Paola Caruso ha interrotto lo sciopero della fame

Ora il suo testimone passa ad altri in parole e opere

Sciopero della fame, quinto giorno. Fine. Oggi interrompo la protesta. Quello che ho potuto fare l’ho fatto. Ho raggiunto il mio obbiettivo: sensibilizzare l’opinione pubblica, almeno per quanto riguarda la Rete e gli organi legati all’editoria. Anche se la maggior parte della stampa tradizionale mi ha ignorata, nonostante i lanci di agenzia. Chissà perché?
Adesso è arrivato il momento di andare avanti con altri mezzi e strategie diverse per far discutere di precariato. Bisogna portare a casa risultati. Come? Rivoluzionare il sistema mi pare arduo, ma si può tentare di cambiare le regole, di dare più serenità ai precari, di garantire a tutti un lavoro dal valore monetario adeguato e  sufficiente a pagare affitto e mantenimento, senza l’aiuto della famiglia.
Purtroppo precarietà non significa flessibilità. All’estero un lavoratore flessibile ha uno stipendio superiore a quello di un dipendente a contratto a tempo indeterminato, almeno per quello che ne so. Questo permette ai flessibili di tutelarsi a proprie spese, non potendo usufruire delle tutele aziendali.

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Le tante Paola e la necessità civile che vengano a galla

Via SedNonSatiata

Che io conosca oppure no Paola è del tutto irrilevante.

Tutti conosciamo una, due, dieci Paola. La sostanza non cambia. Sono solo le facce e le professioni a cambiare, perché quello del precariato non è un problema solo dell’editoria.

Negli ultimi due giorni si è parlato diffusamente della situazione che ha portato Paola Caruso, una giornalista del Corriere della Sera, a ricorrere allo sciopero della fame. Per far sentire la sua voce, per ribellarsi pubblicamente contro un sistema che è intrinsecamente sbagliato.

Per portare un argomento così importante nella luce dei riflettori, perché – a mio avviso – in Italia sussiste uno strano fenomeno, quello per cui se nessuno si lamenta di un determinato fatto, allora vuol dire che tutto è in regola e che niente debba essere cambiato. Anche se il fatto in questione è moralmente, civilmente, umanamente sbagliato.

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Cose nostre: per la legalità e la cultura, ricordando Angelo Vassallo

Venerdì 5 novembre 2010, esattamente a due mesi di distanza dal brutale assassinio – dalle 20 alle 24 e prima ancora dalle 19.30 come anticipazione – andrà online a rete unificata una maratona per la legalità. Cose nostre: per la legalità e la cultura, ricordando Angelo Vassallo, questo il titolo della diretta. Per l’occasione sarà … Leggi tutto

La fine dell’età del piombo e i cinesi trasportati a Milano

Via Franco Abruzzo

Due giorni di sciopero  subito (e 5 programmati) al Corriere della Sera. Sulla multimedialità la trattativa diventa subito scontro asprissimo. E’ rivolta contro il direttore Ferruccio de Bortoli,  che ha scritto: “Se non vi sarà accordo, i patti integrativi verranno denunciati, con il mio assenso. L’età del piombo è alle nostre spalle”. Franco Abruzzo: “Marchionne fa proseliti in via Solferino. E’ problematico fare i giornali in Cina, mentre è più facile  trasportare la Cina a Milano”.

Ferruccio De Bortoli ha affermato in una lettera al CdR (pubblicata in coda): “L’insieme degli accordi aziendali e delle prassi che hanno fin qui regolato i nostri rapporti sindacali non ha più senso. Questo ormai anacronistico impianto di regole, pensato nell’era del piombo e nella preistoria della prima repubblica, prima o poi cadrà. Con fragore e conseguenze imprevedibili sulle nostre ignare teste. Non è più accettabile che parte della redazione non lavori per il web o che si pretenda per questo una speciale remunerazione. Non è più accettabile che perduri la norma che prevede il consenso dell’interessato a ogni spostamento, a parità di mansione. Prima vengono le esigenze del giornale poi le pur legittime aspirazioni dei giornalisti. Non è più accettabile che i colleghi delle testate locali non possano scrivere per l’edizione nazionale, mentre lo possono tranquillamente fare professionisti con contratti magari per giornali concorrenti. Non è più accettabile l’atteggiamento, di sufficienza e sospetto, con cui parte della redazione ha accolto l’affermazione e il successo della web tv”.

