Un occidente che sta traumaticamente gettando la maschera

Via Gennaro Carotenuto

Non vale la pena star lì a leggere i dettagli sui rapporti sessuali di Julian Assange in Svezia e sulla poco credibile accusa di stupro della quale ha ben dettagliato anche il settimanale l’Espresso. Si noti solo che, di fronte ad accuse per lo meno dubbiose, Assange, stranamente, non ha trovato alcuna solidarietà da parte dei maschilisti in servizio permanente effettivo, quelli per i quali la femmina provoca sempre, ha i jeans attillati e l’omo è omo. Anche loro si inchinano ad una superiore ragion di stato, che va oltre quella di genere, per la quale il signor Wikileaks andava fermato a qualunque costo, anche con un’accusa che ai più appare pretestuosa e fabbricata per delegittimarlo. E’ una ragion di stato che solo parzialmente si inserisce nella declinante centralità politico-economica occidentale e statunitense ma che appare soprattutto minare, sia nel bene che nel male, le basi della “società aperta” e dei diritti individuali.

Il primo punto segna il crinale del rispetto delle libertà digitali come paradigma delle libertà individuali. Non è un caso che fin da quando Internet è diventata quel che è, almeno tre lustri, i governi e le classi dirigenti occidentali flirtino con l’idea di imporre, in nome della nostra sicurezza, limiti, filtri, censure in modo appena meno brutale rispetto a quanto fanno regimi dittatoriali. Il loro sogno manifesto è ridurre l’irriducibilità della Rete come strumento orizzontale e non verticale, in grado di parlare da molti a molti e non dall’alto verso il basso. La vigliaccheria con la quale imprese come Visa e Mastercard stanno in questi giorni collaborando alla caccia all’uomo contro Wikileaks testimonia sia quanto poco sicuri sono i nostri dati nelle loro mani sia il sogno persistente di lasciare in piedi un’Internet solo commerciale, dove intrattenere e fare affari cancellando le peculiarità liberatorie della Rete nel campo della controinformazione ed in quella che Luca de Biase chiamò l’economia del dono. Oggi il caso Assange, e non perché questo sia Robin Hood, sembra divenire una sorta di battaglia decisiva nella quale c’è di nuovo in ballo lo scontro tra una Rete libera in grado di redistribuire il potere d’informare e una Rete controllata dal potere

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