I cables italiani di Wikileaks che nessuno ha voluto pubblicare

Francesco Piccinni ha intervistato con Giorgio Scura Julian Assange per Agoravox

Perché non hai mai dato i cables a giornali italiani?
“L’abbiamo fatto. Li abbiamo dati a un grande giornale, ma hanno deciso di non pubblicarli e di lavorarci su attraverso degli articoli”.

A quale giornale li hai dati?
“Erano due. I due più grandi (non ci rivela i nomi, ndr). In precedenza avevamo anche lavorato con uno dei due, ma alla fine non ne hanno fatto nulla. E’ successa la stessa cosa in Giappone, abbiamo dato i cables anche a un loro quotidiano nazionale, il più importante, pensa che hanno 2200 giornalisti, senza contare le altre figure, solo di reporter, praticamente lo stesso numero della Reuters. Hanno rifiutato anche loro e lavorano in una maniera molto metodica, potremmo dire “alla giapponese” (sorride, ndr).

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I Digiti partono a Firenze

Via Nove Si è costituito in seno all’Associazione Stampa Toscana, il sindacato dei giornalisti regionale, un gruppo di lavoro sul giornalismo online, col nome di ”Digiti” (Giornalisti digitali toscani). Il primo incontro si svolgerà la sera del 25 febbraio (venerdì) alle ore 20, nella sede dell’ Associazione stampa toscana (Via dei Medici, 2 – 50122 … Leggi tutto

Sky vs Mediaset Premium: un tentativo di confronto

Essere o non essere; Coppi o Bartali; Yin o Yang,  Guelfi o ghibellini, seguaci del Mac o fanatici di Windows. Il mondo è tutto un dualismo. Anche sul tema delle pay tv si è creato un dualismo fra seguaci di Sky e di Mediaset Premium. Cerchiamo, se possibile, di fare un confronto fra le due piattaforme televisive.

Due necessarie e doverose precisazioni. A casa Pasteris da un po’ di mesi è presente un decoder My Sky HD che grazie a Liquida ha permesso di partecipare alla stesura a più mani di un magazine sull’esperienza di utilizzo di Sky. Il blog su cui leggerete questo confronto da tempo si manifestano in diversi post le proteste di molti utenti di Mediaset Premium.

Analizziamo separatamente diversi fattori di scelta: ricezione del segnale,  decoder, palinsesto,  prezzo.

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Per le tangenti Amiat andranno tutti a giudizio

Via Il Fatto Quotidiano

Andranno a processo, ma tra un anno, quattro degli indagati per istigazione alla corruzione e per la turbativa d’asta all’Amiat, azienda municipalizzata di smaltimento rifiuti di Torino. “Le mie accuse non sono una messa in scena, ma fatti accertati”, afferma Raphael Rossi, che con la sua denuncia diede il via all’indagine. Oggi il gup Anna Ricci, su richiesta del pm Carlo Maria Pellicano, ha deciso che il 12 gennaio 2012 andranno alla sbarra davanti ai giudici della I sezione penale del tribunale di Torino il direttore degli acquisti dell’Amiat Giancarlo Gallo, tuttora in carica, l’amministratore della VM Press di Alessandria (la ditta che aveva cercato di piazzare un macchinario all’azienda) Giovanni Succio, il titolare Carlo Gonnella e il proprietario Giorgio Malaspina. Il giudice ha accolto il patteggiamento a dodici mesi richiesto da Giorgio Giordano, ex presidente dell’Amiat che aveva cercato di corrompere Rossi, prima consigliere e poi vice-presidente del consiglio d’amministrazione della municipalizzata.

Stando la ricostruzione della procura di Torino la vicenda inizia nel settembre 2006. In quei giorni i tecnici di Amiat presentano al consiglio d’amministrazione il progetto per un pressoestrusore, impianto di pressatura dei rifiuti, ma i costi del progetto (4 milioni di euro), l’assenza di una gara d’appalto e la sua utilità non convincono Rossi, consigliere di nomina politica ma non per questo incompetente nel settore, anzi. Due mesi dopo, nel novembre 2006, presenta una memoria critica sul “pressoestrusore” e ne ferma l’acquisto.

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Golpe ministeriale

Via Repubblica.it

Finisce 15 pari la votazione nella cosiddetta “bicameralina” sul federalismo municipale. Nonostante i tentativi del governo, che ha cercato di scongiurare fino all’ultimo momento questo risultato modificando il testo più volte, il risultato finale è che il parere formulato dal relatore è sostanzialmente respinto. Il governo, però, non se ne cura. Convoca in serata un consiglio dei ministri straordinario e approva il provvedimento. “Finalmente i comuni avranno le risorse senza andarle a chiedere col cappello in mano. I soldi resteranno sul territorio dove sono stati prodotti” esulta Umberto Bossi. Mentre fonti del governo fanno sapere che il decreto approvato è quello con tutte le modifiche frutto del confronto in bicamerale e dell’intesa con l’Anci. Ora il decreto dovrà passare al vaglio del Quirinale.

