Verso una super Inps

Via Repubblica

Aumento delle aliquote contributive, blocco dell’aggancio all’inflazione, passaggio generale al sistema contributivo, sfondamento della soglia dei 40 anni di contributi per le pensioni di anzianità. E poi c’è lo spettro del cosiddetto “super Inps”, che significa perdita di autonomia e regole uguali per tutti: in altre parole, se non scioglimento, almeno accorpamento forzoso. Sono disorientate le 19 casse privatizzate che gestiscono la previdenza di quasi 2 milioni di professionisti italiani. Le parole d’ordine della riforma previdenziale, ventilata in questi giorni, sono un bombardamento che lambisce e minaccia il baluardo della loro autonomia, sancita dalla legge (i decreti legislativi 509 del 1994 e 103 del 1996).
«Questa autonomia è anche e soprattutto autosufficienza economica: a differenza dell’Inps, noi non graviamo sullo Stato, da cui non percepiamo un euro», sottolinea Andrea Camporese, presidente dell’Inpgi (l’ente dei giornalisti) e dell’Adepp, l’Associazione delle casse private. Agli enti dell’Adepp, che insieme hanno un costo di gestione complessivo da 100 milioni e un patrimonio di circa 50 miliardi, oltre 1.925.000 professionisti, meno di un quarto sono i pensionati. Nel 2010, i contributi complessivi incassati ammontano a 7,6 miliardi, mentre le uscite pensionistiche sono di 4,7 miliardi. Entrambi i valori sono in crescita (nel periodo 20052010 il saldo tra entrate e uscite è in attivo del 53%). Ma a preoccupare è il calo dei redditi dichiarati dagli iscritti, che sull’anno perdono in media il 6%.

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