La tangentopoli diffusa preoccupa SB

Via Corriere

Perché, ameno di un mese e mezzo dalle Regionali, il terremoto provocato dalle inchieste incrociate o distinte che toccano i massimi gangli del potere del partito e del governo — dalla giunta milanese al vertice della Protezione civile, al coordinamento del partito nella persona di Denis Verdini— non può non preoccupare seriamente il premier. Che pure continua a pensare ad un attacco preordinato, ad una «giustizia ad orologeria», che difende ancora Bertolaso sul quale non gli sembra siano usciti fatti penalmente rilevanti, ma che sa benissimo come l’aria sia sempre più pesante, e sa altrettanto bene come tanti nel Pdl ormai si chiedano «fino a quando Bertolaso potrà resistere senza dimettersi». Come reagire? «Bisogna far capire che si tratta di singoli casi di corruzione, di singole persone che sbagliano, non di un sistema generalizzato come quello di Tangentopoli», è stato il refrain del Cavaliere, peraltro su questo punto in linea con Gianfranco Fini.

Una linea che verrà adottata da tutti e da lui stesso, che ieri ha voluto partecipare a una cena per la raccolta di fondi per il partito lombardo a villa Gernetto (e qui secondo alcuni partecipanti avrebbe difeso Guido Bertolaso: «È un galantuomo»), e che oggi presenterà le candidate presidenti delle Regioni. Ma nessuno sa se basterà a fermare la marea montante che — temono nel Pdl— potrebbe «non fermarsi qui». Si sussurra infatti di un allargamento dell’inchiesta di Firenze a vette inimmaginabili, si teme un coinvolgimento di altri personaggi di spicco nell’inchiesta milanese, il che potrebbe addirittura mettere in dubbio — dicono gli amici più stretti del Cavaliere— la vittoria nella blindatissima Lombardia.

Per questo tutti chiedono a Berlusconi di prendere in mano la situazione: mettendo in riga i vertici del partito milanese, non limitandosi ad attaccare la magistratura che perseguita il centrodestra perché stavolta ci sono le intercettazioni che parlano da sole, ci sono le foto che provano. E soprattutto, bisogna subito dare corpo all’operazione «liste pulite», come ha promesso la Moratti e come è ormai necessario fare in tutte le Regioni. Perché il problema non sono più le veline che sbucano in questa o quella lista, ma gli eventuali scheletri nell’armadio di chi magari, anche inquisito, vorrebbe ricandidarsi o che è a rischio di coinvolgimento in attuali o nuove inchieste. Insomma, vietato far finta di niente: e non a caso è da Bondi e La Russa, gli altri due coordinatori del Pdl, che ieri sono arrivate parole inequivocabili sulla necessità di avere una classe politica «competente e onesta».

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