Diario del diario dello sciopero della fame di una precaria del Corriere

Blue eyes

Paola Caruso ha deciso di iniziare uno sciopero della fame e della sete per protestare per la sua situazione di precaria a vita al Corriere.

Sciopero della fame e della sete, le prime 24 ore.
Mi sento un po’ debole, ma sto bene. Oggi al telefono ho sentito qualche collega. Nessun altro. Al giornale lo sanno tutti e la direzione tace. Bene.
Spero che la mia protesta rappresenti la battaglia d’inizio di una guerra, la guerra dei precari che non accettano più di essere trattati da reietti.
Non so se riuscirò a far sentire la mia voce. Ci provo.

UPDATE: la discussione sulla scelta di Paola con qualche notizia in più su FF di Andrea Beggi

UPDATE2: Macchianera ha deciso di sospendere il suo sito e girare tutto il traffico sul  Tumblr di Paola. All’iniziativa stiamo aderendo in molti.

UPDATE3: Paola Caruso ha accettato di sospendere lo sciopero della sete e spiega meglio la sua vicenda. Ci sono molte cose interessanti da notare nel racconto di Paola. Chi chiede spiegazioni o si oppone alle irregolarità e alle prassi indecenti decise da chi vuole opprimere e condizionare i giornalsti viene minacciato ed emarginato.

Sciopero della fame e della sete, dopo le prime 24 ore. La novità è che ho bevuto. Mi hanno convinto gli amici, ma vado avanti con lo sciopero della fame.
Per chi mi ha chiesto i motivi della protesta ecco qualche dettaglio. Spero di essere chiara: al momento sono un po’ cotta e parecchio stanca.
La storia è questa: da 7 anni lavoro per il Corriere e dal 2007 sono una co.co.co. annuale con una busta paga e Cud. Aspetto da tempo un contratto migliore, tipo un art. 2. Per raggiungerlo l’iter è la collaborazione. Tutti sono entrati così. E se ti dicono che sei brava, prima o poi arriva il tuo turno. Io stavo in attesa.
La scorsa settimana si è liberato un posto, un giornalista ha dato le dimissioni, lasciando una poltrona (a tempo determinato) libera. Ho pensato: “Ecco la mia occasione”. Neanche per sogno. Il posto è andato a un pivello della scuola di giornalismo. Uno che forse non è neanche giornalista, ma passa i miei pezzi.
Ho chiesto spiegazioni: “Perché non avete preso me o uno degli altri precari?”. Nessuna risposta. L’unica frase udita dalle mie orecchie: “Non sarai mai assunta”.
Non posso pensare di aver buttato 7 anni della mia vita. A questo gioco non ci sto. Le regole sono sbagliate e vanno riscritte. Probabilmente farò un buco nell’acqua, ma devo almeno tentare. Perché se accetto in silenzio di essere trattata da giornalista di serie B, nessuno farà mai niente per considerarmi in modo diverso.

UPDATE4: aggiornamento a domenica 14 novembre sera: nessun media tradizionale italiano ha citato la vicenda di Paola , in un silenzio assordante, mentre buona parte della rete parla della vicenda di Paola. Evidentemente ci vuole qualcosa di più perchè i sepolcri imbiancati della stampa italiana abbiano il coraggio di pubblicare la notizia.

UPDATE5: Il Post racconta la vicenda di Paola Caruso

UPDATE6: è stato aperto su Facebook un gruppo Io sono Paola e un gruppo su FriendFeed

UPDATE7: è stato aperto su wiki che raccoglie link sulla vicenda di Paola Caruso

UPDATE8: Il sito FNSI riporta la vicenda di Paola Caruso

UPDATE9: La visione sul caso di Paola Caruso di Matteo Bordone

UPDATE10: Le considerazioni sul caso di Paola Caruso di Elena che con Roberto ed Alberto ha passato la domenica a casa di Paola Caruso

