L’Italia che consuma informatica, ma non la produce

Durante la parte finale della presentazione torinese del libro di MCC e di Franco Giacobazzi si accennava al solito alla nota e notoria arretratezza delle risorse ict e di rete delle Pmi e non solo in Italia. Il problema ha radici antiche storiche e culturali, ma le sue cause prime sono legate all’oggettiva arretratezza dell’informatica italiana che alle origini dei computer era di qualità internazionale.

Poi si è assisitito a un silenzioso omicidio dell’informatica sperimentale dei tempi, si è dovuti ripartire quasi da zero, in un ambiente ostile, in un contesto molto più orientato all’intralazzo commerciale che alla ricerca di nuove soluzioni. Gli informatici di grido sono stati per troppo tempo commercianti piuttosto che sviluppatori.

Lo sviluppo del software open source e del free sotware ha creato una nuova generazione di informatici dinamici, creativi, integrati, competenti, seri che stanno colmando il gap culturale, ma oramai siamo nella coda dell’Europa. Siamo un paese di consumatori di informatica, non un paese che produce informatica.

E in un paese del genere con poca cultura è difficile che si diffonda un humus che diffonda la voglia di innovare nelle PMI attraverso gli strumenti dell informatica e di internet o del furoreggiante web 2.0.

Per ora si continua a fare molte parole, ma nel concreto si realizza poco per essere un paese da G8.