Storie di strategie di mobbing in Rai

Beatrice Borromeo suIl Fatto Quotidiano via discutere

“Ammetto che la pesantezza delle ultime vicende, nonostante il ricordo ancora vivo dell’editto bulgaro, è senza precedenti”. L’avvocato Domenico D’Amati, legale di alcuni degli “epurati” dal direttore Augusto Minzolini, da anni segue casi di mobbing, specialmente in Rai, subiti da giornalisti non accondiscendenti. E racconta al Fatto le tecniche più comuni per punire chi non si allinea…

Epurare …
“Nel mondo dell’informazione, spiega D’Amati, quello che conta non è la professionalità nè le idee del giornalista, ma solo l’appoggio del segretario di partito. Il tesseramento: sia a sinistra che a destra. Puro potere. Era così in passato e non è molto diverso oggi. Il caso più noto è quello di Michele Santoro, cacciato dalla Rai nel 2002 in seguito all’editto bulgaro, anche perchè non godeva di appoggi politici. Il tribunale però ha annullato tutte le sanzioni disciplinari che gli erano state comminate.In questi giorni è emersa la vicenda dei conduttori del Tg1 che non andranno più in onda: sono gli stessi che non avevano firmato la lettera di sostegno al direttore Minzolini. Il conduttore di un tg così importante ha una professionalità molto specifica che richiede determinate qualità ed esperienza: bisogna saper interagire col pubblico, guadagnarsi la loro stima e fiducia. Se il volto di un tg viene rimosso, bisogna dargli un altro incarico che consenta di mettere a frutto l’esperienza accumulata. La lottizzazione dell’informazione è stata anche oggetto di una pronuncia della Cassazione secondo la quale è illecito gestire il personale con la politica, perchè ne lede i diritti”.

Demansionare …
Il tipico provvedimento con connotazione ritorsiva è il demansionamento. D’Amati spiega come funziona: “Si sposta un professionista da un ruolo chiave a un binario morto. Un esempio noto è quello di Oliviero Beha. Il giornalista è stato demansionato dopo aver protestato. Il punto è che aveva protestato perché era stato sanzionato. Quindi un circolo vizioso. Anche il caso di Massimo De Strobel, il caporedattore centrale del Tg1 destituito dopo 18 anni di servizio, è emblematico: non andava nemmeno in onda, quindi la scusa del ricambio generazionale dei conduttori non regge. Lo scopo: sostituire chi ti critica con un uomo di fiducia. Ma ai dipendenti va garantita una mansione alternativa equivalente, che rispetti la specifica professionalità del lavoratore e solitamente questo non succede, oppure avviene con enorme ritardo. Queste punizioni avvengono spesso e a tutti i livelli, anche con persone meno in vista: ho avuto un cliente che, per via delle sue idee politiche, è passato dall’essere il coordinatore centrale di un giornale radio a fare le brevi di cronaca. In questi casi l’unica strada percorribile è ricorrere a un giudice”.

Sanzionare…
Prendiamo il caso di Loris Mazzetti, il dirigente sospeso per aver scritto sul Fatto articoli critici verso la Rai. D’Amati lo commenta così: “Il problema, per chi sanziona, è che in Italia esiste lo Statuto dei lavoratori. L’articolo 13 tutela la professionalità e l’articolo 15 la libertà: non sono concesse discriminazioni, tantomeno politiche. Proprio ieri la conduttrice del Tg1 Maria Luisa Busi ha denunciato le “rappresaglie” di Minzolini. La Busi, giuridicamente, non rischia nulla: ha esercitato correttamente il diritto di critica, e se verrà punita, ne patirà le conseguenze chi la sanzionerà. Per Mazzetti il discorso è analogo: ha espresso una critica lecita. La Rai ha una strana concezione della libertà dei suoi dipendenti di manifestare il loro pensiero: devono chiedere l’autorizzazione prima di ogni dichiarazione. Ma si tratta di un’evidente impronta censoria preventiva. Se un dipendente critica l’azienda non ne lede l’immagine, questo è un concetto che nel diritto non esiste. Nello Statuto dei lavoratori, all’articolo 1, è prevista la libertà di manifestare opinioni sulla propria azienda”.

Minacciare …
Poi ci sono le minacce esplicite che secondo D’Amati sono ancora più gravi del mobbing non dichiarato: “Ho una certa età, e di giornalisti minacciati ne ho visti tantissimi. Nulla di nuovo. Riguardo i casi più recenti, un giudice potrebbe ravvisare diversi profili di illecito. Dire a un dipendente: ‘Se non fai questo con me hai chiuso’, non è lecito. Si potrebbe configurare una situazione ancora più grave della semplice inadempienza dell’obbligo di lavoro”.

(Beatrice Borromeo, Il Fatto Quotidiano,