UPDATE11: L’ANSA riporta la vicenda e una risposta di De Bortoli

Una collaboratrice del Corriere della Sera, Paola Caruso, scrive sul suo blog di aver iniziato uno sciopero della fame asserendo di essere stata scavalcata per un posto «da un pivello di una scuola di giornalismo». Il direttore del quotidiano, Ferruccio De Bortoli, replica che «la sua protesta non ha alcun fondamento» e spiega:« in questo periodo, perdurando lo stato di crisi, non è stata fatta alcuna assunzione. La situazione alla quale si riferisce riguarda sempre un contratto di collaborazione accordato, alcuni giorni fa, a un giovane giornalista (che nessuno ha raccomandato) in sostituzione di un altro collaboratore». Sul suo sito Paola Caruso scrive: «Da 7 anni lavoro per il Corriere e dal 2007 sono una co.co.co. annuale con una busta paga e Cud. Aspetto da tempo un contratto migliore. La scorsa settimana un giornalista ha dato le dimissioni e si è liberato un posto. Ho pensato: ‘Ecco la mia occasionè. Neanche per sogno. Il posto è andato a un pivello della scuola di giornalismo. Uno che forse non è neanche giornalista, ma passa i miei pezzi». «Non ho mai ricevuto dalla collega Paola Caruso la richiesta di un colloquio -dice il direttore del Corriere della Sera-. Se lo farà, la riceverò volentieri, come faccio con tutti. Prego la collega Caruso di smettere lo sciopero della fame e di ritrovare serenità e misura». Il Cdr ha reso noto di aver chiesto un incontro urgente con la direzione per discutere la vicenda.

UPDATE12: Paola Caruso scrive a De Bortoli sul suo Tumblr

Caro Direttore,
in questo momento mi sento un topolino che si rivolge a un gigante. Ho letto le sue dichiarazioni in merito alla mia vicenda. In realtà le avevo scritto una mail per avvertirla della mia forma di protesta, ma capisco che può esserle sfuggita. Forse mi sono sbagliata sul tipo di contratto della new-entry, mi fa piacere sapere che i nuovi co.co.co. abbiano accesso al desk. A me non risulta.
Quando ho iniziato questa protesta, circa 48 ore fa, non mi aspettavo di suscitare tanto clamore. Ok, ci speravo, lo confesso. L’esasperazione che ho provato quando ho capito che al Corriere non sarei stata mai assunta non è solo mia. Lo stesso disagio coinvolge tutti i colleghi precari, non solo di via Solferino.
Con una scelta forte ho pensato di sollevare il problema per portarlo all’attenzione pubblica. E’ emozionante constatare che è andata così: la Rete ha diffuso il mio messaggio, il Cdr del Corriere si è occupato del mio caso, l’Fnsi ha pubblicato la notizia sul sito e altri giornalisti, precari e non, hanno espresso solidarietà.
Ora mi è stato comunicato che questi soggetti forse prenderanno posizione nei prossimi giorni. Il loro punto di vista servirà a far luce sui dettagli, spero. Ma soprattutto a sviluppare il dibattito su questi temi, a me molto cari.
I migliori saluti

UPDATE13: anche Liquida dedica una sezione alla storia di Paola Caruso

UPDATE14: Al terzo giorno di sciopero della fame Paola Caruso è un po’ demoralizzata, ma non molla

Sciopero della fame, terzo giorno. Ieri è stata una giornata dura. La risposta del direttore e le tante critiche mi hanno demoralizzata. Sono passata per la cretina di turno. Si è dubitato della mia buonafede.
Della mia storia cos’è poco chiaro? Il fatto che ambissi a un contratto migliore o che non mi immagino precaria a vita?
So che non varcherò più la soglia del Corriere (i colleghi mi avevano avvisata) e che non troverò posto in altri giornali (chi si prende una piantagrane?). Nel mondo della comunicazione sono bruciata. Se nessuno ha mai fatto un gesto come il mio è perché nessuno è disposto a pagare un prezzo troppo alto.
Questa protesta è frutto della disperazione e deve portare a delle conseguenze. L’obbiettivo è ribellarsi al sistema che ci tiene sotto scacco, cambiare le regole. Da sola non posso farlo.

UPDATE15:L’Italia che fa e l’Italia che lo avrebbe fatto meglio

Uno dei miei primi stage universitari è stato all’ANSA. Redazione web: tagliavamo, tagliavamo, tagliavamo e ricucivamo assieme testi lunghissimi per far stare una notizia intera in nove righe. Una bella esperienza, per me. Un bel guadagno per la redazione (che era abbastanza contenta del mio lavoro, ma chi si loda s’imbroda e quindi mi fermo qui). Una cosa, però, la misero in chiaro subito: non ci sarebbe stata alcuna possibilità di assunzione, neanche un contrattino a progetto, niente. Stage non retribuito e via andare. Perché “qui non fanno assunzioni”, in generale.
Qualche mese dopo il mio arrivo, venne un nuovo stagista. Simpatico, e secondo me neanche tanto male come giornalista. Di lui si sapeva già che sarebbe stato assunto, perché figlio di un altro giornalista che all’ANSA ci lavorava già. Si sapeva già, lo si diceva quasi apertamente (anche se – credo – mai di fronte al ragazzo in questione). Vedete? È un sistema, funziona così. Tutti quelli che sono nell’ambiente sanno che va in questo modo. E di giornalisti assunti, regolari, ormai non ne conosco quasi nessuno: sono tutti precari, in un modo o nell’altro.

