I cables italiani di Wikileaks che nessuno ha voluto pubblicare

Francesco Piccinni ha intervistato con Giorgio Scura Julian Assange per Agoravox

Perché non hai mai dato i cables a giornali italiani?
“L’abbiamo fatto. Li abbiamo dati a un grande giornale, ma hanno deciso di non pubblicarli e di lavorarci su attraverso degli articoli”.

A quale giornale li hai dati?
“Erano due. I due più grandi (non ci rivela i nomi, ndr). In precedenza avevamo anche lavorato con uno dei due, ma alla fine non ne hanno fatto nulla. E’ successa la stessa cosa in Giappone, abbiamo dato i cables anche a un loro quotidiano nazionale, il più importante, pensa che hanno 2200 giornalisti, senza contare le altre figure, solo di reporter, praticamente lo stesso numero della Reuters. Hanno rifiutato anche loro e lavorano in una maniera molto metodica, potremmo dire “alla giapponese” (sorride, ndr).


Cosa ne pensi dell’Italia e dell’attuale situazione con Silvio Berlusconi?
“Non mi piace, ma agli italiani sì. Il problema di Berlusconi non è tanto il suo potere politico ed economico, ma come l’abbia usato per fare i propri interessi, corrompendo il sistema”.

Cos’altro emerge sul nostro paese?
“Tra i cables ce ne sono molti che parlano della corruzione in Italia, delle grandi compagnie. Ne sono in arrivo molti sul vostro Paese. Soprattutto sull’Eni che è il grimaldello che l’Italia usa per entrare in vari paesi del mondo. Come per esempio in Kyrgyzstan dove c’è un forte legame basato sulla corruzione tra l’Eni e i politici locali. L’Eni è la vera grande azienda corrotta italiana”.

Perché queste storie non escono sui nostri giornali?
“Il vero problema è che in Italia i grandi giornali non parlano delle storie di corruzione, soprattutto se riguardano le grandi compagnie. Nei cables sono uscite e usciranno molte cose che non useranno. Anche di interazioni delle grandi compagnie pubbliche, come l’Eni, con alcuni paesi stranieri. I giornali italiani si occupano di persone che sono già in carcere o sotto processo, ma non si occuperebbero mai di persone che non sono mai state indagate, anche se citate nei cables”.

Ci sono altre cose interessanti nei cables?
“Ci sono elementi interessanti per esempio per quanto riguarda i rapporti tra le compagnie petrolifere e gli Stati. Per esempio la British Petrolium fa affari con l’Iran. Questa è la grande ipocrisia: gli Stati si lamentano dell’Iran e poi ci fanno affari”.

Guardo l’orologio e vedo che è già un’ora che siamo lì, chiedo a Julian se vuole che andiamo via e lui ci dice che non ci sono problemi. Restiamo.

Avete mai chiesto finanziamenti a enti o fondazioni?
“Sì, abbiamo bussato a varie porte. Ma le fondazioni non vogliono finanziare progetti che possono portare problemi. Hanno solo due “regole”: non finanziare organizzazioni che potrebbero prendere i soldi e scappare (per poi, semmai, investirli in armi o cocaina) e non finanziare progetti che potrebbero, in futuro, metterli in situazioni complicate dinanzi all’establishment. Si trovano, quindi, a finanziare solo ed esclusivamente progetti che non hanno alcun valore aggiunto. In realtà agiscono in un ambiente molto chiuso in cui si scambiano consiglieri di amministrazione tra loro e attraverso i finanziamenti dati, cercano d’entrare in altri salotti. Tutte le strutture sono così. I consigli d’amministrazione di qualsiasi fondazione sono fatti da persone che cercano solamente di tutelare lo status quo. E questo è l’antitesi di quello che dovrebbe essere il lavoro di una fondazione. Un esempio negli Stati Uniti, in questo senso, potrebbe essere la Ford Foundation. Inoltre il loro ruolo è quello di prendere persone dalle organizzazioni che funzionano e che possono rappresentare un potenziale pericolo e portarle dentro di sé. Ma il loro grande errore è di “pretendere” di non fare politica: ma come si può affermare di non fare politica quando si partecipa alla vita pubblica? Quando si finanzia la vita pubblica, che cosa vuol dire non vogliamo fare politica? La stessa cosa succede in Italia: nessuno in Italia finanzia progetti veramente innovativi”.