Agata Pensaci Tu

Un lungometraggio che nasce dalla Cabina dell’Arte Diffusa di piazza Peyron a Torino, progetto nato da un’idea di Daniele D’Antonio, condotto dalla associazione Tribù del Badnightcafè. Una storia appositamente scritta per questo film che, attraverso le vicende legate al mondo degli artisti emergenti, si snoda per tappe all’interno del sistema dell’arte contemporanea. Una commedia leggera, … Leggi tutto

Giorgio Levi per salvare il salvabile dell’Ordine dei Giornalisti del Piemonte

Se guardate sul sito dell’Odg del Piemonte fra un necrologio e l’altro troverete I risultati del primo turno delle elezioni del Piemonte che dimostrano che la gente è arcistufa di questo salottino, anche se ci sono state nuove candidate interessanti che arrivano dal web. In effetti con l’Odg del Piemonte non c’entro più niente e sono felicemente toscano, terra in cui in effetti si fa molto di più, meglio, con maggiore trasparenza e onestà.

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Verso Piemonte Digitale

Via QP Mercoledì 16 novembre alle 17.30 presso Rinascimenti Sociali in via Maria Vittoria 38 a Torino, si svolge il primo incontro di conoscenza, condivisione e progettazione di Piemonte Digitale. L’obiettivo della riunione è di iniziare a lavorare a un manifesto, a degli obiettivi, a una organizzazione interna e un programma di breve periodo. L’incontro sarà … Leggi tutto

Qualche riflessione sui master in giornalismo e non solo a Torino

Giorgio Levi propone delle utili riflessioni sui master in giornalismo … e non solo a Torino

L’avessimo avuta noi questa possibilità negli anni Settanta, invece di dar via le chiappe per un posto da abusivi. Comunque. L’altro ieri mi scrive un ragazzo (laureato neh)  che ha finito adesso il biennio del master. E’ una mail affettuosa (come altre che ho ricevuto in questi anni, perché questa è tutta gente educata e colta) e nella sostanza mi chiede: che consiglio puoi darmi ora? Dove posso trovare lavoro? Come faccio ad entrare in un giornale? Così io gli rispondo come avrei fatto ad un ragazzo negli anni Settanta. Fatti promuovere a Roma, bussa a qualche porta, chiedi consiglio a chi conosci dentro una redazione, punta ad un contratto a termine, poi si vedrà. Fatti notare, fai il bravo, non cadere nella trappola dei collaboratori. Farai la fame (ma questo lo saprà soltanto ora).

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Torino ha rigettato il vecchio Sistema

Chiara Appendino è il nuovo sindaco di Torino.

La spiegazione di un fenomeno da chi ha fatto partire il Movimnto 5 Stelle a Torino

Ha votato Appendino il vecchietto ultra-80enne che ha salito con estrema fatica le scale del seggio dicorso Svizzera in cui ero rappresentante, si è riposato dieci minuti buoni per riprendere fiato, ha votato e poi ha detto ad alta voce “e speriamo che adesso muoia, sto sindaco comunista!”; e ha votato Appendino la coppia di giovani che ho visto a festeggiare in piazza sotto il Municipio e che, rivolti verso i bei palazzi del centro, gridavano “andate a lavorare, radical chic di merda!”.

I commentatori si sono concentrati sulle contraddizioni insite in tutto questo; ed è vero, è vero che chiunque avesse qualcosa da ridire non solo sull’amministrazione Fassino o sul governo Renzi ma sull’economia, sulla geopolitica, sull’ordine sociale, persino sul tempo e sul risultato degli Europei di calcio, ha concretizzato la propria rabbia votando Appendino; è vero che le aspettative sulla nuova giunta sono non solo impossibilmente elevate, ma anche troppo contraddittorie per poter essere esaudite tutte.

Ma i commentatori che si concentrano sulle contraddizioni sbagliano, perché vivono ancora nel mondo della destra e della sinistra; sbagliano perché non capiscono che c’è un filo conduttore tra tutti quelli che hanno votato Appendino, un filo conduttore molto più forte delle contraddizioni interne. Un filo conduttore che esisteva già prima, ma che Chiara ha abilmente solleticato e rafforzato, con la sua campagna in stile primarie americane, innovativa per l’Italia e giustamente premiata, basata innanzi tutto sull’immagine, sull’emozione e sull’identificazione del “noi” con il popolo e del popolo con Chiara, più che sui temi di sostanza; una campagna inconsapevolmente peronista che io non avrei mai fatto e comunque non sarei mai stato in grado di fare, ma che era l’unica che potesse vincere e conquistare i cuori del popolo torinese (e quindi tanti complimenti a Xavier Bellanca, l’attivista-stratega oggi meritatamenteintervistato dalla Stampa).

