutamente inadeguato al ruolo di segretario, vissuto per di più in una situazione di caos, con un presidente con il quale non ho in comune alcuna visione del mondo, e sono pronto – come ho già fatto e farò fin che campo – ad ammettere errori e cambiare posizione. Diciamo che ho un atteggiamento socratico, così maestrini e maestrine capirannno.

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Sta cadendo la foglia di fico del sindacato unico dei giornalisti: ora ognuno per sé e Dio per tutti

Via Antonello Antonelli

Insomma, alla fine anche a livello nazionale l’incapacità del sindacato di rappresentare la galassia del lavoro autonomo e del precariato è venuta a galla e ciò che da le singole regioni è più volte stato segnalato, è deflagrato in maniera molto rumorosa a Roma, con le dimissioni della collega Maria Giovanna Faiella dalla Commissione nazionale Lavoro Autonomo, rassegnate irrevocabilmente con una lunga ed articolata motivazione, nella quale anche io mi ritrovo pienamente e per questo la riporto alla lettera.

Dopo qualche ora, Raffaella Maria Cosentino ha seguito la collega nelle dimissioni, anch’ella con una lettera motivatissima.

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Per arrivare a una riforma seria degli ordini professionali compreso quello dei giornalisti

Via Lavoce.info

Il decreto sulle liberalizzazioni contiene interventi significativi che potrebbero modernizzare i servizi professionali in maniera incisiva. Il difetto è che non modificano la struttura istituzionale del settore. Le categorie interessate potrebbero così utilizzare il principio di autoregolamentazione per neutralizzarne gli effetti. Una riforma efficace dovrebbe impedire che l’esame di abilitazione sia gestito dagli stessi professionisti che saranno i diretti concorrenti dei candidati promossi. E allargare la composizione degli organi dirigenziali degli ordini. Il decreto sulle liberalizzazioni varato sabato dal governo contiene, per la parte che riguarda i servizi professionali, interventi molto significativi che hanno certamente il potenziale di modernizzare il settore in maniera incisiva. Sono interventi che nessun governo era mai riuscito a introdurre in modo così esteso.
Non si può però non rilevare che non si tratta di interventi strutturali, destinati cioè a modificare la struttura istituzionale del settore. Di conseguenza, esiste il rischio non troppo remoto che le categorie interessate possano reagire a queste riforme utilizzando le molte leve offerte loro dal principio di autoregolamentazione riuscendo a neutralizzarne gli effetti.

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Le prime proposte per la riforma dell’ordine dei Giornalisti e la mostruosa proposta per la composizione dei consigli di disciplina

Come previsto e temuto le proposte per riformare l’Ordine dei Giornalisti, mai realizzato in passato, che viene tentato in fretta e furia per adeguarsi alla manovra Monti e alle direttive comunitarie, rischia di diventare un pasticcio di dimensione epica. La necessità di oggi e di ieri è di salvare e migliorare il mondo dell’informazione in Italia e il mondo del giornalismo in particolare. La scelta è necessariamente forte: o si cambia radicalmente la situazione o occorre abolire in tempi breve l’Ordine, farlo esplodere dal di dentro. Bisogna cambiare drasticamente, accettare di applicare le regole ed eliminare furfanti ed arraffoni che si sono insidiati nel mondo dei giornalisti italiani e ricominciare. Se no uccidere l’Ordine e gettare il sale sulle sue macerie.

Per i non giornalisti una serie di grafici riassuntivi sui giornalisti italiani dall’Inkiesta

Dopo un periodo fantasioso di illazioni e proposte di riforme presunte il recente consiglio nazionale dell’Ordine , dove pare ci sia stata discreta maretta e forte polemica con FNSI, ha prodotto un documento che potete leggere e scaricare a fondo post e che trovate in forma estesa e commentata da Franco Abruzzo.

Le linee guida presentate sono improduttive e richiederanno una riscrittura radicale e molto più coraggiosa. Il governo Monti non accetterà mai una serie di regole che hanno nell’indefinizione la loro caratteristica. Indecente è la proposta relativa alla composizione del consiglio di disciplina.

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La giungla senza ordine e la sindrome nimby del giornalismo italiano

Il presidente dell’Odg Iacopino scrive una lettera al direttore della Stampa mischiando serio e faceto, cose importanti e artifici retorici in una specie di sindrome nimby del giornalismo italiano. L’ordine concettualmente ha un senso, ma fino adesso ha fatto pochissimo di quello che avrebbe dovuto nel passato e nel presente, tutelando ricchi e potenti piuttosto che lo stato di diritto. Una soluzione ci sarebbe: un governo tecnico del settore fatto da persone che arrivano dal campo, senza pregressi nel settore e nelle sue mafiette.

Caro direttore, Sono un lobbista. Lo confesso. Un lobbista del diritto dei cittadini ad avere una informazione non solo libera (e sarebbe gran risultato perché è obiettivo non completamente raggiunto) ma rispettosa delle persone, della loro vita, della loro sensibilità. E, non ultimo sia chiaro, della verità. È per questo che sono un “lobbista” dell’Ordine dei giornalisti, della sua esistenza e del rafforzamento del suo ruolo. Un esempio, per spiegarmi meglio? Giorni fa, con un infortunio grave, sono state pubblicate su due importanti siti le foto del recupero di quel che restava del corpo di Sarah Scazzi. Una vergogna per tutti i giornalisti. È stato l’Ordine ad intervenire chiedendo che quelle foto fossero rimosse (e ringrazio chi lo ha disposto), annunciando che sarebbero stati avviati procedimenti disciplinari perché quella non è un’informazione che rispetta le regole che ci sono nella nostra professione.

