Continua la battaglia per Rcs

Prima l’acquisto da parte di Rotelli della quota di Toti arrivando al 16,55%

Con una mossa a sorpresa, Giuseppe Rotelli chiude in anticipo la partita delle minoranze per il rinnovo del board Rcs. Minoranze per modo di dire, perchè da ieri l’imprenditore della sanità è diventato il primo socio del gruppo che edita il Corriere della Sera con il 16,55%. Il blitz si è consumato sul pacchetto del 5,24% che era in mano ai Toti e per il quale, secondo le voci, ci sarebbe stato anche un interesse da parte dell’imprenditore Tod’s Diego Della Valle. Comprandolo, Rotelli si è garantito da sorprese su chi si sarebbe aggiudicato l’unico posto nel consiglio di Rcs riservato alle minoranze e la presidenza del collegio sindacale.

Poi le nuove mosse di Della Valle

Certo, anche Della Valle, secondo i rumor, avrebbe provato ad acquisire quel pacchetto, ma il premio dell’84% pagato dal numero uno del gruppo ospedaliero San Donato (anche per tutelare la propria presenza nel cda) è risultato decisivo. Verè è che Della Valle, sulle pagine del quotidiano «oggetto della contesa», tende la mano all’altro socio fuori patto, ribadendo gli «ottimi rapporti» e la comune convinzione che chi «investe risorse proprie» deve «avere voce in capitolo sulla gestione».

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Il mercato spera un’Opa per Rcs

Via Linkiesta Giorni agitati, in Rcs. Della Valle attacca sulla malagestione e sulla distanza dalle logiche imprenditoriali? John Elkann risponde indicando il balzo (+20%) che il titolo RCS ha fatto ieri in borsa: “Il segnale che viene dal mercato è positivo e ci incoraggia a proseguire nella strada che abbiamo intrapreso”. Si sbaglia di grosso, … Leggi tutto

La battaglia nel patto di sindacato per il Corriere della Sera

Via il Giornale … chissà come la pensano i lettori

Diego Della Valle lascia il patto di sindacato che controlla Rcs, l’editrice del Corriere della Sera. Ma resta socio con il 5,4% e promette battaglia. È questo l’esito del confronto, aspro, che si è tenuto all’interno del patto di Rcs ieri pomeriggio.

Della Valle si è duramente scontrato con la coppia composta da John Elkann e Renato Pagliaro, presidenti rispettivamente di Fiat e Mediobanca, uscendo sconfitto, ma battagliero più che mai: «Per quanto mi riguarda – ha scritto Della Valle in un comunicato – sono convinto che il Corriere debba rimanere assolutamente indipendente e rispondere solo ai propri lettori e non a qualche azionista. Se Elkann e Pagliaro hanno idee diverse farebbero meglio a mettersi il cuore in pace e rendersi conto che i tempi sono cambiati». Ma tra i vincitori c’è anche Giovanni Bazoli, il presidente di Intesa e di Mittel, uno dei «vecchietti arzilli» con il quale Della Valle aveva ingaggiato da mesi un duello sulle sorti di Rcs. E indirettamente si rafforza anche il direttore del Corriere , Ferruccio De Bortoli, che Bazoli ha sempre sostenuto.

Nei fatti, ieri Della Valle ha ottenuto di poter uscire dal patto (che scende dal 63,5 al 58,1%), richiesta a cui è stato indotto dal «comportamento maldestro di alcuni membri», si legge nella sua nota. Rimarrà però azionista con il 5,4%, nella piena sua disponibilità fin dalle 18 di ieri: il recesso è stato approvato all’unanimità. La richiesta è stata fatta in seguito alle divergenze sulla futura governance del gruppo. In particolare la sua linea è risultata minoritaria rispetto a quella appoggiata da Mediobanca e Fiat, primi soci nel patto rispettivamente con il 13,7 e 10,3% del capitale Rcs.

