Il termine mobbing nasce dai lavori del famoso etologo Konrad Lorentz per descrivere il comportamento di animali contro altri animali della stessa specie che tende ad emarginali portandoli anche alla morte. Parliamo poi di mobbing verticale da parte dei superiori o orizzontale da parte dei colleghi.
Il mobbing è sempre più diffuso in questo periodo di crisi percheè si cerca di tagliare costi facendo fuori non i meno preparati, ma quelli che vengono scelti come vittime sacrificali da piccoli e incompetenti gerarchi che vedono nella loro paranoia in queste azioni la sublimazione del loro supposto potere aziendale
Il mobbing è una operazione che oramai viene gestita da cinici specialisti che cercano di lavorare nella maniera più subdola aggredendo psicologicamente la vittima del mobbing in momenti successivi evitando per quanto possibile di venire allo scoperto o di essere scoperti o denunciati ma agendo con cura nel silenzio.
Il mobbing purtroppo diventa fenomeno diffuso dove è bassa la sindacalizzazione o dove ancor peggio i sindacati sono infilitrati e compromessi da soggetti facilmente corruttibili.
Le prime mosse della strategia di mobbing sono spesso soft: strani spostamenti aziendali, normalmente celati da piccole promozioni pro forma o per la gestione di nuovi e imporbabili progetti. Lo spostamento in azienda è finalizzato anzitutto al distacco e all’emarginazione rispetto al gruppo di lavoro precedente, spesso quello che era stato guidato.
Porci al lavoro in redazione
Tutto da leggere Il Porco al Lavoro un blog sull’esperienza di Olga, giornalista professionista freelance che racconta la storia di una violenza sul lavoro fatto di ricatti sessuali e mobbing. Quindi tutti sono amici di tutti. Eccolo il bel mondo del giornalismo italico. D’altra parte questa non è una novità. Già durante il master certe … Leggi tutto
«Buongiorno dottoressa. Il direttore generale la aspetta nel suo ufficio». La voce della segretaria lasciava intuire un certo distacco. Strano. Torni dalla maternità, di solito i colleghi ti accolgono con un sorriso e mille domande. Come va la piccola? Piange? Come ti sei organizzata a casa? Stefania Boleso, 39 anni, marketing manager di Red Bull Italia (multinazionale austriaca presente in oltre 180 Paesi, ndr) non ha voluto ascoltare quel brivido di disagio. Come uno sportivo che si è preparato al meglio, dopo dieci mesi di maternità era stanca di immaginare la gara imminente. Baby sitter assunta a tempo pieno, marito pronto a dare una mano nelle emergenze: meglio scendere in campo e giocare. E allora via, dal capo. «Buongiorno Stefania. Scusa ma… Per motivi di costi la tua posizione non è più prevista». Tradotto: devi andartene. Con le buone o con le cattive. «Non dimenticherò mai quell’attimo — racconta adesso Stefania Boleso —. Erano le dieci del mattino del 30 settembre scorso. E’ stato come essere lasciata dal primo amore».