La bolla Ipad: come se Second Life non avesse insegnato nulla agli onanisti digitali

E’ bello scoprire che qualcuno in giro la pensa come ci scrive su questo blog, via Luca Sofri

Quello che sta succedendo in giro con iPad sta – in forme diversissime – nella stessa raccolta di favole di quello che successe in Italia con due fenomeni diversissimi, Second Life e Facebook. Non è la cosa che volevo dire, in realtà, ma mi è venuta in mente strada facendo e quindi la premetto tipo “opening act” di questo post. Quello che ci vedo in comune è il successo – presso un pubblico non accortissimo sulle cose della rete e delle nuove tecnologie – di inattese e laterali scorciatoie d’accesso alla rete e alle nuove tecnologie. Second Life (lo straflop annunciato) era fatto così a forma della vita fuori dalla rete da riassumerlo nel suo stesso nome: era facile da capire per i profani, che ci saltarono sopra (usandolo o parlandone) sentendosi improvvisamente a loro agio e non estranei. Facebook (il successo planetario) ha portato in rete masse di nuovi utenti che ne erano rimaste escluse con sentimento di inadeguatezza offrendo loro tutto quello che era familiare nel loro mondo extra-internet: i vecchi compagni di scuola, le foto da mostrarsi, i luoghi del cucco, le conversazioni da caffè 24 ore su 24. iPad (il fenomeno malinteso) è stato acutamente presentato da Jobs come un giocattolone che serve prioritariamente a leggere i giornali e i libri (invece del versatile computer che è), attività e oggetti familiarissimi e riprodotti con pigra fedeltà agli originali.

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