Non vale la pena star lì a leggere i dettagli sui rapporti sessuali di Julian Assange in Svezia e sulla poco credibile accusa di stupro della quale ha ben dettagliato anche il settimanale l’Espresso. Si noti solo che, di fronte ad accuse per lo meno dubbiose, Assange, stranamente, non ha trovato alcuna solidarietà da parte dei maschilisti in servizio permanente effettivo, quelli per i quali la femmina provoca sempre, ha i jeans attillati e l’omo è omo. Anche loro si inchinano ad una superiore ragion di stato, che va oltre quella di genere, per la quale il signor Wikileaks andava fermato a qualunque costo, anche con un’accusa che ai più appare pretestuosa e fabbricata per delegittimarlo. E’ una ragion di stato che solo parzialmente si inserisce nella declinante centralità politico-economica occidentale e statunitense ma che appare soprattutto minare, sia nel bene che nel male, le basi della “società aperta” e dei diritti individuali.
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Il primo punto segna il crinale del rispetto delle libertà digitali come paradigma delle libertà individuali. Non è un caso che fin da quando Internet è diventata quel che è, almeno tre lustri, i governi e le classi dirigenti occidentali flirtino con l’idea di imporre, in nome della nostra sicurezza, limiti, filtri, censure in modo appena meno brutale rispetto a quanto fanno regimi dittatoriali. Il loro sogno manifesto è ridurre l’irriducibilità della Rete come strumento orizzontale e non verticale, in grado di parlare da molti a molti e non dall’alto verso il basso. La vigliaccheria con la quale imprese come Visa e Mastercard stanno in questi giorni collaborando alla caccia all’uomo contro Wikileaks testimonia sia quanto poco sicuri sono i nostri dati nelle loro mani sia il sogno persistente di lasciare in piedi un’Internet solo commerciale, dove intrattenere e fare affari cancellando le peculiarità liberatorie della Rete nel campo della controinformazione ed in quella che Luca de Biase chiamò l’economia del dono. Oggi il caso Assange, e non perché questo sia Robin Hood, sembra divenire una sorta di battaglia decisiva nella quale c’è di nuovo in ballo lo scontro tra una Rete libera in grado di redistribuire il potere d’informare e una Rete controllata dal potere
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Internet
Libera Stampa in libera Rete
La discussione intorno al caso Wikileaks è stata finora sconcertante. Molti, infatti, sembrano aver dimenticato – spero solo momentaneamente – conquiste acquisite da decenni. Su tutte, i due pilastri che reggono la libertà di stampa dai «Pentagon Papers» (inizio Anni 70) a oggi: da una parte, lo Stato ha diritto di fare tutto quanto in suo potere per ostacolare la fuoriuscita di informazioni oggettivamente riservate; dall’altra, la stampa ha pieno diritto di pubblicare quanto le viene recapitato – basta che faccia notizia. Una discussione «senza inibizioni, robusta e la più aperta possibile» è, infatti, ritenuta da decenni essenziale all’emersione della verità e alla formazione di una pubblica opinione consapevole, anche a costo di qualche eccesso e anche a costo di divulgare segreti.
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Perchè Google non realizza un mirror di Wikileaks ?
Via John Batelles Consider: Your mission is to “organize the world’s information and make it universally accessible.” You thumbed your nose at Wall Street, and you proved them wrong. You’ve stood up to the entire media industry by purchasing YouTube and defending fair use in the face of extraordinary pressure. You’ve done the same with … Leggi tutto
Un appello del Fatto Quotidiano per Assange libero
Via Il Fatto Quotidiano L’arresto di Julian Assange, per il mancato uso di un preservativo, è un attentato alla libertà d’informazione. Lo conferma, suo malgrado, il ministro degli Esteri italiano, Franco Frattini (leggi il blog di Guido Scorza): “L’accerchiamento degli Stati ha avuto successo”. L’Australia difende il suo connazionale che da ieri si trova in … Leggi tutto
Assange, il nemico della trasparenza
Marco Bardazzi propone un’analisi diversa del caso Wikileaks, possiamo non condividerla, ma la serietà professionale di Marco è tale da richiedere grande attenzione al pluralismo delle idee
Ci sono voluti decenni di campagne di stampa e battaglie giudiziarie e politiche, perché in democrazie avanzate come gli Usa si arrivasse a mettere a punto leggi sulla libertà di informare e sulla trasparenza che, pur con molti limiti, hanno permesso di veder fiorire un serio e aggressivo giornalismo d’inchiesta. L’arrivo di Assange e del suo Wikileaks rischiano di spazzare via tutto. Diciamolo: Assange potrebbe rivelarsi il più grande nemico della trasparenza dai tempi di Nixon.