UPDATE16: scrive Franco Abruzzo

“E’ una protesta nuova, che avrà un seguito anche in altre testate, dove i collaboratori sono sfruttati e offesi nella loro dignità di cittadini e lavoratori. L’inerzia del sindacato, che dura da anni, ha acuito i problemi e può spingere a forme proteste originali e anche di rottura”. Il Cdr ha reso noto di aver chiesto un incontro urgente con la direzione per discutere la vicenda.

UPDATE17: CNRMEdia pubblica la notizia del caso di Paola Caruso

Sta guadagnando attenzione il caso di una collaboratrice del Corriere, Paola Caruso, che da qualche giorno ha cominciato uno sciopero della fame per potestare contro la sua condizione di precaria a vita.

La giornalista, che collabora con il quotidiano di via Solferino da sette anni, racconta di avere fatto questa scelta estrema dopo essere stata scavalcata da un giovane di una scuola di giornalismo.

Dopo che un collega ha lasciato il suo posto, racconta sul suo blog, le speranze che si aprisse una possibilità per lei si erano fatte concrete. Invece questa persona avrebbe scalvalcato la coda di collaboratori che da tempo attendevano una opportunità. Nessuna spiegazione inredazione, se non un sibillino “Non sarai assunta mai”.

La vicenda ha catalizzato attenzione quando hanno cominciato a parlarne i blog e le testate in rete. Ora se ne stanno occupando il cdr del Corriere e la Fnsi, il sindacato dei giornalisti. Anche il direttore Ferruccio De Bortoli è intervenuto, dicendo di non avere mai avuto un colloquio con la giornalista ed invitandola a sospendere la sua protesta.

Una protesta, spiega la giornalista, che non vuole mettere tanto in luce il caso singolo, quanto la situazione dei migliaia di collaboratori che in Italia accettano compensi minimi e compromessi nella speranza di uscire dal limbo del sottoprecariato. Tanti di loro sono usciti proprio da quelle scuole di giornalismo, che oltre a non fornire una prospettiva lavorativa concreta, di anno in anno sono sempre più costose.

UPDATE18:Paola Caruso ha pubblicato un comunicato del Cdr

Abbiamo appreso da fonti esterne al giornale, che non abbiamo avuto modo di verificare, che Paola Caruso, collaboratrice dell’inserto Corriere Economia, ha divulgato su Facebook l’avvio di uno sciopero della fame per protesta contro l’assunzione al Corriere di un altro collaboratore proveniente da una scuola di giornalismo. Poiché non c’è stata alcuna richiesta di ‘deroga’ dalle regole sullo Stato di crisi da parte vostra, immaginiamo che si tratti di un contratto di collaborazione, ma anche su questo sarebbe comunque necessario fare chiarezza, perché l’uso smodato di collaboratori crea illusioni nei colleghi e distorsioni nel lavoro. Il Cdr si è attivato per contattare direttamente la collega e affrontare insieme la situazione, per tutelarne la salute e i diritti.

Il contratto in questione sarebbe mirato a realizzare parti del canale Internet dedicato all’Economia. E come sai i nostri accordi impediscono a chiunque non sia assunto di accedere al nostro sistema editoriale, sia quello dell’edizione cartacea sia quello online. Non sappiamo se tutto ciò, o solo una parte di questo, corrisponda al vero, ci preme però fare chiarezza al più presto.

Sottolineiamo che Cdr, Direzione e Azienda sono impegnati da un mese e mezzo in una complessa vertenza per allargare i contenuti multimediali e l’offerta online del Corriere della Sera. La trattativa si è finalmente aperta su richiesta della Direzione dopo che per 4 anni le domande di Cdr e Redazione sul futuro multimediale del Corriere erano state puntualmente ignorate.

