Business model possibili per i giornali

Andrea Fama via LSDI

Secondo Frédéric Filloux di Monday Note, la pubblicità on-line “fa schifo” e la maggior parte delle campagne sono solo un incentivo ad installare un AdBlock software. Vista così, non c’è da meravigliarsi se il business model fondato solo sulla pubblicità (che finora ha imperato su Internet) stia gradualmente disgregandosi lasciando emergere dubbi strategici, errori di valutazione e nuove prospettive di business. E che l’advertising on-line sia in crisi (sebbene in Italia il trend sia ancora positivo) lo dicono i numeri.

– La crescita dei volumi pubblicitari, se ci sarà, sarà minima. Negli U.S.A., ad esempio, si è registrata una crescita del 10,6% (il peggior risultato dal 2002), e secondo le previsioni Nielsen il 2009 vedrà una contrazione drammatica, portando il volume di crescita  al 4,6%.

– I prezzi sono in caduta libera. In Francia, molti grandi siti sono passati da 10€ CPM (cost per thousand impression)  a 7 o 8€.  L’azienda di marketing PubMatic prevede una contrazione del 48% del CPM tra l’ultimo trimestre 2008 e il periodo corrispettivo nel 2009.

Più crescono gli spazi, più scendono i prezzi. Quest’anno molti siti svenderanno circa il 50% dei propri spazi pubblicitari invenduti ai network pubblicitari.

– Il click-through-rate non cresce, superato dalla formula pay-for-performance che abbatte ulteriormente le entrate.

Anche i principali modelli di advertising (vedi grafico – fonte IAB) sono a rischio o stanno subendo sostanziali cambiamenti.

Banner: diminuiscono sempre più (per mancanza di budget adeguati, creatività, trageting) a tutto vantaggio del search advertising;

Classified Ads (o piccoli annunci/annunci classificati): segnati dal rallentamento economico, nel 2008 hanno registrato un – 4%, con previsioni al ribasso per il 2009.

– Search: è il formato che incassa (oltre il 50% quest’anno) e cresce di più (+20% nel 2008, crescita doppia rispetto all’intero settore), ma tali performance comportano prezzi in caduta e un tornaconto economico che penalizza i siti a favore di Google (leader incontrastato con il 70% del mercato secondo eMarketer