Sono passati 5 anni dalla morte di Ubaldo Gianetto

Sono già passati 5 anni dalla morte di Ubaldo Gianetto.
Nel 2023 celebreremo i 10 anni

Per ora lo ricordiamo con il ricordo della sua comunità

Cari Confratelli e amici della Famiglia Salesiana,
sentiamo il grato dovere di comunicare che don Ubaldo Gianetto, salesiano di Don Bosco, e passato dalla terra al cielo suscitando in noi e in quanti l’hanno conosciuto ricordi indimenticabili di stima e di affetto. Qui possiamo scrivere assai meno di quanto vorremmo, chiedendo a voi una fraterna preghiera di suffragio.

1. Il congedo
Vedevamo don Ubaldo ormai da mesi affrontare la giornata, aiutato dal suo deambulatore, con indomito coraggio e tenacia, come era proprio del suo temperamento, fedele al suo lavoro e puntuale alle pratiche comunitarie. Fino a quando un evento ischemico lo paralizzò, costringendolo a una dura agonia, a una lotta fra terra e cielo, finché il cielo lo ebbe con sé nell’abbraccio della infìnra misericordia di Dio, o come egli amava dire, andò a prendere possesso della “galassia” destinata per lui, tanto grande è il cielo di Dio! È con un questo cenno quasi sorridente e fiducioso che si apre questa comunicazione, perché don Ubaldo credeva nel Paradiso, lo aspettava serenamente da tanto tempo. Come figlio fedele di Don Bosco, era una persona sempre dalla parte positiva della vita, quindi dell’incoraggiamento, dell’aiuto fattivo, in ciò reso credibile dalla esemplare testimonianza di salesiano sacerdote, in particolare per il grande cuore che aveva verso i piccoli, gli umili, gli indigenti, di quell’indigenza che per diversi studenti può essere di casa proprio qui nell’Università. A queste fattezze interiori, don Ubaldo univa un atteggiamento esterno di semplicità, di dialogo, di prese di posizioni talora paradossali che suscitavano una dialettica simpatica, anch’essa portatrice di verità e anche di buon umore.
Si dovrebbero dire tante cose su Don Gianetto che qui non possiamo. Piuttosto molte voci si sono alzate nel mondo salesiano e fuori di esso, diverse sono giunte via e-mail da lontano, generando una sinfonia di voci che diventano lode e grazie a Dio per averci donato don Ubaldo, e che ora ce lo ridona come membro vivo di Gesù Risorto, per cui il fare memoria diventa come ricevere un sacramento.
Infatti nell’Eucaristia di congedo, ricevemmo luce e conforto dalle parole stesse del Signore. In un momento di tristezza per la morte dell’amico Lazzaro, tristezza ancora più approfondita – tanto da farlo piangere – per la rottura dei legami familiari con Marta e Maria (e qui ben possiamo pensare all’intenso legame dei parenti di don Ubaldo, a partire dai congiunti Lucia, Vittorio e tanti altri, tutti così cari allo zio e reciprocamente uno zio così caro alloro cuore). Ebbene in questo contesto di soffe renza Gesù afferma: “lo sono la risurrezione e la vita. Chi crede in me, anche se muore vivrà; chiunque vive e crede in me, non morrà in eterno” (Giov Il,25-26). Lo affermiamo umilmente ma con motivata certezza per il nostro confratello, per il quale, come debito di riconoscenza, ci impegniamo a pregare per lui, in particolare con l’ Eucaristia.