Per noi non sarebbe accettabile, che proprio mentre si discute ad un tavolo sindacale su come realizzare i futuri canali Internet del Corriere, questi vengano appaltati all’esterno scavalcando ogni trattativa e con modalità assolutamente discutibili. Chiediamo un incontro urgente sia alla direzione sia all’azienda per fare chiarezza su questa vicenda che, se confermata, anche dal punto di vista umano e non solo sindacale, ha risvolti dolorosi e inquietanti.

UPDATE19: Vincenzo Iurrillo parla della vicenda di Paola Caruso sul Fatto Quotidiano

Si chiama Paola. Paola Caruso. E’ una giovane giornalista di 40 anni. Precaria. Come tanti. Come troppi. Ha deciso di fare lo sciopero della fame per protestare contro la mancata assunzione al Corriere della Sera. Da sette anni lavora per il Corriere, da tre anni ha un contratto di collaborazione coordinata e continuata (co.co.co), cedolino, Cud, con il quotidiano di via Solferino. Ma quando si è liberato un posto (a tempo determinato) per le dimissioni di un redattore, l’azienda le ha preferito un ragazzo proveniente dalle scuole di giornalismo. Che si tratti di una di quelle scuole dove insegnano, lautamente pagati, alcuni dei direttori e delle principali firme dei più grandi quotidiani nazionali, che sono poi i giornalisti che danno disposizioni su chi deve essere assunto e chi no nelle loro testate? Dal blog di Paola non si capisce. Ma il dubbio resta.

Andiamo avanti. Scrive Paola sul suo sito: “Aspetto da tempo un contratto migliore, tipo un art. 2. Per raggiungerlo l’iter è la collaborazione. Tutti sono entrati così. E se ti dicono che sei brava, prima o poi arriva il tuo turno. Io stavo in attesa.  La scorsa settimana si è liberato un posto, un giornalista ha dato le dimissioni, lasciando una poltrona (a tempo determinato) libera. Ho pensato: “Ecco la mia occasione”.

Neanche per sogno. Il posto è andato a un pivello della scuola di giornalismo. Uno che forse non è neanche giornalista, ma passa i miei pezzi. Ho chiesto spiegazioni: “Perché non avete preso me o uno degli altri precari?”. Nessuna risposta. L’unica frase udita dalle mie orecchie: “Non sarai mai assunta”. Non posso pensare di aver buttato 7 anni della mia vita. A questo gioco non ci sto. Le regole sono sbagliate e vanno riscritte. Probabilmente farò un buco nell’acqua, ma devo almeno tentare. Perché se accetto in silenzio di essere trattata da giornalista di serie B, nessuno farà mai niente per considerarmi in modo diverso”. Forza Paola.

UPDATE20: AGI riporta la notizia

E’ da tre giorni in sciopero della fame la giornalista, collaboratrice del Corriere della Sera, Paola Caruso, che nel suo blog racconta la forma di protesta per la sua mancata assunzione dopo sette anni di precariato nel giornale milanese. “Proseguo lo sciopero – dice Paola Caruso – non voglio mettere in difficolta’ la mia azienda ma solo sollevare il problema dei precari”.
La sua protesta e’ on line anche sul blog paolacars.tumblr.com. “Sono passata per la cretina di turno – scrive nel blog – si e’ dubitato della mia buona fede. Della mia storia cos’e’ poco chiaro? Il fatto che ambissi a un contratto migliore o che non mi immaginavo precaria a vita?”.
Sul diario on line la giornalista pubblica la foto della sua bilancia con l’indicazione del suo peso che ieri era di 42,8 kg e oggi di 42,2 kg. “So che non varchero’ mai piu’ la soglia del Corriere – scrive – e che non trovero’ posto in altri giornali (chi si prende una piantagrane?). Nel mondo della comunicazione sono bruciata. Se nessuno ha mai fatto un gesto come il mio e’ perche’ nessuno e’ disposto a pagare un prezzo troppo alto”. La notizia dello sciopero ieri ha portato all’invio da parte di Ferruccio De Bortoli, direttore del Corriere, di una nota che precisa che non c’e’ stato alcun contratto di assunzione al Corriere ma bensi’ di collaborazione e in cui il direttore prega la giornalista di interrompere il digiuno. Sulla vicenda e’ intervenuto anche il Cdr del Corriere che ha chiesto un incontro urgente al direttore perche’ chiarisca questa vicenda.

