La carta di Firenze e la necessità di identificare chi sfrutta i colleghi

Da una mail di una collega senza paura e con grande professionalità

Penso che la Carta di Firenze sia un’ottima idea se si riesce a sanzionare il direttore o il caporedattore che sfrutta i collaboratori. Dobbiamo sempre ricordarci che l’artefice dello sfruttamento è l’editore, ma noi collaboratori non entriamo mai in relazione diretta con lui, il nostro rapporto di lavoro è con i kapi in redazione. I comportamenti da sanzionare sono quelli di chi sta dietro una scrivania e ordina pezzi al ribasso al manovale della notizia, molte volte solo per farsi bello con la direzione e con l’editore, visto che i soldi per pagare le collaborazioni non li prende dal suo stipendio…è davvero squallido e sarò felice se la categoria ne prenderà atto formalmente e deciderò di fare un pò di pulizia al suo interno.

1 commento su “La carta di Firenze e la necessità di identificare chi sfrutta i colleghi”

  1. E' certamente vero, ma occhio al vittimismo: sotto una certa soglia di compenso dovrebbe essere facile dire di no. Una cosa è essere pagati poco, un'altra pochissimo o nulla. Lavorare in perdita non è lavoro, è volontariato. E il volontariato, come dice la parola, si fa perchè si vuole farlo, quindi poi è inutile lamentarsi. Se, invece che alla Croce Rossa, molti colleghi preferiscono, in nome non si capisce di che (vanità?) , fare beneficenza del loro lavoro a editori e caposervizio, è più colpevole chi dà o chi prende? Secondo me chi dà. La soluzione del problema sarebbe semplice: si lavora per vivere e non si vive per lavorare, quindi se il mio lavoro, anzichè sostentarmi, mi costa, devo interromperlo. Ma chissà perchè tutti si lamentano e quasi nessuno lo fa.

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