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Il marchettificio dei giornali di moda e non solo

Via Linkiesta

Dicesi marchetta quel pezzo che non parte esattamenteda un confronto genuino delle idee all’interno una redazione, ma che viene confezionato strumentalmente per assecondare interessi altrui, completamente distanti e diversi da quelli dei lettori. C’è la marchetta a un politico, c’è la marchetta a un attore o a un film in uscita, c’è la marchetta alla nuova macchina, c’è la marchetta economico-finanziaria, c’è la marchetta di moda, ecc, ecc.

Laddove esistono consistenti interessi economici, la marchetta è sempre in agguato. E badate bene, nei giornali non è detto che tutto ciò che non va parta necessariamente da un direttore, spesso tra le seconde e terze linee decisionali si annidano giornalisti infedeli che sono in grado di confezionare polpette avvelenate senza che il numero uno ne sia esattamente a conoscenza. Insomma, come vedete il mondo della marchetta è assai complesso.

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La ricattabilità dei poveri (tra i giornalisti)

Via Stefano Tesi Secondo il supremo organismo giornalistico l’indipendenza dell’informazione dipenderebbe insomma, detto in soldoni, dal rischio – evidentemente inteso come costante minaccia – di licenziamento a cui, in base all’approvanda normativa, sarebbero sottoposti i cosiddetti “contrattualizzati”. Cioè quelli col posto fisso. I quali, per evitare di trovarsi a spasso, sarebbero in qualche modo costretti ad obbedire agli ordini disinformativi … Leggi tutto

Lavoro giornalistico gratis, marchette, conflitti di interesse e altre cose

Via Il Fatto Quotidiano C’è chi vive di altri lavori, non giornalistici, o di rendita. Firma pezzetti da qualche parte per giustificare la dicitura ‘giornalista’ affianco agli eventi che organizza e per i quali ottiene sponsor e compensi. C’è chi è convinto che oggi lavora gratis, ma domani le cose andranno meglio. Beata ingenuità. Di solito … Leggi tutto

Nuovi strumenti per valutare un giornale online

Stefano Maruzzi su Linkiesta

Ricordo anche quando negli anni novanta i primi articoli del Wall Street Journal sul tema citavano le Hit come l’unità di misura delle dimensioni e del successo di un sito Web. Ho iniziato ad avvicinarmi a diversi strumenti di analytics, affascinato dal miraggio di una precisa misurazione del comportamento dei consumatori sulle pagine di una proprietà online. Da quei giorni i progressi in materia sono stati significativi lato tecnico, meno nel livello di comprensione di chi è chiamato a commentare pubblicamente i dati rilevati da terze parti. Oggigiorno dare rilevanza e formulare giudizi sulla base delle stime di traffico è quantomeno superficiale. Sintetizzando al massimo:

Unique Users e PageView (soprattutto quest’ultima) sono metriche alquanto vuote e inutili salvo per assegnare l’ipotetico medagliere a cui non è interessato proprio nessuno. Gli UU sono un’unità di misura alquanto vaga e incompleta, soprattuto quando stimati attraverso panels spesso capaci di sottostimare anche di diverse dozzine di punti percentuali il reale traffico come l’esperienza mi insegna. Ancora peggio, se possibile, con le PVs, un dato quantitativo privo di qualsiasi significato se non quello di indicare un volume generico, spesso artificiosamente gonfiabile. Pensate a una foto gallery di modelle in costume o al video di uno scoiattolo particolarmente intraprendente che mette in fuga un orso grizzly. Visto spesso, forse addirittura troppe volte.

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L’Inpgi non ce la farà più

Avevamo paventato la cosa poche settimane fa … eccola nella realta (via Franco Abruzzo) E’ allarme rosso per l’editoria e per il lavoro”. L’ha detto Franco Siddi, segretario nazionale Fnsi (Federazione nazionale stampa italiana) questa mattina intervenendo a Cagliari all’assemblea degli iscritti dell’Ordine dei giornalisti della Sardegna. “Servono azioni straordinarie per capire come resistere in … Leggi tutto