Ironia della sorte: la strage digitale dei libri di Orwell su Kindle

Via David Pogue

1984This morning, hundreds of Amazon Kindle owners awoke to discover that books by a certain famous author had mysteriously disappeared from their e-book readers. These were books that they had bought and paid for—thought they owned.

A screen shot from Amazon.com The MobileReference edition of the novel, “Nineteen Eighty-four,” by George Orwell that was deleted from Kindle e-book readers by Amazon.com.

But no, apparently the publisher changed its mind about offering an electronic edition, and apparently Amazon, whose business lives and dies by publisher happiness, caved. It electronically deleted all books by this author from people’s Kindles and credited their accounts for the price.

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Continua la caduta libera dei giornali cartacei

Via Pazzo per Repubblica Secondo i dati trasmessi dagli editori alla Fieg, il mese di giugno si conferma negativo per le diffusioni dei quotidiani. Nonostante il clamore per i festini a Villa Certosa e Palazzo Grazioli, La Repubblica (che ha seguito giorno per giorno le note vicende che hanno visto coinvolto il presidente del Consiglio) … Leggi tutto

Il luminoso futuro dell’informazione iperlocale

Via Wired One possible future of news as a commodity is hyperlocal information — the sort of thing that’s already becoming popularized by services like Yelp, whose incarnation as an iPhone app offers directions to nearby restaurants and services, complete with with user reviews. A subscriber to a location-based news service might, for instance, be … Leggi tutto

Le grottesche donne della TV

Alessandra Comazzi e le donne televisive Che tragedia, la donna in televisione. Esaltate dall’estate, le donne in tv sono: o giovanissime e seduttive con gambe, sederi e tette di fuori. O, nell’ordine: portano la dentiera; vanno troppo al gabinetto e quindi gli serve qualcosa che freni; ci vanno troppo poco e devono ritrovare la naturale … Leggi tutto

Scherza con i fanti, ma lascia stare i papi

L’Ansa ricorda che Roberto Balducci, vaticanista del Tg3, autore del servizio di domenica scorsa sul Papa che conteneva la ormai celebre frase di chiusura sui ”quattro gatti” che hanno ancora la pazienza di ascoltarlo, e’ stato rimosso dal suo incarico. La decisione, dopo le polemiche seguite ieri al servizio, e’ stata presa dal direttore della … Leggi tutto

Editoria in tempi di crisi: la lezione di Economist e Bild

Via Corriere.it

La vita è curiosa. Nel 2006 The Economist profetizzava, con pi­glio provocatorio, la scompar­sa dalle edicole dell’ultimo quotidia­no nel 2043. Ora la recessione accele­ra i processi. Molti quotidiani e setti­manali, travolti dal calo della pubbli­cità, vanno male. Ma The Economist Group no. Anzi, il 31 marzo 2009 ha chiuso il suo bilancio record. Quando diede l’allarme al resto dell’informa­zione, la Cassandra londinese dichia­rava ricavi per 218 milioni di sterline con un utile netto di 22. Adesso, gua­dagna 38 milioni su 313 fatturati. L’al­fiere della globalizzazione – lettura obbligata dell’iperclasse che trasvola sulle patrie – miete i suoi successi. Vende quasi 1,4 milioni di copie, il doppio di 10 anni fa, il quintuplo ri­spetto agli anni Ottanta. Dell’autorevolezza della testata, fondata nel 1843 da James Wilson, un sostenitore del free trade, si sa tutto. Rupert Pennant-Rea, già direttore ne­gli anni Ottanta, è stato vicegoverna­tore della Banca d’Inghilterra e ora presiede l’editrice. Negli anni Trenta, Luigi Einaudi, esule volontario dal Corriere espugnato dal fascismo, era il corrispondente dall’Italia. Si sa me­no, invece, dell’azienda.

The Econo­mist Group riunisce, attorno alla sto­rica ammiraglia, mensili specializza­ti, siti internet, l’Economist Intelli­gence Unit e il notiziario del Congres­so Usa, Roll Call, cui si è aggiunto Ca­pitol Advantage, comprato l’anno scorso per 21 milioni di sterline forni­ti senza battere ciglio dalle banche benché – circostanza insolita a oc­chi italiani – il gruppo abbia un pa­trimonio netto negativo e l’acquisita abbia solo avviamenti. La verità è che, dopo oltre un secolo di bilanci contenuti, la società ha co­minciato a fare tanti soldi. E a distribui­re agli azionisti perfino un po’ di più di quanto guadagni. Negli ultimi 4 esercizi, ha pagato dividendi per 152 milioni avendo realizzato 126 milioni di profitti. Una scelta non rara nel Re­gno Unito: il London Stock Exchange si regola allo stesso modo. E resa possi­bile dal flusso di cassa abbondante. Ai soci interessa meno, evidentemente, il valore della società. In base al prezzo indicativo dell’azione a bilancio, il gruppo vale 500 milioni di sterline, ma la società non conferma perché non tutte le azioni sono uguali e The Econo­mist Group non è quotato. Anzi, una struttura proprietaria curiosa. Il capitale è infatti formato da 4 ca­tegorie di azioni: 100 azioni senza di­ritti patrimoniali ai trustees, 22,68 mi­lioni di ordinarie pressoché senza di­ritti di voto (gli Agnelli ne hanno ap­pena comprate 50 mila, parecchie so­no destinate ai dipendenti), 1,26 mi­lioni di azioni speciali A in mano a una novantina di soci tra i quali Lynn Forester de Rothschild con il 19%, e poi i Cadbury e gli Schroeders, e altret­tante di classe B di proprietà del Fi­nancial Times, gruppo Pearson, che le ha acquistate nel 1928. I 4 trustees controllano i passaggi azionari e le no­mine al vertice del giornale e della so­cietà.

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70% di costi di struttura: ecco perchè l’editoria deve virare al digitale

Via LSDI

La natura della struttura dei costi dell’ industria dei giornali sta provocando le attuali sofferenze del settore,  che richiede invece una profonda trasformazione per ridurre i costi fissi e spostare all’ esterno la stampa. Sono i risultati di una analisi di Moody’s Investors Service, citata da Sfnblog.

La struttura dei costi attuale – spiega Sfnblog – vede mediamente il 14% dedicato alla creazione dei contenuti, il 16% alla vendita della pubblicità, mentre tutto il restante 70%  va a stampa, distribuzione e mantenimento della struttura aziendale. Moody’s vede in questo squilibrio la causa della mancanza di flessibilità del settore.

“Questa situazione è una eredità dell’ integrazione verticale fra il momento della creazione dei contenuti e la produzione e distribuzione dei giornali’’, ha spiegato John Puchalla, vicepresidente di Moody’s  e senior newspaper analyst, secondo un articolo del CoStar Group. Tra l’ altro, mentre i ricavi pubblicitari continuano a calare, la crescita dei costi di stampa sta creando dei grossi problemi di liquidità per i giornali.

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L’ex direttore della Nazione sospeso per 12 mesi

In Toscana all’ODG hanno fatto un buon lavoro, forse qualche sanzione di più non faceva male per le vergogne realizzate da Carassi

“Il Consiglio dell’Ordine dei giornalisti della Toscana ha condannato, con decisione unanime, Franco (Francesco) Carrassi, ex direttore della Nazione, alla sanzione di 12 mesi di sospensione dall’esercizio della professione.

Il procedimento era stato aperto lo scorso 26 febbraio, dopo la pubblicazione sulla stampa di brani di intercettazioni telefoniche della Procura fiorentina che sta indagando sulla trasformazione urbanistica dell’area di Castello, di proprietà Fondiaria-Sai.