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Dopo il viaggio al centro della Rete

Ieri c’è stata l’esperienza del viaggio al centro della Rete organizzato per lanciare la Social Media Week di Roma. Una trovata ben riuscita. Il viaggio. meglio in treno. è un ottimo luogo di condivisione, in cui si discute, si parla, si racconta, si socializza. La cosa ha funzionato grazie anche a degli instancabili provocatori – … Leggi tutto

Il tentativo di infangare Raphael Rossi

Raphael Rossi sul Fatto Quotidiano

Ricordate la mia vicenda? Da vicepresidente dell’Amiat, l’azienda per la raccolta rifiuti di Torino, blocco l’acquisto di un macchinario – un presso estrusore – dal costo di 4,2 milioni di Euro che la direzione dell’azienda e gli altri amministratori volevano acquistare scavalcando la procedura di gara d’appalto pubblica prevista per legge. Blocco ogni operazione e, a conferma dei miei dubbi, ricevo la proposta di una tangente che cresce fino a 125mila Euro.

Ora al processo gli avvocati della difesa, per giustificare i loro clienti, cercano di far passare la tangente in secondo piano, presentando tesi grottesche degne di funamboli del linguaggio e della verità. Sarei contrario a quel macchinario, il presso estrusore, perché sarebbe “alternativo alla raccolta differenziata”. A questo punto, dicono che, essendo un tecnico proprio nello sviluppo delle raccolte differenziate, avrei un “conflitto di interessi”. Ecco una tesi che nella migliore delle ipotesi non conosce nulla della raccolta differenziata e nella peggiore è in chiara malafede.

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La maxitruffa firmata Dolce&Gabbana

Linkiesta affronta di petto l’inchiesta (appunto) per evasione fiscale di Dolce&Gabbana che i giornali vecchio stile avevano ridotto a una breve per non rischiare di perdere le lucrose pubblicità delle coppia più cool della moda italiana. Alla faccia dell’informazione e dei cani da guardia, stile barboncino …

La giustizia a Milano non si occupa solo di Ruby. Proprio mentre la Guardia di Finanza annuncia nuovi risultati sul fronte della lotta agli evasori, stamattina si è tenuta l’udienza preliminare del caso in cui sono coinvolti i due stilisti accusati di aver raggirato lo Stato. La coppia – difesa dallo stesso avvocato della giovane marocchina – è già stata condannata a pagare una multa da 800 milioni di euro all’Agenzia delle entrate. Linkiesta ricostruisce, carte alla mano, come funziona il meccanismo di scatole cinesi contestato dagli inquirenti.

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La proposta di un politico che non c’è più (se mai c’è stato)

Silvio Berlusconi scrive una lettera al Corriere

Gentile direttore
Il suo giornale ha meritoriamente rilanciato la discussione sul debito pubblico mostruoso che ci ritroviamo sulle spalle da molti anni, sul suo costo oneroso in termini di interessi annuali a carico dello Stato e sull’ostacolo che questo gravame pone sulla via della crescita economica del Paese. Sono d’accordo con le conclusioni di Dario Di Vico, esposte domenica in un testo analitico molto apprezzabile che parte dalle due proposte di imposta patrimoniale, diversamente articolate, firmate il 22 dicembre e il 26 gennaio da Giuliano Amato e da Pellegrino Capaldo. Vorrei brevemente spiegare perché il no del governo e mio va al di là di una semplice preferenza negativa, «preferirei di no», ed esprime invece una irriducibile avversione strategica a quello strumento fiscale, in senso tecnico-finanziario e in senso politico.

Prima di tutto, se l’alternativa fosse tra un prelievo doloroso e una tantum sulla ricchezza privata e una poco credibile azione antidebito da «formichine», un gradualismo pigro e minimalista nei tagli alla spesa pubblica improduttiva e altri pannicelli caldi, staremmo veramente messi male. Ma non è così. L’alternativa è tra una «botta secca», ingiusta e inefficace sul lungo termine, e perciò deprimente per ogni prospettiva di investimento e di intrapresa privata, e la più grande «frustata» al cavallo dell’economia che la storia italiana ricordi. Il debito è una percentuale sul prodotto interno lordo, sulla nostra capacità di produrre ricchezza. Se questa capacità è asfittica o comunque insufficiente, quella percentuale di debito diventa ingombrante a dismisura. Ma se riusciamo a portare la crescita oltre il tre-quattro per cento in cinque anni, e i mercati capiscono che quella è la strada imboccata dall’Italia, Paese ancora assai forte, Paese esportatore, Paese che ha una grande riserva di energia, di capitali, di intelligenza e di lavoro a partire dal suo Mezzogiorno e non solo nel suo Nord europeo e altamente competitivo, l’aggressione vincente al debito e al suo costo annuale diventa, da subito, l’innesco di un lungo ciclo virtuoso.

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