Così migravano

Putroppo gli italiani di un certo tipo non ricordano la storia degli italiani nel mondo  (Via RaiNews24)

Non amano l’acqua, molti di loro puzzano perché tengono lo stesso vestito per molte settimane. Si costruiscono baracche di legno ed alluminio nelle periferie delle città dove vivono, vicini gli uni agli altri. Quando riescono ad avvicinarsi al centro affittano a caro prezzo appartamenti fatiscenti. Si presentano di solito in due e cercano una stanza con uso di cucina. Dopo pochi giorni diventano quattro, sei, dieci. Tra loro parlano lingue a noi incomprensibili, probabilmente antichi dialetti.

Molti bambini vengono utilizzati per chiedere l’elemosina ma sovente davanti alle chiese donne vestite di scuro e uomini quasi sempre anziani invocano pietà, con toni lamentosi e petulanti. Fanno molti figli che faticano a mantenere e sono assai uniti tra di loro.
Dicono che siano dediti al furto e, se ostacolati, violenti. Le nostre donne li evitano non solo perché poco attraenti e selvatici ma perché si è diffusa la voce di alcuni stupri consumati dopo agguati in strade periferiche quando le donne tornano dal lavoro.

I nostri governanti hanno aperto troppo gli ingressi alle frontiere ma, soprattutto, non hanno saputo selezionare tra coloro che entrano nel nostro paese per lavorare e quelli che pensano di vivere di espedienti o, addirittura, attività criminali”.La relazione così prosegue: “Propongo che si privilegino i veneti e i lombardi, tardi di comprendonio e ignoranti ma disposti più di altri a lavorare. Si adattano ad abitazioni che gli americani rifiutano pur che le famiglie rimangano unite e non contestano il salario. Gli altri, quelli ai quali è riferita gran parte di questa prima relazione, provengono dal sud dell’Italia. Vi invito a controllare i documenti di provenienza e a rimpatriare i più. La nostra sicurezza deve essere la prima preoccupazione”.

Il testo è tratto da una relazione dell’Ispettorato per l’Immigrazione del Congresso americano sugli immigrati italiani negli Stati Uniti, Ottobre 1912

5 commenti su “Così migravano”

  1. Vittorio, quel testo lì circola da un po’ in Rete senza una fonte certa.
    Molto probabilmente è un rimasticamento del pacco di volumi che la Commissione Dillingham sfornò un anno prima (1911) e dove ci sono scritte comunque parecchie castronorie sugli italiani, in particolare quelli del sud Italia.

    • Caro Lorenzo
      Io avuto la sorte di avere un nonno che parti per l’america e deo gratias ci fece fortuna
      ho letto molto sull’immigrazione italiana negli USA, materiale scritto da italiani emigrati, studiosi del problemi, americani di altre etnie ecc.
      E il giudizio iniziale sugli italiani si appogiava sugli stereotipi descritti nel testo
      a presto
      VP

  2. No ma infatti Vittorio io non dico che non ci fossero pregiudizi razzisti nei confronti degli italiani, dico solo che quel testo lì, proprio quello, gira senza che nessuno ne abbia potuto verificare l’autenticità.

  3. Il testo non proviene da fonte attendibile. Ma e' invece attendibilissimo e scientificamente solido il ponderoso risultato della Commissione Dillingham, che in tempi non sospetti (1907) descrisse per la prima volta la complessita' etno-culturale delle genti italiche. Distinse in particolare quelli che erano attrezzati culturalmente per inserirsi nel modello di sviluppo americano, perche' in possesso di una propensione alla socialita' ed alla modernita' affine a quella dei popoli anglosassoni, germanici e scandinavi (altro che "tardi di comprendonio"!), dagli altri, che tali caratteristiche non possedevano. Questo gruppo di italiani veniva registrato ad Ellis Island nella categoria Keltic (o Celtic), a differenza degli altri, gli Iberic/Mediterranean, anche per i loro caratteri antropomorfici. Indovinate da quali regioni provenivano questi italiani affini per civilta' agli europei del Nord…ma e' facile, dalla PADANIA, che non esisteva ancora come stato, ma che gia' esisteva come nazione.

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