La solita vecchia, insopportabile e ipocrita Torino

Bruno Babando su La stampa

Non sono amico di Giuliano Soria. Anzi, allorché nel 2007, in uno dei miei libri semiclandestini (almeno per l’establishment), descrissi l’opacità del sistema che governava il Grinzane Cavour, il caudillo del Monferrato in una telefonata mi sommerse di improperi e minacciò fuoco e fiamme (leggi carte bollate e querele).
Tutto si risolse con la cancellazione della presentazione di Torino, provincia di Milano (così s’intitola il sapido pamphlet) per “sopraggiunta indisponibilità dei relatori”, alcuni dei quali, oggi, sono in prima fila a stracciarsi le vesti, indignati e scandalizzati. Per quanto riguarda l’appuntamento in tribunale, sono ancora qui che aspetto. Non amico, quindi, e neppure garantista tout court.

Giacché ritengo che chiunque rivesta un ruolo pubblico, o vi aspiri, non possa essere neppure sfiorato dal semplice sospetto di un comportamento illecito, come la proverbiale moglie di Cesare.
Eppure, fatta questa premessa, chiedo a gran voce la scarcerazione di Soria. Non entro nel merito delle imputazioni che gli vengono contestate: spetta alla magistratura accertare se e come egli abbia realmente compiuto malversazioni e sottoposto ad angherie i suoi collaboratori. Mi limito a considerare perlomeno risibile che un giovanottone di quasi trent’anni, mauriziano o villico che sia, abbia anche solo per un attimo rischiato di mettere a repentaglio la propria supposta verginità a causa delle attenzioni morbose di un attempato professore che, nottetempo, si infilava tra le lenzuola del suo lettino. Né, francamente, mi convincono le ricostruzioni di una serqua di dipendenti vessati senza che ciò abbia mai provocato la loro benché minima reazione.


Storie di colf e maggiordomi, castelli e libagioni luculliane, viaggi e regalie: roba utile a uno scalcinato Balzac subalpino a caccia di un novello Lucien de Rubempré. Tutto ciò è degno di un feuilleton di terz’ordine non certo di Genet, e men che meno di Gide. Manca la tragedia, è semmai operetta da avanspettacolo.
Tirate fuori Soria dalla galera, quindi, perché ha già subìto la propria condanna: la gogna pubblica che da settimana gli è stata inflitta è per lui, megalomane e vanaglorioso all’ennesima potenza, la pena massima per le velleità di fama e i deliri di potere che hanno guidato la sua trentennale attività. Restituisca l’eventuale maltolto, si scusi con i sottoposti maltrattati, sia condannato ai lavori forzati nelle biblioteche civiche della Regione, ma esca subito dalle Vallette.

Lo chiedano anche coloro, e sono stati tanti, che in questi anni si sono mostrati particolarmente sensibili ai suoi servigi, quanti hanno beneficiato del migliore tour operator che il Piemonte abbia mai avuto, quelli che scodinzolavano per ricevere una patacca e baciavano, riconoscenti, la pantofola del patron del Grinzane. Per una volta, non vinca la solita vecchia, insopportabile e ipocrita Torino.

1 commento su “La solita vecchia, insopportabile e ipocrita Torino”

  1. Se spetta alla magistratura accertare se e come Soria abbia realmente compiuto malversazioni e sottoposto ad angheria i suoi collaboratori, credo che spetti alla stessa magistratura decidere se debba o no lasciare le Vallette, senza che altri si mettano a chiedere a gran voce che ne esca o che vi rimanga.
    Inviterei il signor Badando a usare più cautela nel giudicare situazioni che credo conosca solo per sentito dire. Io al Grinzane ci ho lavorato per tre anni (molto tempo fa) e posso dire che nulla di quello che si è letto nei giornali in questi giorni mi stupisce. Le angherie esistevano eccome, su base pressoché quotidiana, e scherzare sulle attenzioni morbose (anche queste del tutto verosimili agli occhi di chi ha avuto la sfortuna di conoscere da vicino il ‘Professore’) verso un extra comunitario senza permesso di soggiorno mi pare vagamente vergognoso.
    Il signor Badando avrebbe potuto cercare di immaginare come si sarebbe sentito a essere sommerso da improperi e minacciato di fuoco e fiamme non dall’altro capo di una linea telefonica (e pagato da un altro datore di lavoro), ma in un ufficio, di fronte a tutti i suoi colleghi, nella migliore delle ipotesi con un contratto di lavoro che poteva essere stracciato da un momento all’altro.
    Chi ha conosciuto il Grinzane da dentro credo abbia sempre immaginato che l’epilogo sarebbe stato quello che conosciamo. L’unica incertezza poteva essere sul come e quando. La vera vergogna di tutta la vicenda, come anche il signor Badando in qualche modo evidenzia, è assistere all’indecoroso spettacolo di tutti i cortigiani (giurati, assessori, presidenti di enti pubblici, scrittori, ecc.) che adesso si affrettano ad abbandonare la nave che affonda, facendo finta di non avere mai saputo o potuto immaginare. Vorrei che fosse chiaro a tutti che per una persona adulta dotata di un minimo di equilibrio era impossibile (ripeto: impossibile) non rendersi conto di chi fosse l’uomo Soria.
    Quindi, se la magistratura riterrà opportuno che l’ex Presidente del Grinzane resti alle Vallette, bene, che ci rimanga: le colpe si pagano e mostrarsi contriti a posteriori non sempre può essere sufficiente.

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