E ora i politici si accorgono che i cittadini se ne fregano delle celebrazioni per i 150 anni dell’unità d’Italia

Bastava chiedere alla gente comune che da un lato pensa che l’Italia sia mediamente cosa buona e giusta. Ma che pensa anche che tutti questi festeggiamenti e questi soldi spesi servano per pagare sipendi ai soliti noti e a fornire denaro fresco per aziende vicine ai poteri più o meno forti. (via Lastampa.it). Poi le recenti esperienze olimpiche piemontesi non aiutano ad essere ottimistici.

Mancano cento giorni al 17 marzo 2011, quando ricorreranno i 150 anni dalla proclamazione del Regno d’Italia, che segnò l’unificazione della penisola. L’orologio digitale, che segna il conto alla rovescia in piazza Carignano, ricorda l’appuntamento. Ma i passanti quasi non ci fanno caso. La febbre risorgimentale pare molto bassa. Sembra non suscitare lo stesso calore dell’attesa che caratterizzò l’avvento dei Giochi olimpici del 2006.

Che cosa ne pensa Alberto Vanelli, vice presidente del Comitato «Italia 150»? Com’è il clima? «Siamo a buon punto con le opere dei festeggiamenti. Ma ammetto che quando dico che celebriamo i 150 anni di unità italiana ricevo attenzione, ma scarso entusiasmo e poca partecipazione».

Perché? «Il progetto era partito con grande entusiasmo e aspettative. Ma sono mancati i soldi e anche una volontà all’ autocelebrazione». Come mai? «La ricorrenza non è un tema al centro dei problemi e delle preoccupazioni della gente. Il paese attraversa, come il resto del mondo, una dura crisi economica. La stagione sociale e politica è conflittuale. Purtroppo non è un momento in cui l’Italia si riconosce unitariamente come paese».  La colpa? «E’ di una classe dirigente che pensa più all’autotutela che al futuro. Questo ha allontanato tanti, soprattutto i giovani, dalla partecipazione. Ma siamo convinti che li risveglieremo».

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