UPDATE21: Il sito dell’Ordine dei giornalisti sulla storia di Paola Caruso

“Lo sciopero della fame della collega collaboratrice del Corriere della Sera, Paola Caruso, è solo la punta dell’iceberg in un mondo fatto di quotidiani tagli economici e di piccoli e grandi soprusi che colpiscono i collaboratori di giornali e agenzie, di radio e televisioni, di testate on line”, afferma Enzo Iacopino, presidente dell’Ordine nazionale dei giornalisti.

“Un gesto, quello di Paola Caruso, di vibrante denuncia che deve portare alla luce una situazione che ormai non può più essere tollerata. Quella di colleghi professionisti e pubblicisti con anni e anni di esperienza, che restano ‘invisibili’ per comitati di redazione, capi servizio e direttori che li utilizzano molto, ma non danno loro la possibilità di avere progressioni di carriera, garanzie e un minimo di diritti.
E’ un far west di assunzioni ‘mascherate’ con contratti inappropriati e abusivati che non vengono mai sanati; giovani che invecchiano con una certezza: resteranno nella casta che occupa il gradino più basso della gerarchia giornalistica. Una vergogna inaccettabile sulla quale il governo che, indirettamente, dispensa provvidenze milionarie agli editori non ha il diritto di tacere. E non può tacere neanche il Parlamento che dovrebbe approvare in via d’urgenza la proposta di legge sui compensi ai giornalisti, da troppo tempo addormentata in commissione, una proposta che ebbe l’esplicita approvazione del ministro Giorgia Meloni, a nome dell’esecutivo
L’Ordine dei giornalisti appoggia la protesta di Paola Caruso che ha avuto il coraggio di denunciare quella che è una vera e propria piaga per la dignità della professione”.

UPDATE22:  Saverio Paffumi, Responsabile della Commissione Lavoro Autonomo dell’ALG (Associazione Lombarda dei Giornalisti)

Ormai per fare notizia bisogna fare cose strane, come salire sulle gru e sui tetti.
Oppure, come nel caso di Paola Caruso, colpire per la natura insolita del soggetto che sceglie una forma quasi “classica” di protesta, lo sciopero della fame.
A ciò si aggiunge il paradosso del giornalismo, che nel DNA ha ritrosia a ritenere se stesso degno di nota.
Così, se sui giornali spesso si parla di precari, difficilmente si nominano i precari del giornalismo, che comprendono sia i contrattualizzati in forma flessibile, sia i freelance sottopagati e mal trattati, ovvero la maggioranza.
Sta di fatto che la collega Paola Caruso è riuscita in ciò che lo stesso sindacato fatica a realizzare: porre in primo piano, o almeno in agenda, la questione del precariato nel confronto permanente con gli editori.
La Commissione lavoro autonomo dell’ALG segue con attenzione l’evolversi della vicenda e attende i necessari chiarimenti, che verranno anche dal CDR del Corriere della Sera.
Si può dire fin d’ora che il precariato, per quanto appaia banale ricordarlo, si combatte principalmente in due modi: estendendo il più possibile le assunzioni a tempo indeterminato e normando la flessibilità rimanente in modo tale da garantire dignità al lavoro e al lavoratore.
A questo principio generale non sfugge il nostro mondo, che oltre a dover difendere la qualità del lavoro ha la responsabilità di garantire ai cittadini la qualità dell’informazione.

UPDATE23: Michela Murgia su AffariItaliani sul caso di Paola Caruso

Il caso di Paola Caruso, la collaboratrice precaria del Corriere che ha iniziato lo sciopero della fame quando dopo sette anni le è stato detto che non sarebbe mai stata assunta, sta trovando in rete reazioni contraddittorie. Da un lato c’è chi sostiene che la sua battaglia è quella di una intera generazione che non riesce a progettarsi il futuro. Dall’altro c’è chi dice che non si può usare la minaccia dell’autolesionismo per chiedere per sé quello che altri attendono senza fare storie, magari invecchiandoci su. Non ho dubbi su da che parte stare: quando un sistema ti usa per quel che servi e fa finta di non vedere quello che invece serve a te, tutti i mezzi legali sono leciti per farglielo notare, anche quello che sta scegliendo Paola. Anziché riflettere sulle condizioni che possono spingere una persona ad affamarsi per chiedere diritti, si preferisce spostare l’ago dell’attenzione sul gesto in sé, sul suo estremismo, come se ad essere estreme non fossero le condizioni di una persona che lavora allo stesso “progetto” da sette anni senza ferie, malattie e diritti, con la sola promessa di un rinnovo. Forse. Se non c’è la crisi. Vediamo. Aspetta. Paola di aspettare si è stancata, e io credo che ne abbia anche il diritto. Come si sono stancati quei cinque operai che stanno da due settimane sulla gru a Brescia, a 35 metri di altezza, chiedendo regolarizzazione come cittadini e come lavoratori di un mestiere che fanno in nero da anni. Il governo a queste persone ha già dato la sua risposta: lo saprà Paola che il ministro Maroni è il primo firmatario di quella legge 30 che permette il rinnovo infinito della sua assunzione precaria?