L’effetto più immediato che avrà la pubblicazione in Rete della valanga di documenti del Dipartimento di Stato, sarà quello di spingere l’amministrazione Obama e i futuri governi di Washington a restringere in modo significativo e pericoloso l’accesso alle informazioni. Aumenterà il ricorso al “segreto”, anche indiscriminato. Verranno rafforzate le protezioni a tutte le linee di comunicazione. Sarà più difficile riuscire a mettere le mani su documenti ufficiali.
LeWeb: parte il maggior evento europeo dedicato a Internet
Anche quest’anno Geraldine & Loïc Le Meur hanno preparato un menu assortito per l’edizione 2010 di LeWeb che parte nella mattinata a Parigi Quest’anno a differenza degli anni precedenti non ci saremo fisicamente, per la necessità di programmare altri impegni. Ci saremo di certo il prossimo anno con molte novità.In ogni caso fra social network … Leggi tutto
Assange accusato di “omissione di preservativo”
Via Leggo, l’originale dal Guardian
Julian Assange non ha voluto usare il preservativo, durante i rapporti sessuali consumati, nell’agosto scorso, con due ammiratrici svedesi. Questa l’accusa che ha portato capo di Wikileaks davanti al magistrato londinese Caroline Tubbs. Assange avrebbe avuto dei rapporti consensuali con due donne, che l’accusano di non aver voluto usare il preservativo e, in un caso, di averlo rotto “deliberatamente”. Le due ammiratrici erano entrare in contatto con lui in occasione di un seminario su ‘Guerra e ruolo dei media’ organizzato a Stoccolma dal Brotherhood Movement, un controverso gruppo cristiano legato al partito socialdemocratico. Il Mail chiama le donne per convenzione ‘Sarah’ e ‘Jessica’: non sono i veri nomi, dal momento che il processo giudiziario è in corso. Sarah (il vero nome è Anna Ardin, come rivelano altre fonti), una bionda attraente sui trent’anni, è l’addetta stampa di Brotherhood Movement e ha viaggiato il mondo inseguendo una serie di cause alla moda. Sarah/Anna e Julian non si erano mai visti prima, ma lei lo aveva invitato a stare nel suo piccolo appartamento nel centro di Stoccolma. Assange era arrivato l’11 agosto e dopo cena i due erano finiti a letto.
Nè lui nè lei contestano il fatto che durante il rapporto si era rotto il ‘condom’, un evento che in seguito Sarah/Anna, una femminista radicale, ha definito «deliberato» da parte di Julian. Lì per lì però non ci fu animosità tra la svedese e il 39enne hacker australiano, che ha un figlio di 20 anni da una relazione giovanile fallita. Al punto che la funzionaria di partito continuò a ospitare Assange, organizzando perfino una festa in suo onore. A questo punto spunta ‘Jessica’: ventenne di Enkoping, una cittadina a 60 chilometri da Stoccolma. Vede Assange in televisione, in lei scocca la scintilla e si fa assumere tra i volontari che lavorano al seminario. In quella occasione conosce anche Sarah. Avvicinato dalla ragazza, Assange non resiste e le fa la corte.
Noi stiamo con Assange, con la libertà e con ZetaVu, non con i codardi e con gli impostori
Via Vittorio Zambardino (il post viene citato integralmente perchè merita davvero) … grazie Vittorio …
L’arresto di Julian Assange è un banco di prova per i paesi coinvolti, che poi sono quelli dell’occidente democratico: gli Stati Uniti, la Gran Bretagna, la Svezia. Paesi che, con giusta ragione, vantano una storia che sta dalla parte dello stato di diritto. Almeno un po’ più che le varie Russia, Cina, Iran (e di certo più dell’Italia, almeno in prospettiva storica).
Eppure, fin dall’inizio di questa caccia all’uomo, c’è stato un silenzio complice di media, leader e partiti politici, intellettuali. Anche dei più libertari, anche di quelli con lo sciopero della fame sempre pronto. Una soddisfazione non detta, che non si fa dichiarazione. Tutti d’accordo che il pirata salga sulla “forca”. Tutti a tirare un sospiro di sollievo che si chiuda il rubinetto del “bullshit” e che si torni a un bel clima di indiscrezioni reciproche, veicolate dai siti di gossip comunemente riconosciuti e segretamente da tutti finanziati e
nelle mani delle macchine del fango riconosciute e di rito accettato (pensateci, Wikileaks, all’improvviso e per qualche giorno, ce ne ha liberato. Assange è il disintermediatore della macchina del fango. Se il segreto non è più tale, è il fango stesso che si secca alla luce benefica della trasparenza, dove esistono responsabili, non perseguitati e persecutori).