Bilanci pubblici dei giornali e esigenze ipocrite

Via Guido Scorza

Alcuni amici della mailing list di NEXA hanno segnalato questo breve articolo, non firmato, pubblicato ieri sulla versione online de ll Sole 24 ore. L’autore del pezzo si interroga ed invita ad interrogarsi sulle fonti di finanziamento di Wikileaks e, conseguentemente, sull’indipendenza di certe recenti decisioni di pubblicare documenti “scottanti”.

Interrogativi sacrosanti e legittimi che, d’altro canto, si sono posti, proprio nei giorni scorsi, anche i giornali americani i quali, però – a differenza del nostrano Il Sole 24 ore – hanno preferito farne un’inchiesta articolata e strutturata. Certo nei 1179 caratteri che Il Sole 24 ore ha potuto o voluto riservare ad una questione tanto complessa non c’era davvero modo per scendere nel dettaglio e sviscerare i nomi ed i numeri dei finanziamenti noti e, eventualmente, proporre domande su quelli meno noti (se esistono).

Allo stesso modo 1179 caratteri sono davvero pochi per proporre a lettori più e meno addentro alle questioni dell’informazione il tema del rapporto tra trasparenza, indipendenza e democrazia dei media e non solo, tema che non può – come ha invece preteso di fare l’autore del pezzo – essere liquidato suggerendo di imporre a Wikileaks ed ad una congerie indistinta di protagonisti dell’informazione online riassunti sotto l’espressione “web” di pubblicare i propri bilanci come accade per i meda tradizionali.

La pubblicazione dei bilanci di giornali, radio e televisioni, sfortunatamente, è un adempimento che risponde solo ad esigenze – piuttosto ipocrite – di un formalismo di facciata che contraddistingue la nostra disciplina relativa, tra l’altro, all’editoria, alla comunicazione, al conflitto di interessi e all’antitrust. Il bilancio di un’impresa editoriale è un prezioso punto di partenza per riflettere sui soggetti che siedono nella sala comandi ma, certamente, non contiene tutte le risposte delle quali controllori e lettori avrebbero bisogno.