Strategie dei grandi gruppi e libertà di stampa

La notizia ferale della settimana è stata la condanna da parte della giudice torinese Maura Sabbioni di Corrado Formigli e della Rai

a pagare 5 milioni di euro alla Fiat, più due milioni di euro per pagare la pubblicazione della sentenza su quattro giornali per diffamazione intentata dal Lingotto contro conduttore, giornalista e azienda dopo il servizio di “Annozero” del 2 dicembre 2010 “Forse Italia”. L’informazione, ha scritto il magistrato – “era incompleta e parziale e, come tale, atta a indurre nel telespettatore medio una percezione errata del confronto tra le autovetture” e procurare un danno al “sub-brand” MiTo, l’autovettura al centro dell’inchiesta dell’ex inviato di Annozero.

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La sindrome Nimby del giornalismo italiano e i goffi tentativi di riforma dell’Ordine

Via il Fatto Quotidiano

In questi mesi si parla molto di liberalizzazioni, visto che il Governo Monti e l’Unione Europea stanno cercando di liberalizzare il liberalizzabile. L’inverso logico delle liberalizzazioni nel mondo del lavoro sono gli Ordini Professionali. La posizione Europea è chiara: gli ordini professionali possono esistere se è chiara la loro funzione di interesse pubblico nella società. Se sono fonti di monopoli, oligarchie, posizioni dominanti, e non servono pubblicamente, vanno sciolti o regolamentati meglio. I due recenti decreti sul tema dei Governi Berlusconi e Monti hanno suscitato un dibattito pubblico sulla funzione sociale degli Ordini e sulle implicazioni occupazionali della loro riforma, mentre all’interno dei singoli Albi professionali, oltre a organizzare degli incontri con il Governo, si stanno proponendo delle auto-riforme con l’obiettivo di farcela per il prossimo 18 agosto. Addirittura si sta organizzando per il 1 marzo un Professional Day con tanto di evento televisivo e streaming su Internet.

Di quanto sta accadendo all’Ordine dei Giornalisti si parla poco, soprattutto se ne parla poco ai cittadini, che meritano trasparenza su quelli che dovrebbero essere i loro fornitori di informazioni… ma si sa, i giornalisti non amano parlare delle loro cose in pubblico. Riservatezza o vergogna ? Ai posteri l’ardua sentenza. O forse in questo caso si tratta più della sindrome Nimby di un gruppo di professionisti – non tutti, ad essere sinceri – che per mestiere raccontano degli altri, ma non delle loro cose. Che chiedono riforme, ma che non amano essere riformati.

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La Rai e il canone su Iphone, Ipad, tablet e computer

Via Linkiesta

La Rai ha inviato un’ingiunzione di pagamento a 5 milioni di imprese chiedendo il pagamento del canone su qualsiasi apparecchio in grado di ricevere il segnale televisivo: pc, videofonini, videoregistratori, iPad e sistemi di videosorveglianza. Il “canone speciale” di abbonamento costerà dai 200 ai 6mila euro l’anno, a seconda della tipologia, per un salasso sul sistema produttivo di oltre un miliardo di euro l’anno. Ma imprese e associazioni di consumatori non ci stanno e parte la rivolta.

Basta possedere un computer, un telefonino o un iPad in azienda per essere costretti a pagare il canone. È quanto hanno scoperto negli ultimi giorni 5 milioni di imprese italiane che hanno ricevuto una lettera, direttamente dalla Rai, contenente un’ingiunzione di pagamento della tassa. Con una novità: non paga solo chi possiede un apparecchio televisivo, ma anche chi dispone di qualsiasi apparecchio in grado di ricevere il segnale televisivo, inclusi monitor per il pc, videofonini, videoregistratori, iPad e sistemi di videosorveglianza.