2. Il cammino
E ora con rapidi cenni riconduciamo a diverse fasi la sua vita nella sequela di Cristo.
a. Come prima fase ricordiamo la sua formazione. Primo ambiente viene la sua famiglia in provincia di Torino, diocesi di Ivrea, a Villareggia, un luogo importante per le sorti del mondo, perché – don Ubaldo diceva con visibile allegria – ivi finì la Seconda Guerra mondiale. Poté anche esserlo, ma certamente quella fu la terra che fin dal 1927 plasmò nel piccolo Ubaldo, le virtù della sua gente, come si dice del conterraneo San Giovanni Bosco. Infatti, orfano di papà a otto anni, per raccomandazione quasi testamentaria di lui, che fu allievo dell’ oratorio salesiano di Valdocco, sua mamma lo fece frequentare il medesimo Oratorio. Ivi poté offrire il suo volto gentile e simpatico per una effige di San Domenico Savio più bella e più vera rispettoa.quella tradizionale a opera del pittore Caffaro Rore. Il passaggio a farsi salesiano fu rapido e senza ripensamenti, né allora né mai. Possiamo dire che don Ubaldo fu salesiaao da sempre e per sempre. Pur non avendo sempre situazioni facili, parlò semprebene della Congregazione, in particolare di don Ricaldone, quale promotore di un.selido impegno catechistico della Congregazione. Aspetto questo che espresse conmestalgia fino agli ultimi tempi.
Nel 1944 con la professione religiosa divenne salesiano. Fu mandato a studiare teologia a Beckford, in Inghilterra, dove visse una intensa applicazione di studio e di fraterna allegria. Siamo a conoscenza di diversi episodi. Ci si permetta un ricordo, che piaceva anche a don Ubaldo: diceva di sé di aver meritato un riconoscimento da parte della Regina come migliore cacciatore di talpe dell’Impero britannico.Nel 1954 fu ordinato sacerdote. Completò il ciclo formativo con la laurea in lettere moderne all’Università di Torino nel 1960. Da questo punto di vista, don Ubaldo, come fu sempre prete credibile, fu uno che si dedicò allo studio seriamente per tutta la vita. Pur nei limiti della condizione umana, don Gianetto parlava perché sapeva. E sapeva perché studiava.
b. Poniamo come seconda fase, lunga un ventennio, dagli anni ’60 agli anni ’80, il suo servizio al Centro Catechistico Salesiano di Leumann (Torino) chiamato anche LDC. Ivi spese le sue migliori energie di servitore, diciamo anche ‘combattente’, in compagnia di grandi figure di catecheti, tra cui ricordiamo don Giannatelli, don Csonka, don Negri, don Borello, don Tonelli, don Cambino, don Suffi. Agli inizi della LDC nella nuova sede del Leumann partecipò attivamente con gli altri alla stesura del testo di IRC per la scuola media, La scoperta del Regno di Dio, che ebbe una diffusione grandissima. Nominato segretario del Centro Catechistico, per diversi anni si specializzò nella catechesi dei ragazzi o preadolescenti di cui scrisse a livello soprattutto metodologico. Mente aperta al rinnovamento catechistico a seguito del Concilio, fece il gesto coraggioso con don Angelo Viganò, di curare la traduzione e diffusione del Catechismo Olandese. Tale intelligente impegno lo mise in contatto diretto con la Chiesa italiana nella composizionè dei nuovi catechismi tra gli anni ’70- ’80, membro della consulta dell’Ufficio Catechistico Nazionale fino agli 80 anni.
Non si può dimenticare la cura, portata avanti per vari anni, del fascicolo di “Catechesi” dedicato ai ragazzi o preadolescenti (insieme a don Damu e don Suffi); articoli e libri di metodologia della catechesi ai ragazzi e preadolescenti; tanti articoli, anche di indole storica e internazionale, in particolare su “Catechesi”, per giustificare e spiegare la svolta catechistica postconciliare, in Italia; collaborazione per la redazione del Documento Base della catechesi italiana e dei catechismi CEI prima edizione (specie quello dei ragazzi); collaborazione attiva con l’Istituto di Catechetica dell’Università Pontificia Salesiana per l’impostazione e lo svolgimento dei famosi Corsi estivi di pastorale catechistica che a partire dai primi anni ’70, hanno diffuso in molte diocesi italiane la nuova visione della catechesi maturata con il Concilio. La sua capacità catechistica gli procurò il gradito invito di partecipare più volte a delle riunioni con il beato Giovanni Paolo II per le catechesi del mercoledì, accanto al futuro Benedetto XVI, e condividere la mensa e un dialogo saporoso. Una sua passione era di curare la biblioteca di catechesi come fece a Leumann, biblioteca del Centro Catechistico Salesiano, e poi qui all’UPS, con competenza e perspicacia.
c. Ma qui siamo già entrati nella terza fasedella vita di don Gianetto: la sua venuta a Roma all’UPS, a partire dal 1981 membro del glorioso Istituto di Catechetica, in cui ebbe come cattedra la catechesi dei preadolescenti e di storia della catechesi Quest’ultima cattedra che lo rese pioniere in Italia, fu onorata non tanto dal contatto con i libri di una biblioteca, ma nell’incontro cercato e vissuto con giovani studenti provenienti da ogni parte del mondo. La loro vita era per lui pagine di storia della fede da conoscere e valorizzare, da parte degli alunni stessi e del corpo docente. I meriti in campo catechistico sono indiscutibili e sarà compito riprenderli in maniera opportuna. Impegnò il suo interesse anche sull’insegnamento della religione per la scuola media. Il libro Religione e vangelo oggi in Italia, in tre volumi, rimane il testo di religione tra i più riusciti nell’editoria italiana, uno dei testi che ha meglio capito la mens del legislatore in merito all’IRC nella scuola. Membro della Facoltà di Scienze dell’Educazione, ne condivise a fondo e in misura stimolante, le finalità educative collaborando alle varie iniziative.
Come ebbe a scrivere il presidente dell’Associazione Italiana Catecheti, Salvatore Currò: “Tutti noi abbiamo ricevuto tanto da don Gianetto (penso soprattutto ai tanti di noi che sono stati suoi allievi, ma non solo) e abbiamo nel cuore la sua bontà, la sua apertura mentale, la sua grande competenza. L’apporto da lui dato alla ricerca catechetica contemporanea, con sensibilità storica e con apertura internazionale, è essenziale e straordinario. Don Gianetto è stato un grande lavoratore nel campo della catechetica, lo ha percorso in lungo e in largo senza soste e affrontando ogni fatica. Ci colpiva sempre la sua grande cultura mista a grande semplicità nel rapporto umano”.
Sarebbe da seguire l’intreccio tra vita accademica e vita comunitaria nella comunità San Domenico Savio vissuta da don Gianetto: capitolo indimenticabile di serietà e serenità, essendo felice di portare avanti un dialogo di verità e di umanità, con i suoi famosi ‘no’ che volevano dire ‘sì’ ma partendo all’incontrario. Chi potrà dimenticare la cortese contesa con don Gatti? I suoi diari che formano tanti volumetti attestano assieme a una capacità di memoria impressionante, la volontà di non lasciare perdere nulla di ciò che è vero, di ciò che è buono quando è frutto di esperienza.
d. Siamo così giunti all’ ultima jàse quando, diventato emerito, ebbe a soffrire nella deambulazione. Diciamo subito che la sua comunità ne ebbe cura, in particolare ricordiamo don J. Bajzek. Ma don Ubaldo non si ritirò dalla ‘mischia della vita’ (tale fu per lui un po’ la vita). Come ha scritto il Rettore Magnifico, don Carlo Nanni, invitando il corpo universitario al funerale: “Ricordiamo don Gianetto con gratitudine per il suo instancabile ed esemplare spirito di servizio che ha continuato nonostante il peso degli anni e degli acciacchi, fino al giorno prima della sua malattia”. In che modo? Don Ubaldo ebbe a scrivere di sé recentemente: “Dal 2009 cammino con un deambulato re, dormo nel reparto dell’Assistenza Anziani, servito con grande amore dalle Suore dei Sacri Cuori, ma posso recarmi ogni giorno in ufficio per ricevere gli studenti. Mi sono dedicato soprattutto agli studenti non italiani che devono scrivere in italiano perché i professori non conoscono la loro lingua: dell’Europa orientale, soprattutto ucraini e dell’Asia sud-orientale: tailandesi, coreani e in particolare cinesi”. Don Ubaldo aveva la conoscenza delle principali lingue europee, compreso il russo, frequentando perfino una scuola di cinese, rimanendo alla fine però studente unico. E queste sorelle e fratelli della Cina lo hanno accompagnato fino alla fine con filale affetto, testimoniandolo ampiamente nel giorno dei funerali.

