Da Torino il social network che spopola su Iphone

Via Repubblica

Scovare lo strano che ci circonda e diventare un “guru” del cool nel design, negli stili di vita, nella moda, nella musica e nell’hi-tech, condividendo con gli altri adepti sparsi nel mondo quello che si cattura. Solo un gioco, un social network a portata di iPhone per rendere democratica e universale una delle scienze che guida le campagne pubblicitarie in ogni angolo del globo.

Chi ha l’ambizione di anticipare i tempi e di etichettare prima i cambiamenti sociali trasformandoli in prodotti, non facendo però parte della casta del marketing, ha l’occasione di cimentarsi e dimostrare le sue capacità. Tra le migliaia e migliaia di applicazioni per iPhone è disponibile un nuovo software gratuito, battezzato iCoolhunt, realizzato da una società di Torino, la Lab10100. Ed è già fenomeno.

Un social network che si è rapidamente trasformato in un una della app più cliccate su iTunes: una media di oltre 300 download al giorno e recensioni sulle principali riviste on line di settore. Non solo. La casa di Cupertino guidata da Steve Jobs ha già contattato il gruppo di torinesi che nel giro di sei mesi ha trasformato il cool hunting in un gioco alla portata di tutti per realizzare una campagna di promozione con banner dedicati sulla home page. E una società di produzioni tivù di Los Angeles vuole coinvolgere le menti di Lab10100 nello studio di un format per una trasmissione televisiva.

Chi ha letto “No Logo” di Naomi Klein sa perfettamente di che cosa si tratti: il cool hunter è un vero cacciatore di tendenze e stranezze, un alchimista moderno che sa scovare all’angolo di una strada, in una vetrina, nel sottoscala di un palazzo, osservando amici e gente comune, quello che conquisterà il gusto milioni di consumatori. E la giornalista canadese, che nel libro considera i cool hunter come “tampinatori legalizzati della cultura giovanile”, non aveva immaginato che un social network per iphoner potesse trasformare il mestiere di qualche centinaio di cult searcher assoldati da istituti specializzati in un gioco aperto a tutti.

Un social game nato da un’idea di Luca Morena, 37 anni, ricercatore del laboratorio di ontologia del dipartimento di Filosofia dell’Università di Torino, studioso del cool hunting. Un’intuizione che si è trasformata in un app per iPhone grazie al fratello, Alessio Morena, uno dei soci di Lab10100, e a Federico di Gregorio e Gigi Di Nunzio, esperti informatici.
Alla base del gioco la possibilità di caricare on-line foto e materiali che si giudicano trendy. Stranezze che conquisteranno o meno gli altri utenti della community: ciascun iscritto, in ogni angolo del mondo, potrà votare “cool” o “uncool” i materiali caricati. In gergo definiti prede.

“Il voto espresso sui materiali – racconta Alessio Morena – servirà a far emergere le nuove tendenze e a far fare passi avanti all’iscritto nella scala dei cool hunter, fino alla qualifica di guru, il gradino più alto”. Non solo. Si possono visualizzare gli oggetti più vicini sulla mappa, realizzare classifiche, per categorie, per giudizi e per area geografica. “In questo momento – spiega Luca – sono due i settori che attirano di più i cacciatori: il design e gli stili di vita. Oltre all’Italia, i picchi di download dell’applicazione si registrano negli Stati Uniti, in Sud America, in Sud Africa e in Asia”.

Il software messo on line dalla Lab10100 è una versione beta e nella testa degli autori si sta già pensando agli sviluppi della community, tra pagine personali degli utenti e la possibilità di rendere ancora più immediato lo scambio di informazione tra i cacciatori iscritti. “Rispetto al modello tradizionale del cool hunting – sottolinea Alessio – la potenza di questo strumento è nella diffusione, nel riuscire a trasformarlo in un gioco popolare. Non si raccolgono solo informazioni. Le tendenze sono già vagliate e votate dalla comunità”. Dati che elaborati e venduti, dopo esser stati messi in mano a personale specializzato, serviranno a studiare, in modo ancora più mirato, compagne di marketing che anticiperanno gusti e tempi. Guai a parlare di marchi. “Sarebbe la fine del gioco – sostiene Alessio – far entrare in campo loghi di società e multinazionali vorrebbe dire limitare la libertà dei cacciatori, minare il senso democratico che abbiamo voluto dare al software”.

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