Houston has a problem

Via Repubblica

Houston, questa volta abbiamo davvero un problema: non c’è più un centesimo. Norman Augustine non la vuole buttare in politica, lui di mestiere fa il manager, è stato anche il capoccia della Lockeed, e quindi pure abbastanza navigato, e non solo nello spazio: ma i piani che aveva trionfalisticamente annunciato George W. Bush, sulla Luna di nuovo nel 2020, su Marte entro il 2050, beh, ce li possiamo scordare. “Non c’è alcuna probabilità che la Nasa riesca a imbarcarsi in una qualche missione nello spazio più profondo prima del 2028. Anzi”. La Nasa è finita, andate in pace.

Norman Augustine non è un esperto qualunque: è il capo del panel di becchini che da un momento all’altro dovrà salire alla Casa Bianca per annunciare la morte del progetto spaziale. E a seppellire quel sogno fatto balenare da John Fiztgerald Kennedy (“Prima che questo decennio finisca, un uomo arriverà sulla Luna e farà rientro sano e salvo”, 25 maggio 1961) sarà proprio lui, Barack Obama, l’uomo della nuova speranza, “Hope”, affossata dalla recessione.

Certo: tra un paio di giorni, nella notte americana tra lunedì e martedì, l’ennesimo Discovery partirà dal Kennedy Space Center di Orlando, Florida, per l’ennesima missione, due settimane di lavoro intorno alla Stazione Spaziale Internazionale. Ma preparate i fazzoletti: dopo 28 anni di carriera non sempre onorata, anzi macchiata da due tragedie come quella delle navicelle Challenger (1986) e Columbia (2003), sette morti in ciascuna missione, anche lo Shuttle è destinato ad andare in pensione proprio il prossimo anno. Sostituito da che cosa? Buio spaziale: prima che i lanci del nuovo sistema di trasporto, denominato Constellation, prendano quota, ci vorranno almeno altri quattro anni: e siamo al 2014.

Nel frattempo, altro che Nasa: se un astronauta americano vorrà accomodarsi nello spazio (e dovrà farlo, se non altro per andare e tornare dalla Stazione Internazionale) dovrà chiedere la gentilezza di un passaggio agli ex nemici della Russia. O della Cina, che dopo aver lanciato il suo primo razzo sei anni fa prevede di far allunare un velivolo entro il 2012.

Ma che cosa è successo alla gloriosa National Aeronautics and Space Administration? Che cosa è successo all’agenzia che Dwight D. Eisenhower approntò in tutta fretta all’indomani del lancio russo dello Sputnik che imbarazzò l’America e l’Occidente? Bob Parks ci va terra terra: “La verità è che i voli umani nello spazio non ci dicono più nulla” giura a “Wired” l’esperto dell’università del Maryland, ex direttore dell’Istituto americano di fisica. “Tutto quello che possiamo fare, possiamo farlo meglio, più a buon mercato e più velocemente con i robot”.

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