Il Rapporto Caio direttamente in rete

Domani il PD Organizza un convegno su L’Italia in rete – le proposte del Pd per la banda larga e le Ngn”. Si parlerà ovviamente anche del Rapporto Caio spuntato dalla rete. Via Corriere

Era stato presentato al governo il 12 marzo scorso. Qualche parziale anticipazione era uscita sulla stampa. Poi, non si era saputo più nulla sul “rapporto Caio”, il documento preparato su richiesta dell’esecutivo da Francesco Caio sullo stato di salute della banda larga in Italia. Reazioni dal governo Berlusconi? Riflessioni? Secondo le indiscrezioni qualche passaggio ci sarebbe stato nel frattempo con il ministro Renato Brunetta che punta sull’e-government. Nulla di più. Ma per ironia della sorte è proprio sulla rete, quella stessa che Caio descrive malata di «osteoporosi», che il documento è emerso ieri.

Il sito dove le 105 pagine sono ormai di dominio «pubblico» è Wikileaks, un braccio dell’enciclopedia online Wikipedia nato proprio per strappare dalla segretezza delle decisioni dei governi in giro per il mondo documenti che influenzano le decisioni pubbliche. Almeno da oggi la discussione sarà aperta. Come era emerso il governo di fronte a uno stato di forte rallentamento privato degli investimenti, sia di Telecom sia dei gestori mobili, ha tre opzioni a seconda dei propri obiettivi, ma tutti perseguibili con investimento pubblico. Il primo: conquistare la leadership in Europa. Per raggiungerla Caio vede come unica opzione il famoso scorporo della rete da Telecom di «rovatiana» memoria con la costituzione di una società pubblica per gestire insieme rame e fibra (investimento: 10 miliardi).

Ma è sull’opzione due, quella che pragmaticamente ha le maggiori possibilità di attuazione, che emergono conflitti: il piano «per non arretrare in Europa implica la creazione di un’azienda rete nazionale in fibra». Ma in teoria si potrebbe così profilare uno “scontro” tra Telecom e Stato con due sviluppi paralleli di reti succedanee. Proprio per questo «la soluzione migliore sarebbe il modello olandese (Kpn), cioè un consorzio partecipato dallo Stato ma anche da Telecom. Solo così la società potrà decidere di ritirarsi dal rame man mano che avanzerà la fibra. La soluzione, una volta che il governo avrà valutato le proprie politiche industriali non potrà che passare da un tavolo». Terza opzione, obiettivo di minima: 1,2 miliardi in tre anni per colmare il digital divide che se si considera una velocità di 2 megabyte, giudicata da Caio il minimo per poter parlare di internet veloce, sale ben sopra alle stime attuali «al 12% della popolazione italiana, pari a 7,5 milioni di cittadini senza accesso alla banda larga». Poi si vedrà