Giornalisti duri a morire: Gianni Lannes e Paolo Barnard

Gianni Lattes

Dopo varie insistenze eluse per avere una scorta, “almeno per la sua famiglia”, il giornalista a cominciare dalle ore 15 del 22 dicembre del 2009 ottiene l’assegnamento di una scorta della Polizia di Stato. Nel dicembre del 2009 risulta ancora legato da contratto con uno dei più importanti quotidiani italiani, La Stampa di Torino, sebbene congelato (percepisce lo stipendio con l’obbligo di non lavorare) in seguito a una sua inchiesta (autunno-inverno 2008) sulla mafia che vedeva implicato Renato Schifani come sponsor riguardo alla costruzione in terra siciliana di una superstrada inutile, a dire di Lannes, la quale è riuscita solo a devastare un’area boschiva (Bosco della Ficuzza) ancora integra della Sicilia, comprensiva di zona archeologica. Renato Schifani invitò Gianni Lannes a una festa a Roma, dove dopo una discussione riguardante le motivazioni dell’inchiesta consigliò al giornalista di non occuparsene più e “di andare in vacanza”. Un mese e mezzo dopo Schifani si presenta a La Stampa di Torino e l’attività di giornalista di Lannes viene congelata senza nessuna motivazione. Per poter continuare a lavorare Lannes si vide così costretto, dopo il congelamento, a fondare un suo giornale online, Italia Terra Nostra. In seguito alle sue inchieste sulla Barilla e l’amianto dei suoi stabilimenti di Melfi, dal 18 novembre 2010 il sito di Lannes risulta oscurato, non in conseguenza di regolare denuncia ascritta a “eventuale reato di diffamazione a mezzo stampa” presentata alla magistratura, ma dallo stesso provider Aruba che lo ospitava.

Paolo Barnard

Inizia così per il giornalista un’avventura giudiziaria che rischia di vederlo implicato in una possibile condanna per diffamazione e costretto al pagamento di ingenti somme per risarcimento dei presunti danni provocati e delle spese legali da sostenere. Barnard dà a quel punto per scontato che RAI e Gabanelli si uniranno a lui nella difesa legale, sostenendone le spese come sempre gli era stato assicurato, e tutelando assieme la validità dell’inchiesta che la stessa RAI aveva precedentemente approvato e persino replicato. Ma Barnard scopre dalla citazione in giudizio che, al contrario, RAI e Gabanelli non solo non lo difenderanno, ma addirittura si chiamano fuori da ogni responsabilità addossandone ogni parte al Barnard.

Barnard decide quindi di rendere nota la situazione in cui si trova, pubblicando nel febbraio 2008 una lettera aperta nei confronti della Rai, di Report e di Milena Gabanelli. L’accusa è quella di essere stato tradito due volte di fronte alla causa civile che dovrà affrontare: primo fatto, RAI e Gabanelli ora lo stanno ‘scaricando’ come fossero estranei alla vicenda (sic), e inoltre la RAI ha avviato formalmente un’azione di “messa in mora” nei suoi confronti, sfruttando una dubbia clausola del contratto da lui sottoscritto con RAI.

Milena Gabanelli ha risposto all’appello di Barnard attraverso il forum ufficiale di Report, affermando che, in base alle istruzioni fornite dell’allora direttore generale RAI Cappon, i legali della tv di stato non avrebbero garantito assistenza legale in sede civile, ma solamente in sede penale. (l’intera vicenda è descritta e documentata qui col nome di Censura Legale .

3 commenti su “Giornalisti duri a morire: Gianni Lannes e Paolo Barnard”

  1. Lannes e non Lattes, che comunque ultimamente ha sparato una serie di bufale pazzesche e si è distinto in comportamenti inqualificabili per difenderle. Sospenderei il giudizio prima di iscriverlo tra i martiri

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