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Pubblicisti brava gente – update

Franco Abruzzo nota che qualcosa non quadra nell’intervento del presidente ODG sulla questione dei pubblicisti

Chi ha frequentato le facoltà di giurisprudenza o di Scienze politiche sostiene nel primo anno l’esame di Diritto costituzionale o di Diritto pubblico e, quindi, sa perfettamente che le leggi hanno un cappello che guida la lettura di tutto l’articolato. Questo principio è stato rispettato dal Governo Berlusconi quando ha varato il dl 138/2001 convertito dal Parlamento con la legge 148/2001. Questa legge è importante perché contiene un articolo 3, comma 5, che disegna la più radicale riforma degli ordinamenti professionali dopo 30 anni di dibattito. Va letto in simbiosi con le direttive comunitarie che dal 1988 in poi richiedono ai professionisti una laurea almeno triennale e un “esame attitudinale” (equivalente al nostro esame di Stato previsto dall’articolo 33, V comma, della Costituzione, per “l’abilitazione all’esercizio professionale”). E’ altresì noto che le direttive comunitarie prevalgano sulla normativa interna o nazionale. Per quanto riguarda l’Ordine dei giornalisti l’Europa ne ha previsto la legittimità (in http://www.francoabruzzo.it/document.asp?DID=5828) al pari della Corte costituzionale (sentenza 11/1968 in http://www.francoabruzzo.it/document.asp?DID=5813).

Oggi Enzo Iacopino, con un lunghissimo articolo, omissivo in alcune parti essenziali, tenta di dimostrare che i dl 138, 183 e 201/2011 non parlano dell’esame di stato e scrive testualmente nell’articolo pubblicato qui sotto: “La legge in vigore prevede l’abrogazione delle norme esistenti solo nelle parti che sono in conflitto con le lettere da a) a g) dell’articolo 33 (?, ndr) comma 5. Il legislatore non ha scritto, ad esempio, che vengono abrogate le norme che siano in contrasto con quanto previsto dall’articolo 33 (?, ndr) comma 5 fino alla lettera g) compresa. Ma solo con quanto dettato dalle lettere da a) a g). Il primo capoverso del comma 5, dunque, non è richiamato: era questo che faceva riferimento all’esame di Stato ed è questo che aveva indotto i colleghi pubblicisti ad una ribellione sacrosanta, che ho cercato di rappresentare al presidente Monti, pubblicamente nel corso della conferenza stampa e, sia pur brevemente, in privato”. Ma cosa dice il preambolo/premessa denominato “comma 5”? Eccone il testo:

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La Carta di Firenze entrerà in vigore il primo gennaio

Via sito Odg La Carta di Firenze entrerà in vigore il 1° gennaio. L’annuncio è stato dato dal presidente dell’Ordine dei Giornalisti, Enzo Iacopino, nel corso di una conferenza stampa al termine del consiglio nazionale dell’Ordine. “Il 13 dicembre scorso – ha detto Iacopino – abbiamo convocato i presidenti degli Ordini Regionali per parlare non … Leggi tutto

Cinque domande sull’epurazione dei pubblicisti

L’Ordine dei Giornalisti per anni ha avuto la stranezza abissale di avere due tipologie di figure professionali: i giornalisti di serie A e di serie B: i professionisti e i pubblicisti. Per anni i pubblicisti sono proliferati perchè al sistema servivano voti, carne da macello e numeri. Il sistema andava rivisto e ristrutturato da tempo facendo uscire di fretta “i mercanti dal tempio”, ma non si è fatto nulla per una redenzione morale. Ora arriva la mazzata, non inattesa, delle liberalizzazioni a venire e inizia “la grande rivoluzione” in cui terrorizzati i portatori di privilegi cercheranno di salvare il privilegio. Ma ora i topi stanno per uscire dalle tane e i gatti li mangeranno.

Qualche quesito sull’evoluzione delle cose di Stefano Tesi

Che fine, professionalmente parlando, faranno gli 80mila colleghi, non è dato sapere. Qualcuno propone di relegarli in un albo “ad esaurimento”, come i Cavalieri di Vittorio Veneto, ma senza medaglie al merito.
I diretti interessati (o meglio, chi all’OdG formalmente li rappresenta) ovviamente alzano le barricate e difendono anche le poltrone, i privilegi, le diarie e le indennità di un fortino in un tutta onestà non sempre difendibile. Tanto da indurre un commentatore (qui) a parlare di “Ordine prigioniero dei pubblicisti”.
Beh, contrariamente ad altri colleghi ho preferito pensarci bene prima di affrontare l’argomento, che mi pare assai più complesso e spinoso di quanto sembri.
E non mi sono unito al coro di chi per istinto, e forse un po’ superficialmente, ha gioito per questa paventata abolizione dicendo che finalmente non si ritroverà più accanto, nel mestiere, a dopolavoristi e signore bene.
Mi pare una posizione, sebbene comprensibile, miope e ingenerosa, ma soprattutto un po’ avventata, priva degli scrupoli che ci si dovrebbero fare quando si prendono decisioni destinate a incidere pesantemente sulla vita e sul futuro lavorativo delle persone.
Preferisco invece farmi e porre ai lettori alcune domande.

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