Al Messaggero la situazione si fa calda

Via Franco Abruzzo

ll Comitato di Redazione del Messaggero denuncia le continue provocazioni dell’Azienda, che è arrivata a minacciare sanzioni disciplinari a tutti i partecipanti all’Assemblea dei giornalisti, e ha avviato la procedura sanzionatoria per quei redattori che sono stati identificati come presenti alla riunione sindacale. Fino a quando le intimidazioni riguardavano solo il Cdr non abbiamo ritenuto di rispondere, nell’ostinato tentativo di recuperare corrette relazioni industriali. Ma ora, venuti a conoscenza che la procedura disciplinare è stata avviata anche per altri colleghi, non possiamo che denunciare una situazione che non ha precedenti nella storia del giornalismo italiano in tempi di democrazia. Il pretesto è stato che l’Assemblea è stata convocata, com’è tradizione storica, nel salone della Cronaca di Roma, mentre l’Azienda voleva che si svolgesse in un’aula al piano terra, fuori dal luogo di fattura del giornale, con un ingresso direttamente sull’androne. I motivi addotti, rappresentati solo ora, sono legati alla sicurezza. Spiegazione che non convince, perché la stanza proposta è di 65 mq più piccola del salone della Cronaca e può ospitare solo un terzo della redazione.



Ma la misura è colma se si colpiscono i giornalisti nella loro libera attività sindacale. Come Cdr abbiamo chiesto all’azienda di ritirare la procedura disciplinare per quei colleghi che non fanno parte del Comitato di Redazione. La risposta è stata: «Non sempre ci sono risposte». A questo si aggiunge che l’Azienda ha preteso di intimidire i giornalisti all’interno del luogo di lavoro comunicando che «personale di vigilanza sarà di presidio all’ingresso della sala Cronaca, per garantire il rispetto delle indicazioni aziendali» se si dovesse svolgere l’Assemblea. Un linguaggio e un’iniziativa estranei alla gestione di un giornale libero in un Paese libero.

Queste intimidazioni avvengono dopo un’Assemblea che ha stigmatizzato il trasferimento, senza che ci siano state rappresentate le comprovate ragioni richieste dal Codice Civile, di una collega dalla redazione di Pescara all’Aquila; il mutamento di mansioni di un’altra collega di Roma che vede pregiudicata la sua professionalità e la chiusura, dopo oltre cinquant’anni, della redazione “storica” di Macerata. A testa alta difendiamo la dignità del nostro lavoro e impegno, e siamo certi che i lettori sono e saranno al nostro fianco.