il male sta principalmente in noi e nei nostri organismi e non nel solito “cattivo”

Via Stefano Tesi

Cavalcando maliziosamente l’illusione ottica che in apparenza rende uguali soggetti diversi, qualcuno cerca di cavalcare il malcontento chiamando i lettori allo sciopero contro gli editori il 7 e 8 ottobre, per la “Carta di Firenze”. Forse per evitare che si scioperi contro il vero responsabile, un sindacato inadeguato e colpevole.

Gli editori fanno ciò che il quadro normativo gli consente. Allora la colpa è loro o di chi dovrebbe garantire una tutela ai lavoratori, cioè il legislatore e il sindacato? Il 50% del pubblicato è frutto di “precari dell’informazione”? Ma quando mai. Qui si confonde il precariato con la precarietà. I precari sono i titolari di un contratto a termine, una categoria ben precisa. Non sono “precari” né i collaboratori esterni, né i liberi professionisti. Sono forse precari i “falsi freelance”, cioè i giornalisti che per continuare a lavorare con l’unica testata per la quale scrivono hanno scelto e/o sono stati costretti a prendere una partita iva (questo è in vero punto dolente, vedi qui).
Risultato di tanto caos concettuale?
Un’enorme confusione di ruoli e profili che non giova a nessuno e danneggia tutti. Ed è anzi, a mio parere, una delle cause più profonde del malessere della categoria.
In quanto freelance per scelta e vocazione, io ad esempio non sono un lavoratore a cottimo e non mi sento sfruttato. Mi sento casomai preso in giro, e offeso, da un sindacato che si autodefinisce “mio” e “unico” ma che poi ignora da sempre la categoria alla quale appartengo.
Con il grottesco paradosso che adesso la crisi dei freelance è strumentalizzata da un sindacato cronicamente latitante il quale, nell’affannoso tentativo di recuperare una credibilità irrecuperabile, cerca di pescare nel malcontento generale spacciando per “precari” (cioè, tecnicamente, i titolari di contratti a termine) tutti quelli che lavorano nell’informazione senza un contratto a tempo indeterminato, facendo così ulteriore confusione, danno e – ma sì, diciamolo – disinformazione.
I freelance sono quelli che lavorano per più testate, non per una sola, sennò sarebbero collaboratori e/o abusivi camuffati con la partita iva. I freelance sono quelli che rifiutano i pagamenti troppo bassi, perchè con il loro lavoro ci campano e con i pezzi a 25 euro non si campa. I freelance non sono nè migliori nè peggiori degli altri, ma sono solo differenti, hanno cioè una loro specifica fisionomia professionale e far finta che questo non sia vero è un danno per tutti, a cominciare dai precari.
Per questo io, il 7 e l’8 ottobre, non sciopererò affatto contro i giornali, né da lettore e né da giornalista.
Sciopererò invece, e inviterò tutti a farlo, contro il sindacato e contro quei colleghi ciechi che non si rendono conto della realtà. Ovvero che il male sta principalmente in noi e nei nostri organismi e non nel solito “cattivo”.