3. Un cammino di qualita
Volendo ora, sia pur ma rapidamente, fissare di don Gianetto qualche lineamento umano e cristiano, notiamo la sua intelligenza brillante, una memoria tenacissima fino nei dettagli, giudizio critico equilibrato e alla fine sempre benevolo. Si può dire che fosse preciso da apparire pignolo, tenace da sembrare testardo, raccoglitore instancabile di quanto riteneva utile per la conoscenza. E non era mai abbastanza! La sua stanza era un archivio, ordinato piuttosto … allegramente!
Non scrisse molti libri, perché forse la sua analiticità glielo impediva, ma molti articoli catechistici di pregevole fattura che meritano essere raccolti. In compenso aiutò molti nella guida di licenze e dottorati. Non fu soltanto un professore universitario, ma un vero maestro. Nella sua condotta esteriore va segnalata la sua riservatezza che evitava sempre di emettere giudizi su altri, non indulgeva al gossip e al linguaggio banale e triviale. Don Ubaldo fu intimamente buono verso tutti, non conservava rancore, non riusciva a farsi dei nemici perché era giusto, leale, comprensivo, a suo modo combattivo e insieme paziente. Di una umanità umile e accogliente. Un aiuto non lo negava a nessuno. Si poteva pensare diversamente da lui, ma non si poteva pensare contro di lui, perché egli non pensava contro di te.
Tale umanità aveva il suo fondamento in una vita religiosa esemplare nell’osservanza dei voti, della povertà in particolare (aveva pochissime cose personali, non disponeva di denaro), era presente puntualmente a tutte le pratiche di pietà e agli atti della vita comunitaria, ai pranzi come alle passeggiate. Aveva il pregio di suscitare buon umore anche nei momenti difficili. Lo muoveva un grande amore a Don Bosco così vicino a lui fin dall’infanzia, approfondiva la natura e qualità della vocazione salesiana, e nei suoi vari interventi nella comunità spesso si riferiva al nostro Santo fondatore e invitava a seguire le sue orme. Svolse la missione giovanile propria del salesiano con la formazione catechistica dei futuri educatori dei giovani.
Dicendo don Gianetto in quanti l’hanno conosciuto, viene spontaneo sul volto un sorriso, nella mente il ricordo di un confratello indimenticabile, nel cuore la gioiosa certezza che lo Spirito del Signore lo ha fatto nuova creatura, potendo ora godere dell’incontro diretto con Maria Ausiliatrice, Don Bosco, i suoi cari, dicendoci uno dei suoi famosi ‘no’: “No, non sono morto, sono vivente e prego per voi”.
Due ultime voci della sinfonia. Da parte della prof. Franca Feliziani Kannheìser: “Don Gianetto è stato un uomo dalla giovinezza e dalla freschezza inesauribili, catecheta competente e appassionato. Penso che anche in Paradiso continuerà a ricercare, appassionarci, darci delle buone idee. Non lo abbiamo perso”. Scrisse don Gevaert, da anni nell’Istituto di Catechetica: “Con don Ubaldo si perde un grande confratello, un’anima apostolica e generosa fin all’ultimo momento, al di là dei confini e dei continenti. Certamente il Signore l’accoglierà nella vita eterna. Preghiamo per lui e ringraziamo il Signore per quest’uomo”.

