In memoria di Giorgia Graziano ciclista tredicenne morta a Padova

Via Teknobici

Giorgia aveva 13 anni, è stata investita da un’auto mentre attraversava la strada in bicicletta per andare a scuola a controllare i risultati dell’esame di terza media, appena superato con il massimo dei voti. Il suo corpo è stato sbalzato a 15 metri dal luogo dell’impatto, poi la corsa verso l’ospedale, due settimane di agonia, finché non c’è stato più niente da fare.
È morta ieri e la sua scomparsa è stata accompagnata dal silenzio più assordante. Quasi tutta la stampa ha accuratamente omesso di riportare la notizia, forse i giornalisti del nostro Paese erano troppo occupati a parlare del cane Lennox, del presunto figlio di Balotelli e della Fico, degli amori di Belen e del ritorno in politica di Berlusconi.
L’omicidio di una ragazzina di 13 anni è stato evidentemente considerato come “non rilevante” o incapace di stimolare l’interesse del pubblico. Eppure se le avessero sparato o le fosse scoppiata accanto una bomba le telecamere di tutta Italia sarebbero immediatamente accorse per mostrare la macchia di sangue ancora visibile sull’asfalto o il tabellone della scuola con il suo nome in bella vista.
Trovo il silenzio della stampa sconcertante, omertoso, soprattutto perché un caso come questo si presta perfettamente al tipo di sciacallaggio mediatico a cui siamo abituati in Italia: già mi immagino la gigantografia del volto della ragazzina sul maxischermo di Porta a Porta e un eccitatissimo Bruno Vespa armato di bacchetta pronto a indicare il plastico innanzi a sé per ricostruire la dinamica dell’incidente; l’intervista in esclusiva al disgraziato che l’ha investita e che adesso non riuscirà a chiudere occhio, divorato dal rimorso, per i prossimi 10 anni. Gli ospiti in studio sarebbero poi la ciliegina sulla torta: il conduttore si rivolgerebbe prima al rappresentante del ministero dei trasporti per chiedere “ma andare in bicicletta è davvero così pericoloso?” e poi all’esperto di urbanistica “era possibile evitare questo incidente?” e via disquisizioni sulla velocità di progetto della strada teatro dell’omicidio. A questo punto Vespa chioserebbe con un “ma quindi realizzando dei rallentatori all’altezza dell’attraversamento, si sarebbe potuto evitare questa tragedia! Chiediamo all’ufficio competente del Comune perché l’attraversamento in sicurezza non è stato realizzato” e l’inviato lì, pronto col microfono a rimbalzare la domanda. L’assessore del Comune si arrampicherebbe sui vetri per trovare una scusa che non regge, per poi finire dando la colpa al patto di stabilità che non offre la possibilità di realizzare lavori di ripensamento delle strade, nemmeno quelli preventivati dal 1982.