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I nuovi dati dimostrano come è cambiato il mondo dei giornalisti in Italia

Via LSDI

Sulla base di una serie di nuovi elementi forniti dall’ Inpgi,  Lsdi approfondisce la situazione economica e quella demografica nel campo dell’ attività giornalistica in Italia – L’ analisi delinea un ampio segmento di pubblicisti  interno alla professione (o  immediatamente contiguo), che ormai ha poco a che fare con il pubblicismo classico, e che è già a pieno diritto nella sfera del  giornalismo professionale – Oltre 9.000 sono infatti i pubblicisti con un reddito annuo superiore ai 5.000 euro.

Ma conferma anche il forte gap di condizioni economiche fra lavoro autonomo e lavoro subordinato e la presenza di una ampia fascia di redditi particolarmente bassi: di fronte a un salario medio dei giornalisti pari a 51.027.000 euro annui, nel 2010  il 34,6% dei rapporti di lavoro complessivi (16.877 su 48.789) generavano un reddito inferiore ai 5.000 euro annui

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I numeri del sottobosco giornalistico romano

Via Errori di Stampa

A Roma ci sono 2000 giornalisti precari. Per arrivare a mille euro mensili dovrebbero lavorare 40 giorni al mese. Gli articoli sono pagati in media 30 euro ciascuno, senza contributi, senza ferie pagate, senza giorno di riposo, senza diritti, senza maternità, senza assistenza. Questi alcuni dei numeri presentati stamattina, nella Sala “Peppino Impastato” della Provincia di Roma, dal Coordinamento dei Giornalisti precari di Roma “Errori di Stampa”, che ha convocato una conferenza stampa per presentare i dati reali sul precariato giornalistico e sui compensi applicati degli editori.

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Sta cadendo la foglia di fico del sindacato unico dei giornalisti: ora ognuno per sé e Dio per tutti

Via Antonello Antonelli

Insomma, alla fine anche a livello nazionale l’incapacità del sindacato di rappresentare la galassia del lavoro autonomo e del precariato è venuta a galla e ciò che da le singole regioni è più volte stato segnalato, è deflagrato in maniera molto rumorosa a Roma, con le dimissioni della collega Maria Giovanna Faiella dalla Commissione nazionale Lavoro Autonomo, rassegnate irrevocabilmente con una lunga ed articolata motivazione, nella quale anche io mi ritrovo pienamente e per questo la riporto alla lettera.

Dopo qualche ora, Raffaella Maria Cosentino ha seguito la collega nelle dimissioni, anch’ella con una lettera motivatissima.

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Se piove compriamo gli ombrelli, se succedono fatti eclatanti la gente legge di più i giornali

Stupisce il trionfalismo con cui certi old media commentano la crescita dei loro lettori nell’ultimo periodo del 2012. E’ evidente che se succedono fatti eclatanti come la grave crisi economica o l’avvicendamento del governo Monti la gente si infrormi, allo stesso modo è successo che nel gennaio siano cresciuti gli accessi dei siti dei quotidiani generalisti per il disastro della Costa Concordia.

La Gazzetta dello Sport si conferma il giornale più letto d’Italia e inverte il trend negativo delle ultime rilevazioni, mettendo a segno un buon rialzo dei lettori nell’ambito di un andamento complessivamente positivo per i quotidiani. Secondo posto per La Repubblica in crescita, così come il Corriere della Sera, terzo. Sale anche La Stampa che consolida il quarto posto, mentre Il Sole 24 Ore realizza un vero e proprio boom con un incremento a doppia cifra, +16%. E’ quanto emerge dai dati Audipress 2011/III sui lettori medi dei quotidiani, che sono la risultante delle rilevazioni del secondo ciclo 2011 (4 aprile-10 luglio) e del terzo ciclo 2011 (19 settembre-18 dicembre), basate su 32.625 interviste complessive. In totale i lettori crescono del 3% arrivando a quota 24.928.000 (+717.000). Secondo l’ultima indagine, la ‘rosea’ ha 4.377.000 lettori medi giornalieri, con un incremento rispetto alla precedente rilevazione di 326.000 unita’ (+8%).