4. Un grande grazie Riportiamo la voce di un membro della comunità San Domenico Savio cui don Gianetto apparteneva. Dice in sintesi il pensiero di tutti.
“Grazie di cuore a te caro don Gianetto per tutto quello che sei stato e fatto per la nostra comunità e per la nostra Università. Tu hai sempre amato la tua comunità e la tua Università, fin dall’inizio della tua presenza qui all’UPS. Ti ringraziamo soprattutto per la tua testimonianza di fede, una fede profonda, vissuta e continua, per il tuo amore per la Chiesa, per la tua devozione filiale a Maria Ausiliatrice, per il tuo grande amore a Don Bosco e alla Famiglia Salesiana. Grazie per la tua testimonianza di fedeltà alla vita comunitaria che ci ha colpito sempre! Grazie per la tua testimonianza di amore per i giovani soprattutto per i più bisognosi. Avevi un cuore aperto e affettuoso in particolare per gli studenti stranieri (vietnamiti, coreani, thailandesi e soprattutto i cinesi). Ci mancherai moltissimo: saremo privi tua presenza costante in mezzo a noi (il tuo posto fisso nella cappella, nel refettorio, nell’assemblea comunitaria), il tuo sorriso, il tuo NO (che spesso significava SI), le tue battute, i tuoi litigi soprattutto con coloro a cui volevi bene, i tuoi racconti della Seconda Guerra mondiale, le tue opinioni soprattutto di politica che non volevi mai cambiare, le tue buonenotti su Don Bosco, le passeggiate del sabato nonostante gli acciacchi avanzassero, la gita comunitaria che amavi tanto.

Ciao e arrivederci carissimo don Gianetto. Ti aspettano in paradiso, tra gli altri, tre grandi amici e compagni tuoi: don Riggi, don Gianola e don Giannatelli. Loro ti daranno il benvenuto e ti accompagneranno. Spesso avevi espresso il desiderio di viaggiare e vedere tutto il cosmo, tutto il creato. Questo fu anche in desiderio di don Gianola: era curioso vedere tutta la meraviglia del creato; e tu, vuoi saltare da una galassia all’altra e poi anche possedere una galassia intera per te. Il Signore ti conosce e vedrà di venire incontro a questi tuoi piccoli, originali desideri. Eri fatto così!”.
Una volta don Ubaldo ha scritto in una delle sue lettere a uno dei suoi amati exallievi, accennando alla sua bellissima Galassia: “Ci attende un futuro bellissimo, in un mondo infinitamente più bello di questo che già ci piace tanto. Il Signore prepara cose straordinarie per noi, per tutti.. .”. Siamo certi che la sua convinzione non sia più per lui speranza ma certezza!
Arrivederci caro don Gianetto!