I furbetti dei prezzi degli ebook

Via Loredana Lipperini

L’entusiasmo generale verso gli eBook non contagia necessariamente gli scrittori. E non solo quelli miliardari come J.K.Rowling, che non ha mai nascosto la propria diffidenza nei confronti del libro elettronico e che solo recentemente starebbe (ma, si dice, a carissimo prezzo) convertendosi al digitale. Anche in Italia c’è chi si dichiara prudente, almeno finché non si chiariscono le posizioni degli editori per quanto riguarda i compensi di chi scrive. Pochi giorni fa, l’invito alla prudenza è venuto da Roberto Santachiara, uno dei maggiori agenti letterari italiani: aspettiamo a cedere i diritti digitali dei testi, ha scritto ai propri autori (fra gli italiani, Wu Ming, Carlo Lucarelli, Roberto Saviano, Simona Vinci, Valeria Parrella, Letizia Muratori, Giordano Bruno Guerri, fra gli stranieri, Stephen King, Thomas Pynchon, James Ellroy, Jefferey Deaver, Ian McEwan, James Hillman). E gli autori si sono detti d’accordo. Perchè, in tanto tripudio per il sopravanzare dell’eBook, c’è qualcosa che ancora non è stato detto, e che penalizzerebbe proprio chi scrive. Cosa?
“E’ molto semplice – dice Santachiara – Ho ragionato sulla migliore offerta ricevuta per quanto riguarda i diritti d’autore sugli eBook. Un’offerta, peraltro, standard: perché quasi tutti gli editori, soprattutto i tre grandi gruppi italiani, si orientano sulla stessa ipotesi. Ovvero: nessun nuovo anticipo per l’autore, e una royalty attorno al 25%. Ma sul netto defiscalizzato, e non sul prezzo di download”.

Cosa significa esattamente?

“Faccio un esempio. Se un eBook viene venduto a 10 euro, il 20% va subito all’ufficio Iva. Da 10 passiamo a 8. Da cui si deve detrarre il 30% , ovvero 2,4 euro, per spese e sconti ai distributori di rete. Restano 5, 6 euro. Ovvero, la cifra su cui viene applicata la royalty proposta. All’autore, dunque, arrivano 1,4 euro lordi a download.. Se ne deduce che tutti guadagnerebbero molto più dell’autore: senza il quale non ci sarebbe l’eBook, perché bene o male la sostanza dell’ intero business è data dall’opera letteraria. In un accordo serio, l’autore dovrebbe prendere il cinquanta per cento e suddividere i proventi netti con l’editore. Altrimenti, bisognerebbe mettere in copertina il nome del maggior beneficiario dell’operazione, e scrivere che il romanzo in questione è firmato da Carlo Lucarelli e dall’Ufficio Iva”.

Dunque, l’autore vedrebbe diminuire le proprie royalties per l’eBook nonostante ci siano meno spese oggettive?

“Infatti. Non solo ci sono meno costi nel produrre il libro, ma soprattutto non ci sono le rese e non c’è la gestione di un magazzino. Un libro che vende bene nel complesso può diventare un affare negativo per un editore se ha un numero di rese eccessive. Con gli eBook, l’editore non corre praticamente alcun rischio. Un panorama come quello che si va delineando è sintomo di un’assoluta mancanza di progettualità. Ed è assurdo, perché gli editori italiani non sono né isolati, né sprovveduti, né privi di rappresentanza parlamentare. Solo che, invece di ragionare sull’Iva, si sono dedicati a campagne a favore della lettura di dubbia efficacia. Quanto all’Aie, ad oggi non mi e’ ancora ben chiaro di cosa si occupi , dato che neppure sono riusciti a far rientrare l’abolizione delle tariffe postali agevolate per gli editori”.

La risposta degli editori