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Leggere bene i dati del paywall del NYT

Pier Luca Santoro via Ejo

Dopo tentennamenti e rinvii a marzo del 2011 il quotidiano newyorkino ha introdotto quello che personalmente ho definito come un “soft paywall” per la possibilità offerta di leggere sino a 20 articoli senza pagare, così come altrettanto avviene se si approda sul sito del NYT arrivando da un social network e/o da un motore di ricerca. La formula si è rivelata vincente e già a metà dell’anno scorso appariva chiaroche l’obiettivo di raggiungere 300mila abbonamenti digitali nei primi 12 mesi sarebbe stato raggiunto.

Arrivano ora i risultati dell’ultimo trimestre a confermare che effettivamente la meta non solo è stata raggiunta ma addirittura superata. Secondo i dati diffusi alla fine della scorsa settimana, a fine dicembre 2011 sarebbero stati effettuati ben 406mila abbonamenti a pagamento dei quali 390mila sono direttamente riferibili al New York Times. Se già la settimana scorsa è stato approfondito il significato ed il valore, soprattutto, del successo del Mail Online proprio a discapito del giornale statunitense, anche in questo caso vale la pena di andare oltre le apparenze e qualificare meglio i termini del successo.

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Tra videowall, social editor, tackle: la notizia ben fatta dove sta ?

La presentazione del nuovo organigramma digitale della Stampa  con slang made in Usa, che ratifica un de facto da anni, sta creando commenti curiosi … Nel frattempo si attende il bilancio aziendale 2011 e di capire se qualcuno ha pensato a due parametri: la qualità e l’imparzialità dell’informazione.

Via Lo Spiffero

Sarà tutta “amerikana” – con scenografie da sfondo televisivo e open space totale – la versione Elkann-Chrysler di via Lugaro della Stampa, figlia forse un po’ scapestrata dell’edizione Fiat-Agnelli del glorioso quotidiano di famiglia, sopravvissuto per oltre 40 anni in riva al Po, ma più che dimezzato nelle copie. Lo hanno inteso domenica scorsa redattori e Cdr convocati in un salone del Bit, in corso Unità d’Italia, dai vertici del giornale. Scopo del mega raduno illustrare i piani di direzione ed editore alla vigilia del trasferimento, previsto per fine giugno, da via Marenco al palazzo ex Sanpaolo oggi di proprietà di Beni Stabili (il cui azionista di riferimento è la francese Foncière des Régions)

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Il movimento dei giornalisti liberi da una scarpata in testa al sindacato dei dipendenti (o pensionati)

Via Stefano Tesi

Al termine di un percorso lungo e variegato di equivoci, buona volontà, malizia, miopia, buona fede, petizioni di principio, ingenuità, sommi scopi e latitanze più o meno strategiche anche in Stampa Romana, la circoscrizione laziale dell’Fnsi, è saltato il tappo della consulta freelance, equivalente regionale della famigerata Commissione lavoro autonomo della Federazione.
A dar fuoco alle polveri, le dimissioni della vicepresidente della Consulta medesima, nonchè membro della Commissione, Maria Giovanna Faiella.
Motivazioni? Le solite: l’organismo “non funziona”, “nonostante la buona volontà di alcuni colleghi illuminati come Paolo Butturini (il segretario della Romana, ndr) il sindacato è ancora oggi il sindacato dei dipendenti oppure dei signorsì che occupano poltrone e dei signori delle tessere” e tratta ancora i colleghi autonomi, freelance e precari “non come dei professionisti alla pari, ma come degli sfigati che non sono riusciti ad avere un contratto”.
Tutto vero, ma non è una grande scoperta: è così da sempre.

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Wolfgang Achtner a Radio 24

Wolfgang Achtner è stato ospite di Radio 24 per parlare della sua candidatura a direttore del Tg1 Rai La registrazione dell’intervento [audio:http://www.pasteris.it/download/audio/wolf-24mattino.mp3]