Sul Csi Piemonte volano i corvi

Via Lo spiffero 1 e 2

Il Csi, il consorzio informatico pubblico partecipato da Regione, Comune e Provincia, al centro di recenti polemiche circa presunte inefficienze gestionali, denunciate negli scorsi mesi dall’opposizione di centrodestra, torna prepotentemente nell’occhio del ciclone. Ai rilievi degli esponenti del Pdl (il consigliere comunale Michele Coppola e il capogruppo regionale Angelo Burzi) si aggiungono ora accuse precise e circostanziate da parte di un “corvo”, assai informato, che in uno scritto non firmato svela episodi a dir poco inquietanti.

Questa volta è una lettera anonima, indirizzata tra gli altri anche al “Nucleo reati contro la pubblica amministrazione” guidato dal magistrato Andrea Beconi, a mettere sulla graticola l’ente presieduto da Francesco Brizio (figlio dell’ex presidente democristiano della Regione e supporter della Bresso) e diretto da oltre trent’anni, cioè sin dalla sua istituzione (1977), da Renzo Rovaris.

Sebbene l’autore si celi dietro l’anonimato non si tratta di una missiva generica, contenente accuse fumose e sommarie, ma di un dettagliato dossier corredato da numerose cifre sui “mali” del Consorzio: l’incremento incontrollato dei costi della struttura denominata “Affari generali” (oltre l’80% tra il 2004 e il 2008, passato da 1,4 milioni a 2,6 milioni) di quella relativa agli approvvigionamenti e al settore legale (era di 1,6 milioni nel 2004 e nel 2008 ha toccato la cifra di 3 milioni, con un aumento di oltre il 90%); la dilatazione abnorme delle strutture di staff (che nel 2004 pesavano sul bilancio per 20,3 milioni e nel 2008 sono arrivate a 26,5 milioni, cioè un più 31%).

Una consulenza non la si nega a nessuno. Al tesoriere della campagna elettorale della Presidente della Regione, all’ex socio di un assessore, ai sodali di partito, all’ex sindaco, agli addetti stampa di politici, ad amici, figli e parenti di qualche notabile locale: c’è posto per tutti. Un contrattino, senza bisogno di gare né fastidiose selezioni. Una telefonata, un caffè e voilà, benvenuti nel magico mondo dell’Ict, l’information and communication technology casalinga.Sembra proprio questa la filosofia che ha ispirato il Csi, il consorzio informatico pubblico partecipato da Regione, Comune e Provincia, nell’affidare all’esterno la mole consistente  di incarichi di collaborazione (quasi duecento in un biennio). Una “vera e propria corte di adepti, una sorta di para azienda che, senza di fatto produrre nulla di significativo, vive in modo parassitario”, secondo l’anonimo estensore di un dettagliato dossier inviato negli scorsi giorni alla magistratura (Procura e Corte dei Conti), alla Guardia di Finanza (all’attenzione del generale Sebastiano Galvino), ai vertici delle istituzioni locali e all’opinione pubblica (La Stampa e Repubblica).