Il post Pisanu in agrodolce

Mentre qualcuno grida demagogicamente alla vittoria, occorre capire che può succedere alla faccenda del Wi-fi post Pisanu (via Zeus News)

La promessa di liberalizzazione del Wi-Fi fatta dal ministro Maroni è una di quelle questioni apparentemente semplici ma che, in realtà, possono nascondere serie complicazioni: la verità è che mancano ancora alcuni dettagli importanti e certe affermazioni sono poco chiare.

Già parlare di “abolizione del decreto Pisanu” richiede qualche precisazione. Secondo le parole esatte di Maroni, il ministro è convinto che “si possa procedere all’abolizione, diciamo, delle restrizioni del decreto Pisanu” e, a questo scopo, occorre procedere in due modi.

Il primo è semplicemente evitando di rinnovare il comma 1 dell’articolo 7, quello che prevede l’obbligo della richiesta di una licenza in Questura per chi voglia offrire accesso wireless: dato che tale comma è “a scadenza” (ossia richiede il rinnovo annuale per continuare a essere valido) è sufficiente aspettare il primo gennaio 2011 perché lo si possa ignorare.

Il resto del decreto, però, non prevede una data di scadenza: per abolire le altre norme contenute occorre presentare un decreto abrogativo. Perché sia vero – come ha promesso Maroni – che non servirà più la carta d’identità per l’identificazione, occorre preparare un documento apposito.

È a questo punto che entra in gioco la seconda parte delle affermazioni del ministro, quella in cui si precisa che nei prossimi due mesi una sorta di “tavolo tecnico” deciderà quali siano le misure più adatte per mantenere “gli adeguati standard di sicurezza”.

Possiamo quindi aspettarci un decreto che introduce l’identificazione vi SMS, ma difficilmente una vera “liberalizzazione” del Wi-Fi, se con questo termine intendiamo la possibilità di connettersi a qualsiasi rete pubblica e aperta senza dover effettuare alcuna operazione preventiva: le reti pubbliche, infatti, saranno verosimilmente sempre accessibili solo dopo aver ottenuto una password.

Lo stesso discorso si applica alla conservazione dei dati di navigazione: non è chiaro quali saranno in questo senso gli obblighi dei fornitori di accesso.

Se poi l’eventuale abolizione delle altre norme non sarà – come sembra – nel decreto, ma nel disegno di legge, occorrerà aspettare i tempi lunghi dell’iter parlamentare perché qualcosa cambi davvero.

Al momento, insomma, l’unica certezza è che non bisogna pensare che con gennaio cambi proprio tutto: occorrerà invece controllare che alle parole seguano i fatti, e verificare a quali conseguenze poi i fatti conducano.