Il CSI fa gola (a chi ?)

Rovaris risponde alle critiche al CSI Piemonte

Leggo che il centrodestra è pronto a smembrare il Csi Piemonte, apprendo delle preoccupazioni del centrosinistra che, comunque, parla di mancanza di strategia e mi domando: perché? Il consorzio va bene, economicamente e produttivamente. Tutto si fonda sull’errata premessa che il Csi sia in crisi. Non è così. Forse la congiuntura tra elezioni politiche e il rinnovo del direttore generale sta agitando un po’ troppo la politica. Il consorzio è un bel boccone e qualcuno potrebbe farci dei soldi scardinandolo e rivendendolo sul mercato».

Renzo Rovaris, direttore generale del Csi Piemonte fin dalla sua istituzione nel 1977, non ci sta a fare da bersaglio. Soprattutto non vuole che la sua creatura sia trattata come tale. Le critiche piovute nei giorni scorsi non lo scompongono. «Il capogruppo di Forza Italia-Pdl in Regione, Angelo Burzi, dice che siamo indietro di dieci anni. Allora spieghi perché l’anno scorso abbiamo preso sette premi dal ministro della sua maggioranza Renato Brunetta e perché anche quest’anno ne abbiamo presi cinque», dice Rovaris.

Certo, quel documento della Booz&Co che ha analizzato i costi riducibili del consorzio su mandato dello stesso Rovaris, proprio non ci voleva che finisse sui tavoli del Consiglio regionale. «Si tratta di migliorie che stiamo già attuando – spiega Rovaris -. Tra l’altro l’analisi di Booz&Co ci sembra un po’ eccessiva. Calcolano tagli compresi tra i 25 e i 34 milioni per restare sul mercato. Noi siamo convinti che 10-12 basteranno: 2 li abbiamo recuperati da maggio, altri 5 il prossimo anno, una dozzina nei prossimi due».

Secondo il direttore generale non è vero che le consulenze sono alte: «Ci sono nostri collaboratori che hanno un livello tale che, sul libero mercato, verrebbero pagati 150 mila euro l’anno, come posso pagarli meno di 100?». Poi, è vero, alcune figure esterne potrebbero essere coperte da professionisti interni: «Ma ci vuole formazione, per questo stiamo già procedendo». Le tariffe alte? «Su alcuni servizi abbiamo effettivamente il 10% in più, ma è anche vero che l’analisi di Booz&Co si è basata su contratti standard e noi offriamo molto di più alle amministrazioni pubbliche». Il vero nodo, secondo Rovaris, sono i tempi lunghi per i progetti: «Stiamo lavorando per ridurre quello tra la proposta dell’amministrazione e il momento in cui effettivamente partiamo. Molto spesso questo periodo si allunga per le modifiche continue richieste dal cliente».

Ma a passare per inefficienti, no, Rovaris non ci sta. «Guardi: gestiamo un progetto per la sanità albanese, uno per le acque tunisine, un altro per le telecomunicazioni in Romania. Riceviamo riconoscimenti da tutto il mondo e di recente l’Unione Industriale ci ha scritto una lettera per ringraziarci: le nostre attività all’estero fanno lavorare le imprese piemontesi fuori dai confini nazionali».

I bilanci? Positivi. «È vero, la Regione quest’anno ci ha dato commesse per 106 milioni, 5 in meno rispetto al 2008, e il Comune di Torino è passato dai 38 milioni del 2005 ai 28 di oggi – spiega il direttore del consorzio informatico – ma non è mancanza di fiducia, è mancanza di soldi». C’è stata una riduzione del 4% che, in tempi di crisi, non è molto. Poi, certo, il problema dei pagamenti c’è. «Noi viviamo in una curiosa situazione: i nostri clienti sono anche i nostri padroni. Ma i mancati pagamenti ci stanno creando non poche difficoltà: gli enti locali ci devono 115,4 milioni. Noi un po’ abbiamo tamponato con le banche, ma ormai abbiamo raggiunto il tetto della nostra esposizione, 60 milioni, e cominciamo ad avere difficoltà a pagare i nostri fornitori. Oggi stiamo pagando agosto».

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