Il filo conduttore è evidente nella fotografia della distribuzione territoriale dei risultati:

E’ evidente che ciò che unisce i sostenitori di Appendino non è né la destra né la sinistra, e nemmeno l’apprezzamento per Grillo(volutamente tenuto fuori dalla campagna) o per le istanze storiche del M5S. Semplicemente, ciò che unisce i sostenitori di Appendino è di essere o sentirsi poveri; e sottolineo “sentirsi”, che per vedere i poveri veri bisogna andare nelle baraccopoli della Stura o direttamente nel Terzo Mondo, ma Torino è piena di ex classe media che pur vivendo ancora meglio di tre quarti del pianeta si sente a buon motivo pezzente.

Perché? Perché dall’altra parte c’è un sistema di persone che hanno esibito per vent’anni il loro bel centro lucido, i loro grandi eventi pieni di VIP, le loro connessioni familiari e sociali che li fan cadere sempre in piedi, la loro arroganza nel pretendere sempre ragione e nel liquidare qualsiasi opinione diversa come “fascismo” o “ignoranza”, la loro cultura rivendicata come uno status symbol, fino a stare immensamente sulle scatole alla maggioranza della città.

Davanti a un sistema organizzato che marca fisicamente e moralmente la distanza tra chi è dentro e chi è fuori, è ovvio che anche chi fuori vive piuttosto bene, anche chi gode di una amministrazione non certo inetta, si senta comunque un pezzente con voglia di rivalsa; e persino chi è dentro, ma riceve soltanto le briciole, si ribellerà nel segreto dell’urna o anche apertamente, come i ragazzi pagati per dare i volantini di Fassino che ci dicevano “comunque io voto per voi”. Non è solo una povertà materiale; lo è in molti casi, ma in molti altri è soprattutto una povertà di opportunità, di chance di crescita personale e di riconoscimento sociale, di libertà di essere e di realizzarsi, che rimanda al vuoto di senso della società moderna prima ancora che al vuoto nella pancia.

Fassino – una persona che purtroppo per lui ha il talento naturale per fare dichiarazioni autolesioniste: oggi si vantava di aver comprato le caprette ai rom di lungo Stura Lazio per rimandarli in Romania, provocando una serie infinita di “Piero, le caprette ti fanno ciao” – l’ha chiamata “invidia sociale”, sempre per farsi amare ancora un po’. Ma quando la differenza sociale non è legata al merito ma alle condizioni di partenza, non si tratta di invidia quanto di sacrosanta rabbia.

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Conti fatti a consuntivo sulle grandi opere a Torino

Dal sito Notav.info

Se non vivi nell’universo parallelo costruito dai vari organi di formazione perpetua detti anche “mazzi di informazione” magari a tutti questi bellissimi slogan credi anche. Ma sarebbe bene che Torino aprisse gli occhi di fronte al proprio passato, per decidere cosa fare del suo futuro.

Torino è stata la città laboratorio dell’ideologia Grande Opera. Tra i 1998 e il 2006 sono arrivati 15 miliardi di fondi pubblici, il valore del Tav più o meno. Alcuni miliardi erano fondi raccattati qua e là, di manovra in manovra, perfino con delle lotterie; altri miliardi invece sono stati erogati dalle banche ma sempre coperti dallo Stato. Tale cifra rappresenta un record probabilmente imbattuto, nessuna città ha mai avuto così tanto fondi in un tempo così breve nella storia della Repubblica.

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Sistema Torino Sistema Italia si presenta il primo luglio

Martedì primo luglio alle ore 18.00 presso la Libreria Feltrinelli di Torino si presenta Sistema Torino, Sistema Italia di Maurizio Pagliassotti Torino come paradigna di un paese dove la mala amministrazione e poteri forti la fanno da padrone. Maurizio Pagliassotti, autore di Chi comanda Torino, torna a occuparsi della ex capitale industriale d’Italia e lo … Leggi tutto