Libera rete in libero stato (si fa per dire)

Via Il Nichilista

Freedom House ha pubblicato il rapporto Freedom on the Net 2011, che illustra lo stato della libertà di espressione in rete a livello globale. Le conclusioni non sono molto diverse da quelle ottenute da Reporters Without Borders nelle ultime due edizioni: «un crescente numero di governi si sta indirizzando verso la regolamentazione o la restrizione della libera circolazione dell’informazione in rete». Negli stati autoritari, che «stanno bloccando e filtrando in maniera crescente siti associati all’opposizione politica», «obbligando i proprietari di siti a rimuovere contenuti politicamente e socialmente controversi» e «arrestando blogger e utenti che postino informazioni contrarie al punto di vista del governo». Ma anche in paesi più democratici, dove «molestie legali, procedure censorie opache e  una maggiore sorveglianza» mettono sempre più a rischio la libera espressione.

Insomma, la tendenza è l’aumento del blocco di contenuti politici (in 15 paesi sui 37 esaminati), e in modo tutt’altro che trasparente; l’intensificazione di cyberattacchi contro i dissidenti; l’aumento dell’intervento statale per rallentare o bloccare l’accesso alla rete, specie nei momenti di sollevazione e rivolta politica.

Questa la mappa dei paesi coinvolti e il loro grado di libertà secondo l’indice di Freedom House:

L’Italia, come si vede, figura tra i paesi «liberi» (mentre è tra quelli «parzialmente liberi» nella classifica sulla libertà di stampa), anche se il suo risultato è il peggiore tra quelli dei paesi occidentali