Verso una università senza docenti

Il preside della prima Facoltà Ingegneria Politecnico di Torino paventa un grave problema

Le università italiane avevano avuto assicurazione che alla fine del 2009 ci sarebbe stata un’erogazione di circa 2000 nuovi posti di ricercatore, la terza e più importante porzione del pacchetto dei cosiddetti “ricercatori Mussi”, gli ultimi che saranno assunti senza un impiego a tempo determinato. Sul finanziamento di tale pacchetto è cominciato il balletto degli emendamenti alla Finanziaria 2010. Gli atenei hanno bisogno di nuove forze strutturate, indipendentemente dai forti problemi esistenti di precariato universitario, sui quali bisognerebbe aprire un’onesta e approfondita discussione dentro e fuori l’Accademia.

Nei prossimi anni arriveranno alla pensione tutti i docenti che hanno preso servizio negli Anni 70 a seguito dell’elevato incremento di iscritti avvenuto durante gli Anni 60. La diminuzione dei docenti conseguente a tali molteplici ineluttabili anzianità e al blocco degli ingressi disposto dalle ultime leggi porterà a un’impossibilità di formazione adeguata nelle università pubbliche italiane, a beneficio sia di quelle private, sia delle università straniere verso le quali già si avviano, spesso solo per moda, molti appartenenti alle classi censuarie più elevate.

Si comincerà ad agitare sempre più spesso lo spettro del numero chiuso anche nelle facoltà finora escluse dalla programmazione nazionale. Non è neanche vero che il calo demografico iniziato dagli Anni 80 possa essere una giustificazione alla diminuzione dei docenti. La percentuale dei diciannovenni che si rivolge all’università è molto cresciuta negli ultimi decenni, specie tra le donne, che scelgono anche a professioni scientifiche e tecniche precedentemente trascurate. Nel caso di Ingegneria il numero assoluto di studenti che si immatricolano ha subito un netto aumento negli ultimi anni; la I Facoltà del Politecnico di Torino, in particolare, è passata da meno di 1500 matricole nel 2005 ad oltre 2200 nel 2009, con un aumento del 53% totale, accompagnato da un significativo aumento del 40% delle ragazze immatricolate. Al tempo stesso non sta diminuendo il numero degli occupati dopo la laurea. Il 90%, a un anno dal titolo di ingegnere al Politecnico, ha un’occupazione.

Tutta questa domanda di formazione ingegneristica non potrà essere soddisfatta da ranghi di docenti ridotti per la mancata sostituzione di chi raggiunge la pensione. Le aziende saranno costrette a cercare altrove i nuovi assunti, con indubbia perdita di valore umano. La formazione che le facoltà di ingegneria italiane ora assicurano per i laureati è sicuramente migliore di quella fornita da molte università estere europee e americane. Abbiamo dunque bisogno di un flusso continuo di nuovi ricercatori strutturati. Per far fronte alla imminente riduzione di docenti il Politecnico di Torino ha già deciso di chiudere tutti i corsi di studio con didattica frontale nelle sedi decentrate di Alessandria, Biella, Mondovì, Vercelli, Verrès, che pur assicuravano un capillare servizio al territorio. Prossimamente ci si potrebbe trovare a dover ridurre l’offerta di formazione anche a Torino.

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