Otto buone ragioni per l’abolizione dell’Ordine dei Giornalisti

Nel 2002 Paolo Murialdi scrisse un’illuminante articolo sulla opportunità dell’esistenza o della non esistenza in essere dell’Ordine dei Giornalisti.

Elenco ora i motivi per cui ritengo opportuna l’abolizione dell’Ordine.

1) Il vero giornalismo presuppone l’esistenza di un grado riconoscibile di libertà e di autonomia professionale. Con i diritti e doveri indicati dall’art. 21 della Costituzione e dai Codici. L’obbligo di far parte di un Ordine di natura pubblica per esercitare un diritto fondamentale di tutti i cittadini mi appare incompatibile con i diritti democratici. L’obbligatorietà è stata bocciata all’unanimità da un Congresso della Federazione internazionale dei giornalisti, poco prima che entrasse a far parte della Fnsi.

2) L’esercizio di una professione come quella giornalistica non deve richiedere una specie di patente, come per i medici, gli ingegneri, i chimici, e via elencando nei saperi tecnici. Inoltre l’assimilazione ai liberi professionisti appare assurda perché in grande maggioranza i giornalisti sono lavoratori dipendenti.

3) L’Ordine non ha dato sicura prova di intervento per la moralità del giornalismo. Di fronte a casi molto gravi – ricordo le iscrizioni alla loggia segreta P2 – le decisioni di alcuni ordini regionali differivano le une dalle altre.

4) In Italia esiste un Codice deontologico unicamente perché lo ha richiesto la legge sulla privacy. La Carta dei doveri, stilata faticosamente dall’Ordine e dalla Fnsi, non prevedeva sanzioni e, quindi i suoi dettati non hanno efficacia.

5) Un aspetto negativo è che risultano iscritte all’Ordine persone che svolgono incarichi non giornalistici, in uffici stampa e di pubbliche relazioni.

6) L’Ordine rilascia una tessera che dopo un po’ di anni diventa permanente. Non sorprende che i giornalisti italiani la preferiscano a una carta di identità professionale come accade in altri Paesi democratici.

7) Le corporazioni – e tale è l’Ordine – proteggono gli affiliati ma li ingabbiano. E vi si entra ufficialmente soltanto se dall’interno ti aprono la porta.

8) Due parole sulla preparazione professionale. E’ necessaria e in giro non se ne vede abbastanza. Sono stato favorevole alle scuole professionali, che non sono diventate fabbriche di disoccupati, e sono favorevole ai corsi di laurea nei quali insegno. Ma sono nettamente contrario all’obbligo della laurea in giornalismo per diventare professionisti. Laurea sì, ma non obbligatoria! Il contrasto con il primo comma dell’art.21 sarebbe stridente.

Concludo ricordando che la Federazione internazionale dei giornalisti svolse una ricerca sugli Ordini esistenti nel mondo nei primi anni Settanta. Esclusi per ovvi motivi i paesi del blocco sovietico risultarono esistenti 13 corporazioni nell’America centrale e meridionale, una in Africa e due in Europa. La seconda era l’Ordine della Catalogna ma infine restò soltanto il nostro perché la Corte costituzionale spagnola bocciò quello varato dal Parlamento della Catalogna.