A Maroni e a Sacconi va benissimo un Buonanni, uno che può permettersi di non essere informato del fatto che il giorno prima sono morti sette operai in un incidente in una fabbrica. Era in riunione, ha detto. Anche al Corriere avranno fatto una riunione per decidere come sistemare la questione di quelli come Paola. Magari quando finiscono ci avvisano. Forse. Se non c’è la crisi. Vediamo. Aspettiamo.

UPDATE24: Paola Caruso su Prima Comunicazione che pubblica una AGI

E’ arrivato al quarto giorno lo sciopero della fame di Paola Caruso, la giornalista collaboratrice del Corriere della Sera che protesta contro la sua condizione di “precaria a vita”. “Inizio ad avere qualche dolore muscolare – scrive sul suo blog – e sono davvero debole. I parametri vitali sono buoni e il medico dice che posso arrivare al massimo a 7 giorni, ma, se vede che sto male, mi ricovera. Spero di non arrivare a questo punto”. Ieri Paola Caruso ha pubblicato sul suo blog una video con una sua dichiarazione. “Se ho iniziato la protesta è perché non voglio pensare di restare precaria a vita – dice nel video – la mia condizione è disperata, almeno quanto il mio gesto, ed è la condizione di quanti come me affrontano ogni giorno i miei stessi problemi senza neanche poterne parlare liberamente. Quello che sto facendo non è soltanto per migliorare la mia condizione lavorativa, ma per rendere noto un problema diffuso quanto sotterraneo, che è quello del precariato in Italia”. Poi l’annuncio della prosecuzione dello sciopero. “Ho intenzione di andare fino in fondo – dice nel video – per l’affermazione di un principio costituzionale che per me è molto importante: il diritto di svolgere il proprio lavoro con la giusta dignità. La mia voce oggi è una flebile voce, ma potrebbe diventare un grido se condiviso oppure morire nell’indifferenza”

UPDATE25: Paola Caruso interrompe dopo cinque giorni il suo sciopero della fame

Sciopero della fame, quinto giorno. Fine. Oggi interrompo la protesta. Quello che ho potuto fare l’ho fatto. Ho raggiunto il mio obbiettivo: sensibilizzare l’opinione pubblica, almeno per quanto riguarda la Rete e gli organi legati all’editoria. Anche se la maggior parte della stampa tradizionale mi ha ignorata, nonostante i lanci di agenzia. Chissà perché?
Adesso è arrivato il momento di andare avanti con altri mezzi e strategie diverse per far discutere di precariato. Bisogna portare a casa risultati. Come? Rivoluzionare il sistema mi pare arduo, ma si può tentare di cambiare le regole, di dare più serenità ai precari, di garantire a tutti un lavoro dal valore monetario adeguato e  sufficiente a pagare affitto e mantenimento, senza l’aiuto della famiglia.
Purtroppo precarietà non significa flessibilità. All’estero un lavoratore flessibile ha uno stipendio superiore a quello di un dipendente a contratto a tempo indeterminato, almeno per quello che ne so. Questo permette ai flessibili di tutelarsi a proprie spese, non potendo usufruire delle tutele aziendali.
Desidero continuare a battermi sul tema, confrontandomi con chi ha il potere di garantire cambiamenti concreti. Se la mia storia diventa un esempio e spinge le istituzioni a evitare altri comportamenti del genere, avrò vinto la mia battaglia. La prima battaglia, sia chiaro. La prospettiva è di vincere la guerra.