Dalla lettera di De Bortoli

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Il Salone del Gusto discrimina i giornalisti online

Dal blog di Anso L’informazione online non è un’informazione di serie B. È sconcertante quello che si legge sul sito internet del Salone del Gusto 2010 di Torino (http://www.salonedelgusto.it/pagine/ita/ufficio_stampa/richiesta_accredito.lasso): alle testate online, a differenza delle altre testate, è concesso un solo accredito. A priori. È opportuno ricordare che gli accrediti stampa non sono un privilegio … Leggi tutto

Le colpe degli operai

Furio Colombo sul Fatto Quotidiano

Daniele Capezzone, portavoce del Pdl, deve avere visto le immagini televisive dei tre operai Fiat, Barozzino, Lamorte, Pignatelli che fanno passare le ore sul piazzale assolato e vuoto della fabbrica proibita, ci ha pensato, e ha detto: “C’è da augurarsi che la politica italiana non lasci solo il capo del Lingotto”. Evidentemente Capezzone era scosso dalla risposta immediata e chiara del capo dello Stato sul reclamo di dignità dei tre operai che non possono rientrare in fabbrica nonostante una sentenza.

Era turbato dalla ferma solidarietà dei vescovi, che non dovrebbero immischiarsi in beghe sindacali. Certo, un po’ lo avranno consolato le parole di Emma Marcegaglia che, con Cesare Geronzi al suo fianco (dunque il meglio del meglio dell’Italia) ha detto ai fervidi ragazzi di Comunione e Liberazione di Rimini: “Oggi bastano due persone per fermare un’intera produzione. Serve un cambiamento forte o sarà il declino”. Gli autori del declino erano sempre là, a Melfi, con le magliette blu dell’uniforme. Tre uomini spinti fuori, sotto il sole, per otto ore al giorno. La preghiera di Capezzone però non è restata inascoltata. Si è fatta avanti Mariastella Gelmini e ha detto “Marchionne è il più bravo di tutti”. Probabile che Marchionne comparirà, vita e opere, nelle tracce dei temi di maturità del prossimo anno.

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Verso una carta dello stagista in redazione

Via AGSP

Le polemiche in atto tra Ordine dei Giornalisti e Fnsi sulla questione degli stage nelle aziende in stato di crisi ci inducono ad alcune riflessioni. Come ex allievi della Scuola di giornalismo di Perugia sappiamo bene che i praticanti in stage nelle redazioni non possono in alcun modo sostituire i colleghi che lavorano nelle aziende editoriali né tantomeno devono essere utilizzati come manodopera a costo zero per evitare il ricorso a sostituzioni ferie e malattia da parte degli editori. Ma la partecipazione a stage nelle redazioni di grandi e piccole testate rimane per noi un’attività formativa fondamentale che consente ai colleghi più giovani di acquisire quel bagaglio di conoscenze professionali e deontologiche che li renderà giornalisti più preparati, più sicuri, più consapevoli, ed in definitiva, più liberi.

Non è dunque negando ai colleghi che si affacciano al mondo del lavoro la possibilità di accedere ad una formazione più completa ed efficace che si risolvono i problemi dei colleghi che perdono il posto di lavoro o che vengono messi in cassa integrazione, anche perché quegli editori che vogliono “dribblare” le regole già utilizzano – e potranno continuare a farlo – stagisti provenienti da corsi universitari non riconosciuti dall’Ordine, o addirittura giovani (e meno giovani) non contrattualizzati né tutelati in alcun modo.

Il punto è un altro, ed è il rispetto delle regole, che solo può evitare la guerra generazionale, quella dei “giovani” contro “vecchi”, dei tutelati contro i non tutelati, degli stagisti e dei contrattisti a termine contro gli espulsi dal mercato del lavoro. Crediamo che sia compito degli organismi di categoria, a cominciare dai Cdr, fino alle Associazioni di Stampa, alla Fnsi, all’Ordine, e persino alle stesse Scuole di giornalismo, far rispettare le regole che già ci sono per consentire che l’accesso alla professione non si risolva in una guerra “tra poveri”. Pensiamo però anche che le regole per l’accesso alla professione giornalistica possano essere definite più chiaramente in modo da evitare in futuro scontri e confusione.

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Il governo si inventa una nuova legge contro i lavoratori

Via Repubblica Aggirare l’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori, quello che tutela dal licenziamento senza giusta causa, e anche altre norme della nostra legislazione sul lavoro. Ma senza dirlo, almeno direttamente. La nuova legge sul processo del lavoro presentata dal governo è ormai a un passo dall’approvazione: questa settimana dovrebbe concluderne l’esame la Commissione Lavoro … Leggi tutto