A questo punto propongo alla Rete di cambiare l’hashtag, da #iosonopaola a #iosonoprecario e invito la blogosfera a raccontare le tante esperienze di precariato. Diamo voce a tutti. Date voce a tutti. Alle storie, alle  preoccupazioni, alle frustrazioni e ai rospi mandati giù. Anche in forma anonima. In modo che se ne parli e il problema venga a galla in maniera consistente e continua. Meglio senza sciopero della fame che vi assicuro è una forma di protesta devastante per il fisico e la mente. Parola mia. Grazie agli amici e a tutti quelli che, pur non conoscendomi, mi hanno sostenuta. Grazie, grazie, grazie.

12 commenti su “Diario del diario dello sciopero della fame di una precaria del Corriere”

  1. Con tutto il mio rispetto per le decissioni altrui, e la compassione che mi producono gli instinti autodistruttivi, anche conoscendo l'inutilità dei consigli e quella pure degli scioperi della fame e della sete quando solo si mettono in gioco dei casi particolari, sento che quella faccenda della giornalista precaria del Corriere non avrà nessun risultato pratico, eccetto quello di diventare anche piu' precaria nella sua propria salute fisica ed animica. Gli scioperi di fame e di sete si tengono in conto e si prendono sul serio quando riguardano uno scopo condiviso, generoso, piu'universale, staccato dal proprio cerchio personale, colpiscono quando si fanno spinti dalla solidarietà per le cause di flagranti ingiustizie verso i piu' disgraziati. Per esempio, soffire l'imprigionamento del ultimo premio Nobel per la Pace in Cina o quell'altro di Aung San Suu Kji o quegli scioperi della fame che faceva Gandhi o i resistenti per la giustizia dello 0'7 che hanno raggiunto tramite lo sciopero quella quota per il Terzo Mondo. Ma quando si è semplicemente un precario isolato in un giornale qualsiasi, diventa per il pubblico solo una curiosità pischiatrica. Di solito la gente bilanciata quando non si trova bene in un lavoro o si sente matrattata, lo denunzia alla giustizia tramite i sindacati e mentre quella lavora nel caso, si cerca un altro modo di guadagnarsi la vita, forse si deva prendere un lavoro qualunque per sopravvivere, forse si deva emmigrare come fanno tanti. Quando il professionista è competente trova sempre il modo di farcela. Il mondo è molto grande e le risorse umane anche sono troppe se non ci si ressegna a vivere da precari sperando le soluzioni nevulose che magari no arriveranno mai. Il complesso da vittima solo rinfranca il problema ed indebolisce quelli che lo soffrono. La saggezza taoista dice: cammino difficile, cammino sbagliato. Dunque bisognerebbe prendere una via piu' sana e meno struggente. Piu' pratica ed eficace se si vuole in verità ottenere qualcosa di reale e giusto per sè stessi. In tutti i sensi. Il nercisismo è fatale sempre, ma quando addirittura danneggia direttamente l'equilibrio mentale e la saluta diventa anche micidiale. E di solito, inutile.

  2. Sono solidale con Paola. E purtroppo penso anche che la sua protesta, se non supportata, non servirà a nulla.
    In questi giorni alcuni giovani hanno manifestato sotto la sede della CGIL Nazionale per denunciare licenziamenti ingiustificati, estorsione di dimissioni, finti contratti di lavoro a progetto, mobbing, in taluni casi anche tentata violenza sessuale. La cosa più raccapricciante è che il datore di lavoro che si è macchiato di tutti questi abomini è proprio la CGIL di varie realtà locali.
    E’ da maggio che protestiamo (ci siamo incatenati anche davanti al Palacongressi di Rimini in occasione del Congresso Nazionale della CGIL). Nessun quotidiano ha ritenuto opportuno occuparsi di noi (a parte il Manifesto, Liberazione e recentemente il Fatto Quotidiano). Ora capisco perché. Il marcio è un po’ ovunque e noi giovani siamo soli, molto soli. Non credo più nell’ipocrisia della doppia morale. Vorrei che i quotidiani ci ascoltassero e denunciassero, non solo quando l’oggetto del contendere è Berlusconi (il nostro nemico) ma soprattutto quando il marcio è, per così dire, dentro casa nostra. Perché solo così si salva la sinistra e il paese. Altrimenti è tutto un bluff. E noi siamo stanchi.

    B.D.

  3. questi scioperi solo solo un modo per farsi del male,ritengo che si puo ottenere tutto in modo diverso e non in questo modo,la politica se la ride e tu cosa fai,ti do un consiglio mangia una bella pizza,un buon bicchiere di vino,e manda tutti a quel paese domani e un giorno diverso ciao

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